In una notte di festeggiamenti, di allegria e di preghiera di quattro anni fa 283 persone si inabissavano nelle acque del mediterraneo e nell'indifferenza di tutti.
La tragedia del 26 dicembre del 1996, fino a qualche giorno fa realtà negata, adesso è realtà concreta, testimoniata dai corpi riemersi dagli abissi e filmati da Repubblica.
283 fra indiani, pakistani, cingalesi e tamil desiderosi di una vita migliore, vittime di uomini senza scrupoli che pur di arricchirsi vendono vite umane alla morte, giacciono abbandonati sul fondo del mediterraneo. Gli unici a conoscenza del "cimitero marino" sono i pescatori della zona che, per evitare perdite di tempo con la capitaneria di porto, per anni rigettano a mare i cadaveri venuti a galla con le reti.
Ma la verità viene sempre a galla e tra i pesci nelle reti dei pescatori, stavolta c'è una carta d'identità: Anpalagan Ganeshu, nato il 12 aprile 1979 di origine cingalese. Solo uno dei tanti corpi che popolano il cimitero sottomarino.
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