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Roma "chiude" l'acqua siciliana

Impugnata la legge regionale in materia di risorse idriche. M5S: "Si calpesta l'autonomia siciliana"

21 ottobre 2015

Il Consiglio dei ministri ha deliberato l'impugnativa della legge della Regione Sicilia n. 19 dell'agosto 2015, "Disciplina in materia di risorse idriche". Lo rende noto un comunicato della presidenza del Consiglio.
"Numerose disposizioni - spiega la nota - contrastano con le norme statali di riforma economico sociale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell'ambiente, spesso di derivazione comunitaria, eccedendo in tal modo dai limiti posti alle competenze regionali. In caso di approvazione di una nuova normativa da parte dell'Assemblea regionale siciliana che riveda completamente il testo, il Governo potrà valutare l'opportunità di riesaminare il ricorso".
"Il governo regionale - è stata l'immediata risposta di Rosario Crocetta -, sulla base del confronto già avviato con il governo nazionale, convocherà immediatamente la commissione parlamentare, l'assessore competente e l'ufficio legislativo e legale della Regione, per valutare insieme gli atti necessari da compiere per superare il problema".

Contro il palazzo della Regione lancia una fraccia il sottosegretario Davide Faraone, leader dei renziani siciliani. Le sue parole sono esplicite e taglienti: "Ennesima legge siciliana impugnata. Questa volta tocca all’acqua. A proposito di credibilità. Nemo propheta in patria, è proprio il caso di dirlo". Parole che suonano come un esplicito rimprovero al presidente della giunta regionale che fatica non solo a far quadrare i conti economici, ma anche quelli politici. "Non ha senso - attacca ancora Faraone - fare riforme se si sa in partenza che quelle riforme poggiano su presupposti sbagliati. Ennesimo capitolo di una saga che va avanti da troppo tempo: oggi il governo nazionale impugna la legge sull’acqua".

L’insofferenza dei renziani verso il governatore è evidente e si registra alla vigilia della verifica di maggioranza e dell’annunciato azzeramento dell’esecutivo siciliano. Per Faraone la legge sull’acqua è stata impugnata per una serie di criticità "che erano già evidenti prima del voto finale dell’Ars". "Lo scorso agosto, a pochi giorni dall’ultimo passaggio in aula, dichiaravamo pochi e semplici concetti: 'L’acqua è pubblica. Abbattere i totem ideologici è la prima condizione per fare nuove leggi. I cittadini devono pagare il giusto e il servizio deve essere efficiente'. Quindi basta un solo ambito e non nove, un solo gestore per sub-ambito e non 390, uno per ogni comune siciliano. Non ci appassionano i dibattiti sulla burocrazia e sulle poltrone".
Poi su Fb l’ultima stoccata: "Sono passati appena tre mesi e tutto quello che avevamo detto si è verificato sotto i nostri occhi. Increduli. Qui nessuno vuole fare la Cassandra della situazione. Fare le riforme non deve essere il disbrigo svogliato di un compito in classe mal digerito. La Sicilia faccia le riforme per i siciliani", conclude.

"La legge sull'acqua non si tocca. Lo Stato non può pretendere di fare il bello e il cattivo tempo nelle cose siciliane, calpestando l'autonomia della Regione. Deve imparare a rispettare lo Statuto e il Parlamento. Per questo l'Ars non deve assolutamente rimettere mano alla legge. Anzi, il governo Crocetta si prepari a resistere davanti ad un ricorso alla Corte Costituzionale".
E' chiarissima la linea del Movimento 5 Stelle all'Ars di fronte all'ennesima "pretestuosa impugnativa, che colpisce al cuore l'autonomia della Regione e svuota di significato il parlamento siciliano".
"Non possiamo assolutamente tollerare - dicono i deputati Francesco Cappello, Matteo Mangiacavallo, Sergio Tancredi e Giampiero Trizzino - questa ennesima ingerenza dello Stato, che in soli dieci minuti ha vanificato tre anni di lavoro. Questo governo dimostri quello che non ha mia fatto finora, mostri di avere una briciolo di spina dorsale e rigetti qualsiasi proposta di modifica che punta solo ad allineare la nostra legge  a quella nazionale che ha ignorato del tutto il referendum del 2011. La nostra riforma andava nel solco espresso dalla volontà popolare, non possiamo assolutamente permettere che lo Stato ci obblighi a cambiare rotta".

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21 ottobre 2015
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