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Un porto per le armi chimiche siriane

Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, offre due possibilità: Sicilia o Sardegna

17 dicembre 2013

Destinazione Sicilia o Sardegna
Dalla Siria a un porto italiano: il piano per le armi chimiche
di
Guido Olimpo (Corriere.it, 16 dicembre 2013)

Passeranno dall’Italia le armi chimiche siriane destinate alla distruzione. La Farnesina ha precisato che le sostanze verranno ospitate in un porto italiano per poi essere trasferite sulla nave americana "Cape Ray", dove saranno successivamente neutralizzate. Non è ancora certo quale sarà il porto di transito. Fonti della Difesa parlano di un approdo civile "in Sicilia o in Sardegna" mentre ambienti diplomatici indicano un’installazione militare, comunque in un’area protetta.
L’Italia aveva dichiarato la propria disponibilità nel piano di disarmo. "Faremo la nostra parte" erano state le parole del ministro degli Esteri Emma Bonino indicando la volontà del nostro Paese di sostenere il programma accettato da Damasco. Un’offerta, quella della Farnesina, per indicare la volontà di esserci in una fase delicata, anche in vista di possibili negoziati di pace a Ginevra.

Il piano messo a punto da russi e americani insieme all’Opac (Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche) è articolato. La prima fase prevede il trasferimento delle sostanze - circa 500 tonnellate - nel porto siriano di Latakia. Si tratta di componenti separate che diventano un’arma se mixate insieme. Il trasferimento è comunque delicato in quanto la zona non è immune da combattimenti ed è data per imminente una nuova offensiva. Una volta nello scalo i contenitori (circa 150) verranno imbarcati su navi norvegesi e danesi. I due Paesi hanno già schierato a Cipro un paio di fregate che, oltre all’equipaggio, ospitano esperti di guerra chimica. La fase successiva scatta con il trasporto in un Paese terzo. Si era parlato dell’Albania, ma Tirana - per problemi di politica interna - ha detto no e il testimone è passato all’Italia. I container verranno scaricati in una zona sorvegliata da reparti militari per prevenire incidenti o atti ostili. Non è chiaro quanto sarà lunga la permanenza.

L’Opac vorrebbe chiudere l’operazione di distruzione entro aprile e visto che servono dai 45 ai 90 giorni per trattare le sostanze potrebbe trattarsi di una sosta di alcune settimane.
La terza fase è quella della neutralizzazione in acque internazionali. I container saranno imbarcati sulla "Cape Ray", attualmente in Virginia per i preparativi: è dotata di apparati mobili ideati dagli Usa in grado di filtrare le sostanze all’interno di abitacoli protetti. Circa 60 i tecnici. Concluso il trattamento restano delle scorie con "livello di tossicità piuttosto basso". L’atto finale è la consegna dei "resti" a società civili specializzate nell’eliminazione dei prodotti chimici. Sulla carta appare tutto ben sincronizzato, anche se non mancano timori e magari spunteranno polemiche sull’opportunità di farsi carico di armi comprate dai siriani e vendute, in gran parte, dalla Russia.
La distruzione dei gas è importante, ma non va dimenticato che in Siria si continua a morire a causa di armi convenzionali o rudimentali. Massacri commessi nell’immunità da un regime che oggi viene visto come il male minore rispetto all’estremismo cieco di una parte della ribellione.

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17 dicembre 2013
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