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Ehe, di Francesco Maria Romano

Mostra pensata come un evento cerimoniale

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Quando
da domenica 24 marzo a martedì 26 marzo 2019
  • Titolo - Ehe di Francesco Maria Romano
  • Dove - Castello di Carini (Via Castello - Carini)
  • Quando - dal 24 al 26 Marzo 2019
  • Orari - 9.00-13.00/16.00-19.00. Ingresso gratuito
  • Opening - Domenica 24 Marzo 2019 alle ore 11.00
  • A cura di - Daniela Bigi e Giuseppe Buzzotta

La mostra pensata come un evento cerimoniale, sulla scia delle vicende con Cagliostro, ma anche riprendendo un'usanza nord europea per la quale i festeggiamenti dei matrimoni durano tre giorni, aprirà domenica mattina alle ore 11 e si concluderà tre giorni dopo allo stesso orario. L'invito è quello a partecipare e visitare durante l'inaugurazione, con lo spirito di raccogliere il buon auspicio delle sculture/agrumi che accompagnano il percorso con la loro presenza. Il progetto è stato realizzato in modo corale, con le energie in primis dell'artista che ha concepito nell'arco di venti giorni un allestimento ed alcune opere pensate ad hoc per il Castello Talamanca La Grua di Carini.

Diggià la Sicilia sorgeva come una nuvola in fondo all’orizzonte. Poi l’Etna si accese tutt’a un tratto d’oro e di rubini, e la costa bianchiccia si squarciò qua e là in seni e promontori oscuri. Con tali parole lo scrittore Giovanni Verga nel 1883 descriveva la terra siciliana, quella stessa terra in cui si colloca il lavoro di Francesco Maria Romano, artista palermitano la cui ricerca si snoda in un viaggio che, da quella che Pascoli definì “nuvola di rosa sorta dal mare”, la Sicilia, giunge fino ad Amburgo, nella Germania di Johann Wolfgang von Goethe, in un peregrinare che è metafora stessa della vita. La pittura di Romano è una narrazione misteriosa, in cui le vicende e le vicissitudini personali dell‟artista si intrecciano con viaggi reali e fittizi, immaginari ed invisibili, in un percorso che, dal mancato ritorno di Ulisse a Itaca e le nozze con Nausicaa, attraversa i secoli fino a ripercorre i passi di Goethe compiuti durante il suo Viaggio in Italia. Viaggiare significa accettare l‟incontro e l‟imprevisto, instaurare relazioni, legami ed affetti, i quali costituiscono una rete invisibile di contatti umani la cui spazialità supera il mero dato fisico e temporale.

Nel viaggio confluiscono l‟amicizia, la fratellanza, l'amore e quella che Ugo Foscolo definì come la “celeste dote” degli umani, ossia “la corrispondenza di amorosi sensi”. La dimensione interiore dell‟artista viene scandagliata attraverso un‟esplorazione che dalla pittura giunge fino alla scultura, sottolineando la capacità dell‟arte di aprire finestre su paesaggi nuovi ed inesplorati, in un‟indagine di possibilità altre e dimensioni divergenti. Sogno e realtà si fondono e si confondono, in una mescolanza di memorie e di ricordi che ci conduce ad indagare i confini fra mondo esteriore ed interiore, guidati da un singolare cane con cappello, der Kumpel, il nostro compagno di viaggio. Ci si ritrova ad essere viaggiatori, come un “peregrino del mare”. Dalla nostra imbarcazione vediamo stagliarsi all‟orizzonte, contro un cielo limpido e luminoso, la costa siciliana; approdati sulla spiaggia, ci inoltriamo verso l‟interno, attraversando terre floride e ricche di agrumi, in quella Conca d‟Oro costellata di frutti, la cui varietà di gialli e arancioni si cela tra il verde del fogliame.
 
La sfericità delle arance è un‟eco remota di forme architettoniche tipiche della Palermo arabo-normanna: cupole colorate dalla tiepida luce di un sole tramontante svettano contro il cielo, ergendosi lungo le strade della città. Questa è stretta in un abbraccio dal mare e da monte Pellegrino, presenza rassicurante. Palermo inevitabilmente si fronteggia con Catania, sorvegliata dall‟ombra di colei che non dorme mai, la rabbiosa ed imprevedibile Etna, i cui brontolii e sbuffi di fumo ci rammentano l‟imperitura e celata presenza del mostro Tifone, confinato da Zeus sotto il vulcano. L'artista palermitano si addentra a narrare una sua Sicilia, isola polimorfa, meta di viaggiatori. Fra questi ve n'è uno in particolare, e intorno alla sua storia c‟è un alone di mistero: si tratta di Goethe e della storia del suo presunto rapporto con Giuseppe Balsamo, uomo dai mille volti, meglio conosciuto come Alessandro conte di Cagliostro, i cui leggendari poteri taumaturgici ne decretarono la fama nell‟Europa settecentesca, suscitando l'interesse dello scrittore tedesco, al punto da renderlo protagonista della commedia Der GroßCophta (1792).

Goethe si mostrava preoccupato dalla dilagante moda esoterica del suo tempo, il cui rappresentante emblematico era lo stesso Cagliostro, e, nonostante fossero vicini su questo piano, lo scrittore riteneva comunque gli scandali legati all‟occultista di origini palermitane come segnali “dell‟irruzione delle forze oscure dell‟anarchia e del caos”. Goethe, insieme a Christoph Heinrich Kniep, trascorse due settimane a Palermo e, poco prima di lasciare la città per proseguire l‟esplorazione dell‟isola, ebbe modo di incontrare i familiari del conte. L‟ipotesi di un incontro realmente avvenuto fra Cagliostro e Goethe resta tutt‟oggi un enigma e Francesco Romano si è divertito a restituircelo con una pittura densa ma leggera. Quest'ultima, secondo l'artista, si configura come luogo in cui riconfigurare il corso degli eventi di storie apparentemente già scritte e definite.

Francesco Maria Romano - (Palermo, 1983) vive e lavora tra Palermo e Amburgo. Si è diplomato in Pittura presso l‟Accademia di Belle Arti di Palermo. Nel 2014 è vincitore di una residenza artistica a Düsseldorf in accordo tra l´Archivio SACS-Museo per l´Arte Contemporanea Palazzo Belmonte Riso e la Kunstverein zur Kunstausstellungen e V. Entra a far parte dell‟Archivio SACS e della collezione del Museo Riso nel 2014 e della collezione permanente dei libri d‟artista dell‟ Accademia di Belle Arti di Palermo nel 2016.

 

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