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L'espulsione del boss Gambino si tinge di giallo

L'avvocato americano del referente di Cosa nostra negli States è riuscito a bloccarne la partenza

04 aprile 2008

L'attesa dei fotografi, degli operatori e dei giornalisti all'aeroporto di Fiumicino, tutti in ad attendere l'arrivo del boss Rosario Gambino, referente di Cosa nostra negli Stati Uniti, è andata a vuoto.
L'espulsione del boss, di cui si è avuto notizia l'altro ieri, e il conseguente rimpatrio in Italia, dove è ancora vigente il mandato di cattura emesso nel 1980 dal giudice Giovanni Falcone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di indole mafiosa (all'epoca non esisteva ancora il 416 bis), sarebbe stata congelata dalle autorità americane per motivi procedurali. Già ieri si era parlato di possibili rinvii dell'arrivo di Gambino, mentre l'avvocato italiano del boss, Daniele Francesco Lelli, che ha definito un "rapimento" la sua consegna all'Italia ("A mio giudizio la procedura viola i diritti della difesa perché contro la decisione dell'espulsione si poteva fare ricorso. Insomma a mio giudizio si tratta di una sorta di rapimento"), aveva così riferito: "Ho notizia di un'ordinanza che blocca l'espulsione di Gambino affinché sia concesso al mio assistito di ricorrere in ogni grado di giudizio contro la decisione, fino alla Corte suprema, come previsto dalla giurisdizione americana" (leggi).

Nella tarda serata di ieri dall'America si è venuti a sapere qual'è stata la natura dell'intoppo che ha rimandato a data da destinare l'espulsione di Rosario Gambino dagli Usa verso l'Italia, che a quanto pare era già pronto per partire. E' stata una telefonata fatta dallo stesso boss al suo avvocato proprio dall'aeroporto JFK di New York. A raccontarlo all'Ansa il legale americano di Gambino, Joseph Sandoval, secondo il quale il governo americano "ha tentato un'azione illegale, una vera e propria 'rendition' verso l'Italia, sullo stile di quello che ha fatto la Cia con Abu Omar anni fa a Milano".
Sandoval ha ottenuto di bloccare la procedura con uno 'stay', un'ordinanza del Nono circuito delle Corti federali d'appello a San Francisco, che ora, secondo il legale, dovrebbe impedire per lungo tempo qualsiasi possibilità di un trasferimento di Gambino verso l'Italia.
Secondo l'avvocato di Los Angeles, Gambino è stato trasferito nel corso della notte da un centro di detenzione di Seattle a New York, per essere imbarcato l'altro ieri per l'Italia. "Poco prima dell'imbarco - ha raccontato Sandoval - è riuscito a chiamarmi da un telefono e io sono riuscito a fermare una procedura illegale".

Sandoval ha poi spiegato di non sapere con certezza dove si trovi Gambino adesso, ma di ritenere che sarà condotto a Seattle, dove da qualche tempo si trova in un centro di detenzione del servizio dell'Immigrazione. La procedura legale avviata dall'avvocato presso la corte di San Francisco, "è tale per cui, se tutto procede secondo la legge, può essere necessario anche un anno o due" prima di una decisione che sblocchi l'iter per l'espulsione. "Dubito che riproveranno a compiere un atto illegale come quello di questi giorni, ma a questo punto non mi sorprende più niente", ha detto Sandoval, che durante il colloquio con l'Ansa ha anche accusato il governo federale di "tenere sotto controllo i miei telefoni".
Il legale ha aggiunto di sapere che l'Fbi nel 2006 ha proposto a Gambino di collaborare con la giustizia, in cambio "della soluzione dei suoi problemi con l'immigrazione", ottenendo un rifiuto. "Adesso volevano farci trovare di fronte al fatto compiuto di un trasferimento di Gambino in Italia - ha affermato Sandoval - per poi sostenere che era stato un 'errore', ma che non c'era più niente da fare".
Secondo il legale, il ministero della Giustizia e il ministero della Sicurezza interna negli Usa gestiscono la vicenda come "un caso politico", dopo che un giudice californiano mesi fa aveva bloccato l'espulsione accusando l'Italia di praticare la tortura con il regime del 41/bis (leggi).
"Non possono permettere - ha però detto Sandoval - che si sollevi una questione di torture, visto quello che noi facciano ai nostri detenuti a Guantanamo o Abu Ghraib, o quello che abbiamo fatto, anche in Italia, con le 'renditions'".

L'accelerazione nel caso Gambino è arrivata il 26 marzo, con una sentenza del Board of Immigration Appeals (BIA), un organo federale con sede a Falls Church, in Virginia, che valuta su scala nazionale i casi di immigrazione. Il BIA ha ritenuto errata la decisione di un giudice californiano, D.D.Sitgraves, che lo scorso settembre ha bloccato l'espulsione di Gambino sostenendo che andava incontro al regime del 41/bis, che il giudice ha equiparato a una forma di tortura. Senza scendere nel merito del 41/bis, il BIA ha ritenuto che non sia provato che Gambino, in Italia, sarà sottoposto a carcere duro. Secondo Sandoval, la decisione del BIA prevede 30 giorni per fare appello, ma ad avviso dell'avvocato il governo federale "lunedì ha premuto l'acceleratore e ha tentato un'azione illegale, della quale sono stati informati l'Italia e la stampa italiana, ma non i difensori di Gambino qui negli Usa".
"Se non fosse stato per la capacità di Gambino di chiamarmi dall'aeroporto - ha concluso Sandoval - adesso sarebbe in Italia". Ora, secondo l'avvocato, l'iter dovrebbe seguire un percorso a San Francisco che richiederà mesi, se non anni, prima di venir completato, "anche per l'enorme arretrato di quella corte". Gambino, per Sandoval "è provato e ha espresso tutto il suo disappunto per questa situazione"

[Informazioni tratte da La Sicilia.it]

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04 aprile 2008
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