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"Quelli che furono i matti di Salemi". In mostra i ritratti dei personaggi dell'"era Sgarbi", di Fiammetta Maniscalco e Dànila Leotta

16 marzo 2012

«Quelli che furono i matti di Salemi» è il titolo della mostra, promossa dal Comune, che s'inaugura sabato 17 marzo alle 17,00 al Polo Museale in via D'Aguirre. Racconta, attraverso i ritratti - e le loro «manipolazioni» artistiche e digitali - i protagonisti della vita politica, culturale e amministrativa degli ultimi 3 anni e mezzo, ovvero gli anni di quella che viene indicata come «l'era Sgarbi».
Ci sono i ritratti di assessori e dipendenti comunali, collaboratori del critico d'arte, uomini del mondo dell'arte e della politica, e altri personaggi che sono stati, a loro modo, protagonisti della vita cittadina. Tutti rielaborati nei loro tratti somatici, comunque in chiave ironica e riconoscibili.

La follia, intesa come capacità di «osare», è il tratto distintivo del lavoro delle due artiste, Fiammetta Maniscalco e Dànila Leotta, che per mesi anno lavorato su foto ma anche sull'osservazione diretta dei personaggi da loro ritratti.
Un'idea di follia sintetizzata in una frase di Erasmo da Rotterdam che diventa l'introduzione alla mostra: «Osservate con quanta previdenza la natura madre del genere umano ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell'uomo più passione che ragione perché fosse tutto meno triste. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri, dissennati, godrebbero felici di un'eterna giovinezza. La vita umana non è altro che un gioco della follia».
La mostra resterà aperta fino a domenica 25 marzo. Il biglietto d'ingresso di 5 euro consentirà di visitare anche il Museo della Mafia, del Paesaggio e del Risorgimento.

Note autobiografiche, tra il serio e il faceto, di Fiammetta Maniscalco e Danila Leotta
Fiammetta Maniscalco nasce a Rotterdam, ma quando ancora è in fasce la famiglia decide di trasferirsi (portandosela dietro) a Manchester, dove il padre credeva di poter arrotondare lo stipendio. Di famiglia medio-borghese, Fiammetta cresce in un clima poco creativo, in cui la sua fervida immaginazione cozzava con gli insegnamenti dei genitori che l'avrebbero voluta medico della mutua. La sua passione per l'arte esplode, di fatti, fin da bambina; alla tenera età di 4 anni la piccola Fiammi affrescherà il corridoio di casa con dei graffiti "iper moderni", facendo i primi passi nell'arte digitale, le impronte delle sue piccole manine sono ancora visibili in qualche anfratto della casa natìa. All'età di 7 anni scopre la passione per la pittura a olio di frittura, tecnica pericolosa che le costerà l'ustione della mano destra. A 10 anni si trasferisce a Parigi dove, grazie all'ambiente stimolante di Montmartre, riuscirà a concentrarsi sulla tecnica del colore e metterà in pratica teorie difficili anche da teorizzare.
La svolta creativa avverrà dopo l'incontro con
Dànila Leotta. Giovane astro nascente della pittura parigina, la Leotta aveva infatti appena finito degli importanti studi sulla scienza delle arti visive applicate alla psicologia della psicosomatica artistica, partendo da Van Gogh e dal fatto che dopo l'orecchio mozzato "non si sentisse molto bene". Dànila di formazione tedesca, si muove seguendo i rigidi schemi della Drank Haus e del positivismo Boliviano. Anche lei genio precoce in fatto d'arte, elabora la difficile tecnica dello spruzzo pennellato a guazzo, a cui poi preferirà tecniche più morbide e dai toni più pacati come l'acquerello effervescente naturale.
Lo sposalizio artistico tra la Leotta e la Maniscalco porterà alla creazione di una scuola d'arte sperimentale la «Craste», «Centro Ricerche Artistiche Sperimentali Totalmente Europee», che diventerà il punto d'incontro di molti giovani artisti ed intellettuali del momento. La «Craste» sarà la culla del nuovo e rivoluzionario movimento artistico creato dalle due giovani promesse dell'arte mondiale, il «Distrartismo policromo». Alla base di tale movimento è il concetto dell'Arte come distrazione. L'Arte come azione di distrazione. Per cui la distrazione non è ostruzione alla creazione, per cui il distrartismo non è ostruzione alla costruzione.
Tutto parte da un'idea, che non necessariamente deve essere brillante, ma deve essere stimolo creativo e provocatorio, necessario a distrarre lo spettatore. L'intenzione è suscitare in chi osserva la sensazione di straneamento dalla realtà. L'intenzione è centrifugare chi osserva, fornirgli il punto di vista dell'ironia, distrarlo dai soliti schemi precostituiti, comunicare che l'arte può anche essere divertente, dissacrante, ironica e, perché no, auto ironica.

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16 marzo 2012
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