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"Non vogliamo lasciarlo solo"

Due anni senza Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano rapito in Pakistan

18 gennaio 2014

Si chiama Giovanni Lo Porto. Ma a Palermo la madre, o gli amici sparsi nel mondo, lo chiamano tutti Giancarlo.
Dal 19 gennaio del 2012 nessuno ha più sentito la sua voce. Era a Multan, nell’area tribale più calda della regione a cavallo tra Pakistan e Afghanistan. Lavorava per una ong, la tedesca Welt Hunger Hilfe. Quattro uomini armati hanno fatto irruzione nella sede dell’associazione e lo hanno portato via assieme a un collega tedesco, Bernd Muehlenbeck, 59 anni.
Tutti conoscono Lo Porto come un giovane competente, coraggioso. Ha 38 anni, ed è sempre stato impegnato su scenari di grande instabilità politica, in Repubblica Centro Africana, ad Haiti, in Pakistan. Secondo il racconto fatto da altri cooperanti, persino mentre lo legavano e lo imbavagliavano per trasportarlo chissà dove, Giovanni, anzi Giancarlo, ha mantenuto la calma ed ha cercato di tranquillizzare il collega e compagno di sventura.

Dal giorno del rapimento poche, sporadiche notizie. Nel dicembre del 2012, in prossimità del Natale, apparve un video di Muehlenbeck di circa un minuto. «Ora siamo in difficoltà. Per favore accogliete le richieste dei mujahidin. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o tra tre giorni», diceva il cooperante tedesco, e il verbo coniugato al plurale viene considerata una prova del fatto che Giovanni sia ancora vivo.
L’Unità di crisi della Farnesina continua a lavorare per la liberazione del nostro connazionale. E come sempre in questi casi, opera con grande discrezione. «Ma il silenzio non deve essere confuso con immobilismo», fanno sapere. Anzi: «Noi non molliamo».

Giuseppa, la madre di Giovanni, posta ogni giorno una foto diversa del figlio. E ogni giorno ha un messaggio di speranza da postare sui social network. Anche per lei, oltre che per riaccendere l’attenzione dell’opinione pubblica su un rapimento di cui non si parla, gli amici e i colleghi del cooperante palermitano hanno invitato tutti a inviare una testimonianza, una foto con un cartello. Ne è nato un piccolo video, che ora sta facendo il giro dei social network. In cui si dice, semplicemente: «Noi non vogliamo lasciarlo solo». [Articolo di Antonio Castaldo, Corriere.it]

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18 gennaio 2014
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