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L'ultimo principe di Palagonia, che trascorse la sua vita ad aiutare i poveri di Palermo, presto diventerà Beato

19 settembre 2006

Un 50enne dal volto affilato e pallido, dagli occhi tristi e assenti, così appare Francesco Paolo Gravina, ultimo principe di Palagonia e di Lercara Friddi, nei due unici ritratti che ci sono pervenuti. Da giovane però, dicono gli storici, doveva essere ''un signore pieno di fascino al quale lo sguardo delle fanciulle si rivolgeva con interesse''. Francesco Paolo Gravina, che era discendente di una delle più ricche e nobili famiglie del Regno delle Due Sicilie, nacque e visse a Palermo durante la prima metà dell'800 e qui morì in odore di santità il 15 Aprile 1854. A circa un secolo e mezzo dalla sua morte, si appresta adesso a divenire beato. La causa di beatificazione è stata avviata solo di recente, nel dicembre 1990 dal cardinale Salvatore Pappalardo e arrivata in Vaticano nel maggio 2005. Nel frattempo una commissione storica ha provveduto a raccogliere le lettere del principe e la documentazione utile. A ritardare il processo di beatificazione hanno contribuito in diversa misura vari fattori a cominciare dagli sconvolgimenti economici, politici e religiosi che, nella seconda metà dell'800 e nei primi del '900, hanno  interessato Palermo e la Sicilia, la situazione precaria in cui sopravviveva la Congregazione da lui stesso fondata per finire poi a un tratto distintivo della sua personalità, l'estrema l'umiltà che caratterizzava il Gravina, che cercava di nascondersi sempre attribuendo le sue opere benefiche ad altre persone.

Come si è già detto Francesco Paolo Gravina apparteneva ad una delle più potenti famiglie siciliane dell'800 tanto da fregiarsi del titolo di grande di Sicilia. Il nonno era quel Ferdinando Francesco, principe di Palagonia e cavaliere del Toson d'oro, Capitano e pretore di Palermo, che nel 1715 edificò a Bagheria la famosa 'villa dei mostri', dal gusto stravagante che fece rimanere ad occhi spalancati lo scrittore tedesco J. W.Goethe e tanti altri artisti che la hanno visitata. La villa di Bagheria però, non piacque mai a Francesco Paolo perché ostentava ricchezza e lusso, uno schiaffo morale per tutti i poveri che lui proteggeva.

Il principe era molto ricco, possedeva in tutta la Sicilia diversi palazzi, ville, interi paesi e miniere di zolfo, campi di Reale Albergo delle Poveregrano e vigneti, agrumeti, frutteti e mandrie di animali ma sembrava non prestarvi molta attenzione. Sin da giovanissimo infatti, si dedicò all'assistenza e alla protezione di poveri, abbandonati, disoccupati e affamati di qualsiasi età e sesso. Per tale scopo acquistò a Palermo la villa Valguarnera, in via Malaspina, oggi non più esistente, e la villa Sperlinga (attuale carcere per i minori), dove organizzò la sua opera assistenziale. Nel 1835 decise di fondare la Congregazione delle Suore della Carità San Vincenzo de' Paoli comunemente chiamate 'Suore di carità del principe di Palagonia'. Il Gravina nel 1829 fu eletto presidente dell'Albergo delle Povere, carica già ricoperta in precedenza dal padre e dal nonno, e in questa struttura trasferì le suore della Congregazione.
Nell'edificio furono impiantate fabbriche e laboratori di seta, un panificio ed un mulino che diedero lavono a centinaia di giovani ricoverati ridando ad essi quella dignità e quel benessere che solo il lavoro può dare.

Pillole di storia
Francesco Paolo Gravina
, principe di Palagonia e di Lercara Friddi, nacque a Palermo il 5 Febbraio del 1800. Sua madre, Provvidenza Gravina e Gaetani aveva sposato lo zio Salvatore Gravina e Cottone, per garantire alla sua famiglia la continuità del titolo di principe dato che era figlia unica. Fu l'ultimogenito della coppia, dopo due gemelli nati morti e quattro sorelle. La sua educazione fu improntata agli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Ebbe una giovinezza spensierata appartenendo ad una famiglia tra le più influenti dell'isola (Palazzo Comitini sede in passato della prefettura di Palermo ed ora della Provincia apparteneva ai Gravina). A 19 anni, s'innamorò e sposò Nicoletta Filangeri e Pignatelli, figlia del principe di Cutò. Un amore folle il suo, ma anche il grande passo falso della sua vita. Il matrimonio infatti, tormentato e senza figli, naufragò dopo dieci anni perché nel frattempo l'affascinante principessa si era innamorata del giovanissimo e affascinante Francesco Paolo Notarbartolo e Vanni, principe di Sciara. Nicoletta cominciò a frequentarlo anche la notte, rincasando spesso all'alba. Quando la notizia si diffuse a Palermo fu un vero e proprio scandalo. Dopo aver tentato inutilmente di riconciliarsi con la moglie e aver superato i limiti dell'umana e cristiana sopportazione, una notte le fece trovare il portone sbarrato e un servo che la invitava ''a tornarsene da dove era venuta''. Nicoletta andò allora ad abitare col Notarbartolo.

Confuso, ferito e umiliato, il principe si chiuse nel suo palazzo per un lungo periodo. Aveva 29 anni e una ricchezza immensa, avrebbe potuto risposarsi e assicurarsi così un erede, ma non lo fece. Francesco Paolo Gravina non volle mai divorziare conformemente agli insegnamenti del Vangelo, ciò gli ha meritato l'appellativo di 'ultimo principe'. Dopo circa un anno di isolamento qualcuno disse di averlo visto girare nei quartieri miseri di Palermo con una borsa carica di monete a fare beneficenza. Da quel momento tutta la sua ricchezza fu spesa esclusivamente per migliorare l'infinita sofferenza dello sterminato popolo degli infelici palermitani. Confinatosi in una stanza del suo palazzo, fece aprire i battenti delle sue dimore a tutti i miserabili della città. Un'orrenda processione di esseri deformi, malati e sfortunati che il suo avo Ferdinado Francesco aveva fatto raffigurare nella villa dei mostri a Bagheria come sberleffo della buona società dei tempi. 
Nel 1832 fu eletto 'pretore' (cioè Sindaco) di Palermo, carica che mantenne fino al 1835. Nel 1837 in città arrivò il colera che, in poco tempo, su una popolazione di circa 170 mila persone fece più di 27 mila vittime, una strage senza pari in Europa. Tutti fuggirono tranne lui e i poveri che non potevano permetterselo. A sostenerlo solo un gruppo di nobildonne e di popolane. Quest'esperienza gli diede l'idea di dar vita a una famiglia religiosa che si occupasse soprattutto dei poveri: le 'Suore di Carità'.

La rivoluzione antiborbonica del '48 lo vide schierato all'interno del parlamento siciliano (era membro della camera dei pari) in favore dell'indipendenza dell'isola. I Borboni tornarono nel '49, ma lui non rinnegò mai le sue posizioni, il che gli alienò le simpatie della corona. Non si liberò mai neppure dalla malinconia nata dalla separazione dalla moglie, che amò fino alla fine. Lo dimostra anche il suo testamento in cui lasciò una cospicua somma destinata a fare celebrare ogni giorno una messa in suffragio della moglie, quando sarebbe morta.
Esausto, si spense all'età di 54 anni, il 15 aprile 1854. Quattro anni più tardi, la vedova sposò il suo amante. Per le sue esequie volle che la sua salma fosse vestita di un saio e fosse trasportata col capo appoggiato ad una tegola come san Francesco. Il giorno del suo funerale una folla enorme lo seguì. La salma deposta nella chiesa di Baida fuori Palermo è stata traslata nel 1958 nella Casa madre delle Suore di Carità di Palermo. Nel 1990 il cardinale, allora arcivescovo di Palermo, Pappalardo ha dato il via alla sua causa di beatificazione.

Loredana Maggiore

 

 

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19 settembre 2006
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