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I vincitori del XLII Premio Mondello e le motivazione del Comitato di Selezione

26 aprile 2016

Premio Mondello Critica - SERENA VITALE, Il defunto odiava i pettegolezzi, Adelphi, 2015
Allieva di Angelo Maria Ripellino, diventa una grande conoscitrice della lingua e della letteratura russa e una delle personalità più competenti nel campo. Ha vissuto a Mosca e a Praga e dal 1972 insegna Lingua e Letteratura russa. Consulente editoriale, critica letteraria, ha tradotto migliaia di pagine dal ceco e dal russo.  Tra i suoi libri: Il bottone di Puskin, Adelphi (premio Viareggio per la saggistica, Comisso per la biografia e Basilicata per la narrativa), La casa di ghiaccio, Mondadori (Premio Bagutta, Premio Piero Chiara), L’imbroglio del turbante,  Mondadori (premio Pen Club, Premio Grinzane Cavour). Vinse nel 1985 il Mondello per la traduzione di II poeta e il tempo di M. Cvetaeva (Adelphi). Nel 2015 esce per Adelphi Il defunto odiava i pettegolezzi.

Il defunto odiava i pettegolezzi, Adelphi, 2015 - Mosca, 14 aprile 1930. Intorno alle undici del mattino i telefoni si mettono a suonare tutti insieme, come indemoniati, diffondendo «l'oceanica notizia» del suicidio di Vladimir Majakovskij: uno sparo al cuore, che immediatamente trasporta il poeta nella costellazione delle giovani leggende. Per alcuni quella fine appare come un segno: è morta l'utopia rivoluzionaria. Ma c'è anche il coro dei filistei: si è ucciso perché aveva la sifilide; perché era oppresso dalle tasse; perché in questo modo i suoi libri andranno a ruba. E ci sono l'imbarazzo e l'irritazione della nomenklaturadi fronte a quella «stupida, pusillanime morte», inconciliabile con la gioia di Stato. Ma che cosa succede davvero quella mattina nella minuscola stanza di una kommunalka dove Majakovskij è da poco arrivato in compagnia di una giovane e bellissima attrice, sua amante?

La motivazione espressa dal Comitato di Selezione - Intorno al suicidio di Majakovskij si è stratificata nel tempo una vera e propria leggenda, la cui risonanza ha spesso oscurato le ragioni di un gesto eclatante e assoluto, come le poetiche a cui si ispirava. Con il defunto odiava i pettegolezzi, Serena Vitale vuole porci di fronte a un interrogativo e a una risposta: è ancora possibile "raccontare" la letteratura, senza deviarne le intenzioni, senza corromperne la sostanza? Nella forma del saggio che indulge al romanzo, o del romanzo che fa proprio il rigore del saggio, questo libro ci offre una soluzione possibile, accostandosi alla grande tradizione saggistica e biografica della tradizione inglese e americana. Lontana dai tecnicismi dell'accademia, ma forte di una ricca ricerca documentaria, l'autrice ci guida in uno dei più grandi misteri letterari del Novecento, con la perizia di un maestro che ama condividere le proprie scoperte.

Premio Opera Italiana - EMANUELE TONON, Fervore (Mondadori)
Emanuele Tonon è nato a Napoli nel 1970 ed è cresciuto a Cormòns, Gorizia. Fin da ragazzo ha lavorato come operaio nell'industria del legno finché, a diciannove anni, è entrato nel convento francescano di Spello. Nel 1996, durante il triennio teologico ad Assisi, in seguito a una crisi vocazionale, ha smesso l'abito religioso. Attualmente vive a Bitetto, in provincia di Bari. Nel 2009 ha pubblicato Il nemico (Isbn edizioni), accolto con grande calore da critici e lettori, e ha vinto il premio letterario Esor-dire. Nel 2011 è apparso, sempre per Isbn, La luce prima, di prossima pubblicazione per l'editore francese Verdier con il titolo La prime lumière. Nel 2013, incluso nell'edizione tascabile del Nemico, è uscito il poemetto La mela nella schiena. Sempre nel 2013 66thand2nd ha pubblicato I circuiti celesti, un memoir dedicato a Marco Simoncelli. Di lui Antonio Moresco ha scritto: "Sono poche le persone che si accostano alle cose con tale intensità e che hanno un simile sentimento del mondo, e queste persone sono il sale della terra e sono vicine al mio cuore".

Fervore, Mondadori, 2016 - Ogni risveglio è un venire al mondo: violenza dello strappo, stordimento, gloria di incontrare ciò che è vivo. Di albe così il protagonista e narratore di questa storia ne ha davanti tante, tutte quelle che compongono l'anno del suo noviziato nel convento francescano di Renacavata, in Centro Italia. Sono i dodici mesi della "prova", in cui si veste il saio e ci si prepara a emettere i voti: un tempo assorto, di isolamento, lavoro manuale, preghiera. Giornate in cui l'esperienza interiore – estatica, a volte, a volte annichilente – si amplifica fino a invadere lo spazio della realtà concreta, sottoponendola a una reinterpretazione radicale. Il protagonista senza nome approda qui appena ventenne, infiammato da un bisogno di senso e appartenenza, deciso a rifiutare un destino omologato, disgustato dalla sensazione di essere una tra milioni di "vacche che sconoscevano la morte, che non conoscevano i ganci cui sarebbero finite appese". Le ore trascorrono nella solitudine della cella, l'alambicco in cui leggere, scrivere, sognare unioni mistiche e carnali; in comunione coi compagni, nel canto, durante i pasti, nelle riunioni intorno al fuoco; e nel lavoro: zappare la terra, raccoglierne i frutti, alternarsi nella pulizia degli spazi comuni. In una "riproposizione della giullaresca vita del santo di cui avevamo preso a seguire le orme: non l'agonizzante stratega stimmatizzato, funzionale alla Chiesa e al potere, ma il Giullare pazzo che per poco tempo aveva potuto essere Francesco".

La motivazione espressa dal Comitato di Selezione - Con Fervore, Emanuele Tonon prosegue coerentemente il suo percorso di narratore del rifiuto. I temi dell'omologazione sociale sono qui declinati in modo originale, nel dissidio tra un bisogno di appartenenza, avvertito come esigenza assoluta, e la solitudine dell'esperienza monastica, che appare agli occhi del novizio come la sovversione dell'ordine esterno. Con questo romanzo la scrittura di Tonon si fa ancora più tesa rispetto alle prove precedenti, raggiungendo punte espressionistiche e provocando accensioni liriche. Il lettore è coinvolto all'interno di uno spazio sacro, una terra di nessuno dove le regole del mondo si scontrano con una tensione verso la verità, necessaria e inattuale, di cui l'autore si fa ultimo portavoce.

Premio Opera Italiana - ROMANA PETRI, Le serenate del Ciclone (Neri Pozza)
Romana Petri è nata a Roma e vive attualmente tra questa città e Lisbona. Ha ottenuto numerosi premi come il Premio Mondello nel 1990 con l’opera prima "Il gambero blu" (Rizzoli), il Rapallo Carige, il Grinzane Cavour e il Bottari Lattes. È stata due volte finalista al Premio Strega. Traduttrice, editrice e critico letterario collabora con ttl La Stampa, il Venerdì di Repubblica, Corriere della Sera e Il Messaggero. È tradotta in Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Spagna, Serbia, Olanda, Germania e Portogallo. Tra le sue opere: Ovunque io sia (BEAT 2012), Alle Case venie, I padri degli altri, La donna delle Azzorre, Dagoberto Babilonio, un destino, Esecuzioni, Tutta la vita, Figli dello stesso padre e Giorni di Spasimato amore.

Le serenate del Ciclone, Neri Pozza, 2015 - I libri sui padri sono sempre una resa dei conti col morto che, in quanto tale, non parla. Non così questo libro insolito e straordinario, per metà puro romanzo e per l’altra metà memoir familiare, che parte invece dal giorno in cui il futuro padre nasce e ne reinventa la storia. Romana Petri racconta così i sessantatré anni di vita di un uomo, dal 1922 al 1985, ma anche quelli italiani, dal fascismo alla guerra alla ricostruzione al boom economico e oltre. C’è l’infanzia nell’Italia rurale nella campagna vicino a Perugia, e poi l’adolescenza condivisa con una banda di scavezzacollo in quella città allora poco più grande di un paese, tra serenate notturne al balcone della bella di turno ed esuberanti scazzottate coi soldati alleati giunti dopo la liberazione. E poi c’è una Roma carica di promesse, in anni in cui nessuna meta è preclusa: il benessere, le auto sportive, le villeggiature, le conquiste amorose, un successo che pare senza limiti. Infine, la realtà che cancella l’illusione di non poter mai più tornare indietro: la caduta, le crisi, le difficoltà da cui riemergere con la tenacia degli anni formativi. Mario Petri detto "Ciclone" è un padre ingombrante. È grande e grosso ma capace di coltivare una sua fine sensibilità. Ha l’animo di un cavaliere antico, e il suo futuro sarà quello di un uomo di spettacolo nato per vestire i panni di personaggi eroici tanto nell’opera lirica quanto nel cinema. Intorno a Mario e Lena e ai figli nati dal loro grande amore s’incontrano tanti personaggi famosi, da Maria Callas a Herbert von Karajan, da Sergio Leone a Jack Palance e Tatiana Tolstoj. È un mondo fatto apposta per incantare una figlia che del padre, però, intuisce un lato segreto: l’animo fragile e indifeso in un corpo da gigante. Un padre che sa proteggerla fisicamente ma al quale fare anche un po’ da madre.

La motivazione espressa dal Comitato di Selezione - Nella frequenza con cui, negli ultimi anni, una generazione di autori racconta il proprio passato concentrandosi soprattutto sulla figura paterna, Romana Petri riesce non soltanto a celebrare letterariamente il mito del padre, grande cantante lirico e attore, ma a ricostruire l’Italia piccola, quella che assisteva ai grandi cambiamenti storici restandone ai margini o soffrendone solo le conseguenze. Il linguaggio ibridato con cui, nella prima parte, narra le campagne dell’Umbria, muta nella seconda, quella che assume i toni dell’autofiction, nella partecipe rievocazione del rapporto padre-figlia, raggiungendo un equilibrio stilistico di rara armonia.

Premio Opera Italiana - MARCELLO FOIS, Luce perfetta (Einaudi)
Marcello Fois, nato a Nuoro nel 1960, vincitore del Premio Italo Calvino 1992, vive e lavoro a Bologna. Ha pubblicato molti libri, tra cui: Falso gotico nuorese (Condaghes, 1993), Picta (Premio Calvino, 1992), Gente del libro (Marcos y Marcos, 1995-96), Il silenzio abitato delle case (Mobydick, 1996), Nulla (Il Maestrale, 1997), Sheol (Hobby&Work, 1997 e Einaudi, 2004 ), Sempre caro (Frassinelli e Il Maestrale, 1998 e Einaudi, 2009), Gap e Sangue dal cielo (Frassinelli, 1999 e Einaudi, 2010), Ferro Recente e Meglio morti (usciti negli Einaudi Tascabili nel 1999 e nel 2000, già precedentemente pubblicati da Granata Press), Dura madre (Einaudi, 2001), Piccole storie nere (Einaudi, 2002), Memoria del vuoto (premio Super Grinzane Cavour 2007, premio Volponi 2007 e premio Alassio 2007), Stirpe (Einaudi, 2009), Nel tempo di mezzo (Supercoralli, 2012), L'importanza dei luoghi comuni (Einaudi, 2013) e Luce perfetta (Einaudi, 2015). Ha scritto due racconti per le antologie Crimini (Einaudi Stile libero, 2005), Crimini italiani (Einaudi Stile libero, 2008) e L'altro mondo (Einaudi, 2011). Nel 2006 ha pubblicato la raccolta di poesie L'ultima volta che sono rinato. È fra gli autori di Scena padre (Einaudi 2013) e dell'antologia benefica Sei per la Sardegna (Einaudi 2014, con Francesco Abate, Alessandro De Roma, Salvatore Mannuzzu, Michela Murgia e Paola Soriga). Ha inoltre curato l'antologia Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).

Luce perfetta, Einaudi, 2015 - Cristian e Maddalena si conoscono da sempre, e se il destino non si fosse messo di traverso sarebbero già l'uno dell'altra. Tra loro due, esattamente al centro, c'è Domenico: amico fraterno di Cristian, promesso sposo di Maddalena. Seguendo fino ai nostri giorni la stirpe dei Chironi, Marcello Fois racconta la contemporaneità come un tempo eterno. Il respiro epico e la tensione drammatica della sua scrittura danno vita a una storia dove il desiderio e la vendetta, la colpa e il perdono, si fondono inestricabilmente. Mostrandoci come la letteratura, da sempre, parli di una cosa sola: di noi.

La motivazione espressa dal Comitato di Selezione - Benché perfettamente leggibile come romanzo autonomo, Luce perfetta di Marcello Fois (Einaudi, 2015) conclude e corona la trilogia avviata con Stirpe (2009) e proseguita con Nel tempo di mezzo (2012). La storia delle due famiglie Chironi e Guiso ha il sapore epico di una saga, percorsa con grande intensità drammatica e impeccabile controllo del ritmo narrativo. I rapporti fra i personaggi sono improntati a sentimenti potenti ed elementari, abbastanza tenaci da perpetuarsi lungo anni e anni di latente segreta attesa, e tanto rapinosi da esplodere ribaltandosi d’improvviso nei loro opposti. La vicenda si svolge sullo sfondo della Sardegna degli ultimi decenni – Nuoro in primo luogo – con riferimenti non accessori a vicende della società contemporanea; eppure il senso degli avvenimenti appare dominato da una fatalità arcaica, dal destino antico della stirpe, anticipato in sogni e presagi, ribadito in ossessioni e apparizioni. Fois si conferma con questo libro narratore di vaglia, profondamente radicato nella cultura e nel paesaggio (urbano, oltre che naturale) della regione nativa, capace di costruire un intreccio ricco di colpi di scena e popolato da figure ritratte (ma forse bisognerebbe dire: incise) con vigorosa economia di mezzi, come sculture di legno. Chi conosce i precedenti libri apprezzerà la coerenza del disegno d’insieme; chi comincerà da questopotrà scoprirla a ritroso, in un percorso circolare del tutto consono allo spirito dell’opera.

Premio Autore Straniero - MARILYNNE ROBINSON
Marilynne Robinson è docente all'Iowa Writers' Workshop e scrive sulle più importanti riviste letterarie. Il suo primo romanzo, Housekeeping (1980) ha vinto il PEN/Hemingway Award per la miglior opera prima e ha creato un enorme seguito di critica e pubblico. Successivamente la Robinson ha pubblicato due raccolte di saggi: Mother Country (1989) e The Death of Adam (1998). L'acclamatissimo Gilead (Einaudi, 2008) ha vinto il National Book Critics Circle Award for Fiction 2004 e il Pulitzer Prize for Fiction 2005.
Einaudi ha pubblicato nel 2011 Casa e nel 2015 Lila. Nel 2012 ha ricevuto la "National Humanities Medal" attribuita direttamente dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, per la grazia e intelligenza della sua scrittura.

La motivazione di Michela Murgia: Ho scelto Marylinn Robinson perché con i suoi libri - in particolare la trilogia composta da Gilead (con il quale ha vinto il Pulitzer), Casa e Lila - in questi anni si è mostrata capace più di altri di rendere narrativamente il dono perduto dell'epica contemporanea. La parola contemporaneità per anni ha indicato la condizione di persone, cose e azioni che avevano luogo nello stesso tempo; bastava questa coincidenza temporale a permetterci di considerarle in un rapporto di reciproca influenza. La nostra vita attuale si esprime in condizioni opposte: la dimensione iper-connessa della rete e le sue protesi tecnologiche ci consentono di essere presenti nello stesso tempo in molti luoghi, ma deformano il concetto di contemporaneità fino a renderci assenti nell'unico istante storico di cui siamo davvero custodi. La percezione del passato, del presente e del futuro è cambiata profondamente, e con essa anche i concetti di memoria, di responsabilità e di speranza che vi erano intrecciati. Sembra non esserci epica letteraria possibile in un tempo pensato come una sequenza di istanti contemporanei intercambiabili, eppure Robinson ne ha scritta una. Lo ha fatto attraverso la voce di John Ames, il reverendo ottantenne che custodisce la memoria di tre generazioni e riesce a passarla al figlio di sette anni con una consapevolezza che illumina il presente di una luce tridimensionale che nessuno schermo retroilluminato potrà mai accendergli addosso. Di quel filo non spezzato abbiamo un disperato bisogno.

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26 aprile 2016
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