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Come abbandonare un Patrimonio dell'Umanità

Ancora incuria e disinteresse per le bellezze artistiche e culturali della Sicilia

26 aprile 2016

In teoria, l’intera Sicilia avrebbe diritto di entrare a far parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità. L’indiscutibile importanza storico-artistica pone la nostra Isola al centro della Cultura mondiale, essendo da sempre centro geografico del Mediterraneo.
Ragionamenti semplici da fare questi, perché, appunto, indiscutibili. Ma tra la teoria e la pragmatica, in Sicilia, il discorso si fa mostruosamente complicato e purtroppo vano. Infatti, ha poca importanza se annualmente partono dai territori della Regione sempre nuove richieste all’Unesco, così come risulta addirittura sciocco vantarsi del numero considerevole di siti inseriti nella World Heritage list se poi di questi si ha poca o addirittura alcuna attenzione.
Continuiamo a dirci che in Sicilia potremmo vivere solo di Cultura e Turismo, ma quotidianamente le cronache ci parlano di incurie, offese, disinteresse e indifferenza proprio nei confronti di tutte quelle bellezze di cui, oramai è ovvio, non ci rendiamo ancora conto dell’enorme importanza che esse ricoprono.
Di seguito i casi della casa-museo di Luigi Pirandello e dell’anfiteatro romano di Catania.

Centomila, uno nessuno - Persiane con il legno marcio, supporti in ferro dei balconi completamente arrugginiti, crepe sparse per quasi l'intera struttura, sterpaglie nel cortile. Dal soffitto filtra acqua nelle giornate di pioggia, col rischio evidente di crolli nelle stanze dove sono custoditi oggetti personali, fotografie, onoreficenze, recensioni e lettere. E ancora: manca la segnaletica per guidare turisti e visitatori, non ci sono distributori d'acqua né altri servizi aggiuntivi e spesso non c'è la carta igienica nel bagno, realizzato in una struttura in muratura all'esterno.
Ecco come si presenta la casa-museo di Luigi Pirandello in contrada 'Kaos', a strapiombo sul mare, al confine tra Agrigento e Porto Empedocle. Collegata alla Biblioteca pirandelliana gestita dalla Regione siciliana, la casa-museo dello scrittore, un edificio del Settecento danneggiato da un esplosione e restaurato nel 1952, sembra abbandonata al suo destino. L'ultima manutenzione è stata fatta ben 15 anni fa.

"Non è possibile assistere passivamente a quanto sta avvenendo alla casa museo di Luigi Pirandello. Bisogna subito intervenire, si investano immediatamente le risorse per risolvere i problemi. Si può fare leva sui fondi comunitari che ci sono, serve volontà", dice Michele D'Amico del sindacato Cobas/Codir. "Si vuole far chiudere la casa? Non credo sia questa la soluzione, anzi. Sapendo quali sono i problemi, è necessario agire in modo tempestivo per potenziare un bene siciliano dal valore culturale unico".

La Regione siciliana sa da tempo quali sono le condizioni della casa, ma nessuno è mai intervenuto. Gabriella Costantino, storico dell'arte e dirigente della casa museo, dove vengono custoditi oggetti personali e documenti del premio Nobel per la letteratura, non ci sta. "Ho inviato al dipartimento Beni culturali della Regione tre programmi di manutenzione ordinaria, più un piano per il restauro del fondo antico - chiarisce Costantino, che guida la casa museo da un paio di mesi - Ma nessuna risposta è mai arrivata".
La situazione peggiora di giorno in giorno tanto che la dirigente ha trasmesso al dipartimento anche una richiesta di interventi di somma urgenza perché dal soffitto ci sono infiltrazione d'acqua, una minaccia per le stanze dove viene custodito il patrimonio culturale lasciato dal grande scrittore siciliano.

L’anfiteatro romano nel completo degrado - Il direttore dell'Ibam Cnr Daniele Malfitana lancia una provocazione attraverso le pagine del quotidiano La Sicilia. Una proposta "indecente" che riguarda la gestione dei beni culturali siciliani, sempre più spesso lasciati all'incuria e al degrado, e che al contrario potrebbero rappresentare un volano e una spinta per il rilancio del turismo e della cultura su tutto o il territorio nazionale.

"Quando capiremo tutti noi, quando capirà chi gestisce la tutela, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale siciliano che "il disastro della cultura in Sicilia" non è da legare alla mancanza di risorse? quando capiremo tutti che la capacità e la perfomance di chi ha il compito di far funzionare la macchina dei beni culturali in Sicilia si misurano non sui lamenti e sulla rassegnazione ("non ho le risorse, non posso far nulla") bensì sulla soluzione che in tempi rapidi si riesce a dare ai problemi che affliggono il nostro straordinario patrimonio culturale?

E la politica? Ha certamente le sue colpe, tutte ovviamente, perché non è possibile più andare avanti senza una strategia chiara e ben definita e senza una visione organica di quello che si vuol fare per la cultura dell’Isola. Ma, in assenza della politica e in assenza delle risorse una soluzione va necessariamente trovata. I casi eclatanti dell’Anfiteatro di Siracusa e del Parco Archeologico di Siracusa, entrambi sopraffatti dalle erbacce (il primo chiuso fino a metà maggio, ma visibile nel suo stato pietoso alle centinaia di turisti che quotidianamente passano lì davanti), impongono scelte e decisioni tempestive che solo chi sta sul campo e gestisce la macchina deve saper prendere assumendosene le responsabilità e provando, in qualche maniera, ad innovare sul sistema di gestione sia pur al di là della rigida normativa siciliana che non permette variazioni sul tema. O forse dobbiamo rassegnarci ad andare avanti a fruire sempre più virtualmente dei nostri beni archeologici rassegnandoci ad abbinare alla preponderante fruizione virtuale quella saltuaria in loco ? se si arrivasse a questo, forse, allora potremo dire di aver toccato il fondo.

E allora, siccome la capacità e la perfomance di chi scrive sono normalmente valutati sulle soluzioni che ai temi della gestione complessa della ricerca, della pianificazione delle attività e dell’investimento sul capitale umano si è capaci di fare, propongo, sulle pagine di questo quotidiano, una soluzione alla quale vorrei seguisse una serena risposta che portasse però, nel rapido giro di una settimana al massimo, a una soluzione al problema. Se non può esser accettata, ci venga detto chiaramente.  Ma senza aggrapparsi, per favore, a articoli di legge, circolari, etc. che vietano ciò. Dobbiamo solo provare a sperimentare, nulla più.

Il tema è quello dell’Anfiteatro romano di Catania: l’Istituto che dirigo grazie ai suoi ricercatori e ai suoi laboratori tecnologici altamente specializzati ha avviato da tempo una straordinaria operazione di ricostruzione virtuale dei principali monumenti della città di Catania, abbinando rigido rigore scientifico a modelli comunicativi al passo con i tempi.
Abbiamo messo su, d’intesa con il Comune di Catania, un Living Lab dove la città, lo specialista, il turista, può liberamente andare e fruire di quei contenuti. Abbiamo formato e specializzato dei giovani ricercatori ed esperti comunicatori che gestiscono la struttura e comunicano il patrimonio culturale della città. Sia chiaro, giovani che non gravano sulle casse di alcuno, bensì sulle risorse del mio Istituto, e che fanno ciò perché vogliono rendere un servizio alla cultura della nostra città. Per via delle continue chiusure e ora delle erbacce, tutto si blocca nel chiuso di un laboratorio tecnologico. In altre parole, non è quasi mai possibile abbinare alla visita virtuale quella reale sul luogo. Il che è davvero assurdo. Da qui la mia proposta, rapida e fulminea.

Chiedo al Parco archeologico di Catania e all’Assessore Vermiglio di affidare ai giovani specialisti del mio Istituto, dunque al mio Istituto del Cnr, sulla base di un accordo che potremo siglare in tempi rapidissimi, in via temporanea e assolutamente sperimentale, la gestione, l’organizzazione e la programmazione delle visite al monumento.
Chiedo solo la concessione dei custodi che aprano e chiudano; non chiedo alcuna risorsa economica. Chiedo solo di poter sperimentare un modello operativo e gestionale che venga visto come strumento di "archeologia pubblica", dove il pubblico è costituito da tutti noi, da me per primo e poi dai miei giovani. Gestiremo il tutto per soli tre mesi. Se la risposta sarà positiva, la Regione potrà decidere se il modello può funzionare, può essere adottato e magari testato altrove e, dunque, studiare un processo normativo che possa diventare sistema. Proviamo per un attimo, a immaginare che il sistema funzioni.
Non avremo forse così realizzato un’innovazione procedurale che finalmente mette insieme tutti coloro che hanno interesse a che la macchina funzioni? Aspetto fiducioso una risposta. Sono sicuro che l’assessore Vermiglio, assai sensibile a questi temi e che crede molto al rapporto tra le Istituzioni, accetterà questa nostra proposta. Io ci credo. Non si tratta ora di prendere o lasciare, ma io al posto dell’Assessore questa proposta "pubblica" (non privata, eh!) la prenderei al volo e, in meno di un mese, l’Anfiteatro romano tornerà a splendere.

Daniele Malfitana
Direttore Ibam Cnr Catania

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26 aprile 2016
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