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Al Sud si consolida la ripresa economica ma le disuguaglianze restano

L’analisi, le proposte e le previsioni nel Rapporto Svimez 2017 sull’economia del Mezzogiorno

07 novembre 2017
Al Sud si consolida la ripresa economica ma le disuguaglianze restano

Anche quest'anno la Svimez, nel suo Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, fa il punto della situazione economica ed occupazionale delle regioni meridionali e prospetta proposte intese a creare e a sviluppare le attività industriali.

Il Mezzogiorno è uscito dalla lunga recessione e nel 2016 ha consolidato la ripresa, registrando una performance per il secondo anno superiore, seppur di poco, rispetto al resto del Paese. L’industria manifatturiera meridionale è cresciuta al Sud nel biennio di oltre il 7%, più del doppio del resto del Paese (3%); influiscono positivamente le politiche di sviluppo territoriale mentre restano le difficoltà delle imprese del Sud ad accedere agli strumenti di politica industriale nazionale. La stretta integrazione e interdipendenza tra Sud e Nord rafforza la necessità di politiche meridionaliste per far crescere l’intero Paese.
Ottima la performance soprattutto al Sud delle esportazioni nel biennio 2015-2016. Le previsioni per il 2017 e il 2018 confermano che il Mezzogiorno è in grado di agganciare la ripresa, facendo segnare tassi di crescita di poco inferiori a quelli del Centro-Nord. Tuttavia la ripresa congiunturale è insufficiente ad affrontare le emergenze sociali.

Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è ancora il più basso d’Europa (35% inferiore alla media UE), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura "Occupazione Sud". La povertà e le politiche di austerità deprimono i consumi. Il Sud è un’area non più giovane né tantomeno il serbatoio di nascite del Paese. Il Governo nell’ultimo anno ha riavviato le politiche per il Sud; fondamentali due interventi: le ZES e la "clausola del 34%" sugli investimenti ordinari.

LE PREVISIONI - Secondo stime, nel 2017 il PIL italiano cresce dell’1,5%, risultato del +1,6% del Centro-Nord e del +1,3% del Sud. Nel 2018 il saggio di crescita del PIL nazionale si attesta al’1,4% con una variazione territoriale dell’1,4% nel Centro-Nord e dell’1,2% al Sud. A trascinare l’evoluzione positiva del PIL nel 2017 e nel 2018 l’andamento della domanda interna, che al Sud registra, rispettivamente, +1,5% e +1,4% (nel Centro-Nord, invece, aumenta quest’anno del +1,6% e il prossimo del +1,3%). Nel 2018 la Svimez prevede un significativo aumento sia delle esportazioni che degli investimenti totali, che cresceranno più nel Mezzogiorno che al Centro-Nord: le esportazioni del +5,4% rispetto a +4,3%, gli investimenti del 3,1% rispetto a +2,7%.

LA P.A. AL SUD: -21.500 DIPENDENTI - La qualità dei servizi pubblici nel Mezzogiorno presenta un quadro di luci e ombre. Il Sud è un’area penalizzata nel godimento di alcuni diritti di cittadinanza e nell’offerta dei servizi pubblici. Tra gli aspetti positivi, un deciso calo dei procedimenti di giustizia civile pendenti, più accentuato al Sud, e un forte recupero nella diffusione dell’ICT nella P.A. Secondo la Svimez, c’è un forte ridimensionamento della P.A. nel Mezzogiorno, in termini di risorse umane e finanziarie, tra il 2011 e il 2015: -21.500 dipendenti pubblici (nel Centro-Nord sono calati di -17.954 unità) e una spesa pro capite corrente consolidata della P.A. (fonte CPT) pari al 71,2% di quella del Centro-Nord. Un divario in valore assoluto di circa 3.700 euro a persona. La sfida di una maggiore efficienza della macchina pubblica al Sud passa per una sua profonda riforma ma anche per un suo rafforzamento attraverso l’inserimento di personale più giovane a più alta qualificazione. Ciò a dispetto dei luoghi comuni che descriverebbero un Sud inondato di risorse e dipendenti pubblici.

IL CAPITALE UMANO - Alla fine del 2016 il Mezzogiorno ha perso altri 62 mila abitanti. Il saldo migratorio totale del Sud continua a essere negativo e sfiora le 28 mila unità, mentre nel Centro Nord è in aumento di 93.500. In particolare nel 2016 la Sicilia perde 9.300 residenti, la Campania 9.100, la Puglia 6.900. Il pendolarismo nel Mezzogiorno nel 2016 ha interessato circa 208 mila persone, di cui 54 mila si sono spostate all’interno del Sud, mentre ben 154 mila sono andate al Centro-Nord o all’estero. Questo aumento di pendolari spiega circa un quarto dell’aumento dell’occupazione complessiva del Mezzogiorno di circa 101 mila unità nel 2016.
Secondo la Svimez, che ha elaborato una stima inedita del depauperamento di capitale umano meridionale, considerando il saldo migratorio dell’ultimo quindicennio, una perdita di circa 200 mila laureati meridionali, e moltiplicata questa cifra per il costo medio che serve a sostenere un percorso di istruzione elevata, la perdita netta in termini finanziari del Sud ammonterebbe a circa 30 miliardi, trasferiti alle regioni del Centro Nord e in piccola parte all’estero. Quasi 2 punti di Pil Nazionale. E si tratta di una cifra al ribasso, che non considera altri effetti economici negativi indotti.

- Rapporto Svimez 2017 - Sintesi (pdf)

- Rapporto Svimez 2017 - Schede regionali (pdf)

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07 novembre 2017
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