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Polveriera Medio Oriente

Yemen, Siria, Bahrein: mentre tutta l'attenzione è rivolta alla Libia, il Medio Oriente rischia di esplodere pericolosamente

24 marzo 2011

Mentre i riflettori sono puntati, ovviamente, su quanto sta accadendo in Libia, la situazione continua ad essere drammaticamente tesa anche in altre aree del Nord-Africa e del Medio Oriente.
Nello Yemen, ad esempio, nei giorni scorsi il presidente Ali Abdullah Saleh ha proclamato lo stato di emergenza per via delle violenze scatenatesi negli scontri tra i manifestanti, che chiedono le sue dimissioni, e l'esercito appoggiato da miliziani in abiti civili fedeli al governo in abiti civili. La protesta era iniziata in maniera pacifica nelle scorsse settimane con migliaia di manifestanti che affollavano il viale di fronte all'università della capitale.
Pacificamente sono iniziate anche in Siria le manifestazioni "per la libertà" contro il regime baatista al potere da quasi mezzo secolo. Proteste che si sono trasformate presto in violenza, a causa e degli scontri avvenuti con centinaia di lealisti al governo del presidente Bashar al-Assad e dell'intervento armato delle forze di sicurezza di Damasco. Le proteste anti-regime in Siria erano state indette anche in altre città del Paese.
Altro scenario, quello del Bahrein. Nei giorni scorsi migliaia di manifestanti sciiti sono scesi in piazza nonostante il coprifuoco e il divieto a tutte le manifestazioni decretato dalle autorità. I manifestanti gridano slogan contro il re al Khalifa e gli "occupanti" (le truppe saudite e degli emirati sbarcate nel paese). Manifestazioni che sono diventate più numerose all'indomani dell'appello dell'opposizione a continuare le proteste dopo le frizioni diplomatiche tra gli Stati Uniti, che hanno chiesto anche in questo caso il rispetto dei diritti di chi manifesta, e le altre potenze dell'area che sostengono la repressione da parte del regime. Tra queste c'è, appunto, l'Arabia Saudita dove re Abdallah ha però deciso di adottare una strategia improntata sulla trattativa e non sulla repressione e che ha annunciato una serie di "ordini reali" riguardanti l'innalzamento dei salari minimi a tutti i dipendenti statali, che riceveranno inoltre un bonus di due mensilità.

YEMEN: MONITO DELL'UNIONE EUROPEA AL PRESIDENTE SALEH - Resta alta la tensione nello Yemen dove continua la protesta per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, nonostante la repressione che nei giorni scorsi ha provocato decine di morti. Da due giorni, carri armati dell'esercito sono stati dispiegati per le strade del centro di Sana'a mentre si registra una raffica di defezioni tra militari e diplomatici che, di ora in ora, passano dalla parte dei manifestanti.
Ultimo della lista il governatore di Aden, Ahmad Qaatabi che ha lasciato il suo incarico, come hanno riferito funzionari del suo ufficio, dopo i violenti scontri tra manifestanti antigovernativi e forze di sicurezza che ci sono stati proprio ad Aden, seconda città più grande dello Yemen.
Prima di lui era passato con i rivoltosi il maggiore Sadiq Ali Sarhan, capo della difesa aerea del primo battaglione corazzato di Sana'a. Ma anche il generale Ali Muhsin al-Ahmar, capo carismatico dell'esercito e fratellastro del presidente Saleh, seguito dal maggiore Nasir al-Jahuri, capo del 121esimo battaglione dell'esercito.
Anche tra i diplomatici in molti stanno abbandonando Saleh. E' di martedì la notizia delle dimissioni dell'ambasciatore yemenita a Damasco, Abdel Wahab Tawaf, che ha protestato contro la repressione condotta dal suo governo nei confronti dei manifestanti. Prima di lui si erano dimessi gli ambasciatori yemeniti presso le Nazioni Unite, il Kuwait e il Libano.
"Massima preoccupazione" per l'evolversi della situazione in Yemen e "l'aumento della violenza", viene espressa dalla Ue che ha condannato l'uso della forza contro i manifestanti. Per questo se le autorità del paese non dovessero garantire l'incolumità di chi protesta, "il Consiglio Ue e gli stati membri rivedranno le loro politiche nei confronti dello Yemen", si legge nelle conclusioni del Consiglio Ue affari esteri adottate dai ministri dei 27 a Bruxelles. "E' responsabilità delle autorità yemenite garantire il pieno rispetto per tutti dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e i responsabili per le vittime e i feriti saranno ritenuti responsabili e dovranno rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia", si afferma nelle conclusioni di Bruxelles.
Per questo i ministri degli esteri dell'Ue invitano il governo dello Yemen e tutte le parti a "impegnarsi in un dialogo costruttivo, complessivo e inclusivo senza attendere oltre".

SIRIA: SCONTRI E MORTI. LA POLIZIA SPARA SU CENTINAIA DI GIOVANI - Ancora disordini a Daraa, a 100 chilometri a Sud di Damasco, dove le forze di sicurezza hanno intensificato le azioni di repressione nei confronti degli attivisti anti-governativi. Ieri, almeno 15 persone, tra le quali una bambina di 11 anni, sono state uccise negli scontri tra forze di sicurezza e attivisti del movimento per i diritti umani che celebravano i funerali di due delle 12 vittime dell'assalto della polizia alla moschea di Omari. Testimoni hanno riferito che la polizia ha aperto il fuoco su centinaia di giovani che cercavano di raggiungere la città dal Nord: "Hanno sparato e i corpi sono caduti sulla strada".
Dopo giorni di violenze, la Francia interviene con un monito al governo di Assad. La Siria deve rinunciare all'"uso eccessivo della forza" contro i manifestanti, ha dichiarato il ministero degli Esteri francese Alain Juppé. Parigi condanna inoltre "le violenze che hanno causato morti e feriti" la notte scorsa a Deraa. In questo scenario è arrivata la conferma ufficiale di una decisione di cui si parlava da qualche tempo: il presidente siriano Bashar al-Assad ha decretato le dimissioni del governatore di Daraa, Faysal Kulthum.
Secondo quanto denunciano gruppi per i diritti umani, almeno sei persone sono rimaste uccise dalle forze di sicurezza nell'assalto notturno alla moschea di Omari, nei giorni scorsi teatro delle proteste contro il regime di Assad. Diversa la versione fornita dalla tv di Stato siriana, secondo cui una "banda armata" ha attaccato un'ambulanza uccidendo un medico, un paramedico, l'autista e un poliziotto. In Siria vige dal 1963 una legge di emergenza che mette al bando le manifestazioni pubbliche.
Dopo quest'episodio gli scontri sono proseguiti nella zona presidiata da oltre 3.000 tra poliziotti e militari. Secondo la tv panaraba Al Arabiya "centinaia di persone" sono rimaste ferite e dopo lo sgombero forzato della moschea al Omari "molte case di Daraa sono ora trasformate in piccoli ospedali da campo".

[Informazioni tratte da Corriere.it, Adnkronos/Aki]

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24 marzo 2011
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