In un convento di Erice il segreto di quei dolci...
Una vita come un romanzo quella di Maria Grammatico e della sua pasticceria famosa nel mondo
Foto del Colazionista.com
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Chiusa in un convento di clausura a 11 anni senza speranze.
Nella Sicilia del dopoguerra il velo o la tonaca era spesso l'unica alternativa alla fame.
Per Maria Grammatico, ultima di sette figli, orfana, non c'era altra strada.
Almeno lì mangerà tutti i giorni, avrà pensato la sfortunata madre, vedendo la figlia ogni giorno più denutrita.
Ma il pane, quando manca la libertà, non sazia. Riempie la pancia e affama il cervello.
Maria vuole vivere, giocare, volare, tribolare, alla luce dell'aria e non braccata tra quattro mura.
Foto di Effems - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Dietro al bancone ripensa sempre ai quindici anni in cui è rimasta seppellita viva al convento San Carlo di Erice.
Con il tempo la rabbia si è addolcita di tenerezza.
In fondo tutto quello che ha (tre pasticcerie rinomate in tutto il mondo) e una "notorietà da star", lo deve a quegli anni tra le grate. È lì, infatti, spiando le gelose monache, che impara tutti i segreti della pasticceria siciliana.
È lì, la gabbia da cui spicca il volo con un bottino cospicuo: le ricette segrete e la sua grinta fortificata dalla "prigionia".
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La vita di Maria è un romanzo. La sua biografia ("Mandorle amare"), da cui Francis Ford Coppola voleva trarre un film, negli Usa ha venduto 100 mila copie. La sua storia è stata raccontata anche in un libro sulle donne isolane ("Le siciliane") da Giacomo Pilati.
Foto www.audleytravel.com
Maria però, non è mai riuscita a cancellare il rimpianto per l'adolescenza e la gioventù mai vissute. "In convento - racconta - non sapevo niente di quello che accadeva fuori. Le suore ci impedivano di accendere l'unica radio che c'era. Ci dicevano di stare lontane da quella scatola perché dentro c'era il demonio che parlava. Dopo che venni rinchiusa non vidi mia madre per undici mesi. Era incinta e non la facevano entrare, sarebbe stata un'immagine imbarazzante, per noi fanciulle. Poteva ispirarci pensieri peccaminosi. E a me raccontavano che non veniva perché mi aveva abbandonata. Quante bugie ho sentito tra quelle mura".
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Come quando alle prime mestruazioni, di fronte al suo terrore ("E che ne sapevo io!") le consigliarono di pregare la Madonna che l'avrebbe guarita da quella malattia. "No, non posso dimenticare l'ipocrisia del convento. L'unica presenza umana era suor Stellina, una seconda mamma. Forse perché non era una suora. Era entrata in convento a sette anni dopo la morte dei genitori. Viveva in clausura ma non ha mai preso i voti".
L'unico contatto che Maria ha con il mondo sono i funerali. "Le famiglie facoltose del paese affittavano le ragazze del collegio per i cortei funebri. Tutte vestite a lutto dovevamo piangere per riconoscenza. Era terribile".
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Ma Maria non si arrende. Visto che dentro il convento deve lavorare si appassiona alla pasticceria. Le monache, infatti, vivono con la vendita dei dolci di mandorla. "Gelosissime delle loro ricette preparavano le dosi di zucchero, farina, essenze e mandorle, di notte, al riparo dagli occhi delle novizie".
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Ma Maria è curiosa ed escogita un trucco per rubare quei segreti. Nottetempo sbircia tra le fenditure del pavimento del corridoio che danno sulla cucina e annota in un quaderno tutto quello che fanno le suore: per pesare gli ingredienti usano delle pietre che corrispondono a una, due, cinque, dieci, once. All'indomani, quando loro non sono nella stanza controlla il peso scritto sulle pietre. E così con fatica e dopo tante notti insonni ha le ricette. Il suo tesoro.
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A 26 anni è pronta per l'evasione. Va a casa per una convalescenza ("Avevo sempre la febbre e crisi depressive") e non torna più. Uscire dalla prigionia della clausura è relativamente facile, il difficile è rientrare nel mondo. Un mondo ignoto. Si è persa la ricostruzione dopo la guerra, il boom economico, le emozioni e i batticuori dei venti anni. Deve imparare tutto da capo... "Era come se non riuscissi più a comunicare con la gente".
Dopo un periodo di disorientamento, tira fuori il suo quaderno del tesoro con le ricette. Paga a rate, 2 mila lire al mese, un bancone al falegname, un artigiano le costruisce il piano di marmo, due muratori le regalano il forno a legna, con i pochi risparmi compra le prime mandorle, lo zucchero e la farina.
E comincia l'avventura. "Quando ho cominciato - ricorda - non era considerata bene una donna che faceva un mestiere da uomo. Per i maschi ero un marziano, per le donne una pazza".
I dolci piacciono e subito comincia il tamtam del successo...
In Sicilia le stagioni sono scandite dai dolci. Ogni festa è buona per peccare di gola: a Natale i "cucciddata", a San Giuseppe le "sfince", a Pasqua le pecorelle, le colombe e le paste di mandorla ripiene di conserva di cedro, a Ferragosto la cassata di Erice, per i morti la frutta martorana, la cuccia, i pupaccena e così via.
E tutti i giorni, a Erice, i bocconcini di mandorla, i quaresimali, i panzerotti, i belli brutti e i sospiri...
Forme armoniche, sapori, profumi, colori.
Per Maria le ali della libertà.
INFO
Pasticceria Maria Grammatico
via Vittorio Emanuele 14, Erice
tel. 0923 869390
www.mariagrammatico.it