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I gamberi, la Libia e l'Isis

È iniziata l'ambita pesca al gambero rosso e i pescherecci siciliani sono in pericolo

28 aprile 2016

Le navi della Marina militare svolgono ormai esclusivamente operazioni di salvataggio dei migranti e non pattugliano le aree di pesca battute dalla marineria siciliana a causa della chiusura della rotta balcanica. C’è perciò grande preoccupazione per le sorti dei battelli siciliani che si avventurano al largo della costa libica.
E’ iniziata la stagione del gambero rosso, la pesca più "ambita", che si svolge dal mese di marzo a ottobre. E’ una pesca che i battelli devono effettuare nelle zone di mare con una barimetrica che va dai 300 a mille metri, una condizione che spinge i pescherecci ad operare in un tratto di mare che va dalle 25 miglia alle 74 dalla costa libica.

Il tratto di mare da raggiungere avvicina i battelli alle zone occupate dal Califfato dell’Isis, che ha radicato le sue enclave sulla Sirte, nei pressi di Bengasi e Misurata. I terroristi possiedono natanti veloci, in grado di effettuare sortite al largo con grande facilità. In più la Libia, tradizionalmente, ha ritagliato una vasta area, definendola come acque territoriale. Questa area di pertinenza, estranea alle leggi internazionali, rende inaccessibile il golfo della Sirte e allunga dalle dodici miglia marina a ben 74 miglia in alcuni tratti, le acque territoriali. E’ una vecchia questione che né l’Italia, né l’Europa è riuscita ad affrontare e risolvere con conseguenze talvolta drammatiche per la marineria siciliana che in mezzo secolo ha subito 150 sequestri, centinaia di prigionieri, molti feriti a causa di scontri con le motovedette libiche, e non solo.

La chiusura del corridoio balcanico, che allontana le navi della Marina militare italiana dall’area in cui operano i pescherecci d’altura siciliani, e l’arrivo della stagione del gambero rosso, che costringe i battelli a raggiungere trati di mare assai vicini al Califfato, creano una situazione di rischio senza precedenti.
"Da ieri le motovedette della nostra Marina militare non pattugliano più la zona in acque internazionali antistanti la Libia e questo ci preoccupa non poco per la sorte di diversi marittimi imbarcati su pescherecci siciliani e in particolare della flotta mazarese che attualmente è impegnata nella pesca del gambero rosso effettuata a circa quaranta miglia dalle coste di Misurata e Bengasi". A lanciare l'allarme è Giovanni Tumbiolo, del Coordinamento filiera ittica Mazara del Vallo, della quale fanno parte Federpesca, Coldiretti, le centrali cooperative della pesca, il Distretto produttivo della pesca e i sindacati di categoria.

Tumbiolo e tutto il Coordinamento della filiera ittica si associa all'appello che l'assessore all'Agricoltura e alla Pesca della regione Siciliana, Antonello Cracolici, ha lanciato ai ministri Gentiloni, Martina e Pinotti per chiedere un pattugliamento degli areali di fronte la costa della Libia a protezione dei pescatori. "La fase di transizione che è in corso in Libia necessita una particolare vigilanza, a garanzia del diritto internazionale e della possibilità di esercitare il diritto di pesca oltre 25 miglia della costa libica - ha detto Cracolici - La tutela dell'incolumità dei lavoratori del mare è condizione imprescindibile del nostro Paese e delle sue istituzioni".
"Non possiamo rischiare eventuali azioni contro i pescherecci siciliani - aggiunge Giovanni Tumbiolo - Questa è la stagione della pesca del gambero rosso, fonte economica di importanza primaria per la nostra flotta peschereccia e se essa dovesse venire meno la situazione, già fortemente difficile, diverrebbe estremamente drammatica".

[Informazioni tratte da SiciliaInformazioni.com e GdS.it]

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28 aprile 2016
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