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Estati insopportabilmente torride e inverni terribilmente rigidi. Il ''tempestoso'' futuro che rischia l'Europa

04 marzo 2006

Gli allarmi nei confronti dei pericoli che il cambiamento del clima avrà per il Pianeta Terra, arrivano un po' da tutte le parti. Questi, però, sembrano ancora non destare le giuste preoccupazioni di quei Paesi che continuano a disattendere le raccomandazioni del Protocollo di Kyoto (come l'Italia, firmataria dell'accordo internazionale, ma indietro con le regole da seguire), e relativizzano questi allarmi - scientificamente provati -, con sufficienza e senza la giusta considerazione.
Nei giorni scorsi l'Onu ha lanciato l'allarme per la prossima stagione degli uragani che potrebbe essere più devastante dell'anno scorso. Nel 2005 furono 27 le tempeste tropicali, di cui 15 raggiunsero la potenza di uragani, che colpirono l'America centrale e la regione del Golfo del Messico, dove fece oltre 3.000 morti e danni per decine di miliardi di dollari.
Secondo Jan Egeland, responsabile dell'agenzia Onu per i Soccorsi, negli ultimi anni ''è stato registrato un drastico aumento del numero delle calamità naturali legate al clima; allo stesso tempo, sempre più persone sono colte impreparate e questo raddoppia gli effetti devastanti''.
Tra le nazioni più esposte alla stagione degli uragani ''Haiti è la più vulnerabile'', ha spiegato Engeland, ''mentre Cuba è una delle più preparate a fronteggiare le emergenze''.
La priorità resta la prevenzione anche se, ha lamentato Engeland, la maggior parte dei fondi poi viene destinata alla ricostruzione.

Una cosa importante da ricordare è che gli allarmi, in particolar modo in America, sono sempre arrivati con largo anticipo, ma purtroppo la cronaca ci conferma costantemente che proprio in un Paese grande e potente come gli Usa, questi sono colpevolmente inascoltati e sottostimanti. La tragedia consumatasi a New Orleans, devastata dall'uragano Katrina, e il comportamento ingiustificabile adottato da George W. Bush e dai suoi accoliti, ne sono la prova schiacciante.
Ma le minacce provocate dalla trasformazione del clima non aleggiano soltanto sopra le testa degli americani. Infatti, da quanto si apprende dal nuovo rapporto Wwf sui cambiamenti climatici, anche l'Europa corre in rischio di un futuro ''tempestoso''.

Al contrario di quello che l'immaginario collettivo suggerisce dell'Europa, continente dalle stagioni che si alternano e al riparo da fenomeni climatici estremi, negli ultimi decenni il Vecchio Continente sembra sempre di più una terra battuta da venti forti, tempeste di neve e temporali. L'inverno che sta per finire, ad esempio, ha fatto registrare temperature bassissime e tempeste di neve: con il nuovo rapporto ''Stormy Europe - The power sector and the extreme weather'', lanciato nei giorni scorsi in tutto il mondo, il Wwf mette in evidenza che gli inverni con caratteristiche estreme costituiscono la diretta conseguenza dei cambiamenti climatici e che un'inversione di tendenza si potrà avere solo riducendo drasticamente le emissioni di CO2. La prima fase del Protocollo di Kyoto è essenziale, ma è urgente avviare il nuovo negoziato per ridurre le emissioni di almeno il 50%.

I risultati più eclatanti di ''Europa in tempesta'' riguardano Gran Bretagna, Olanda e Francia.
In Gran Bretagna entro la fine del secolo si registrerebbe il 25% in più di tempeste invernali per anno e un incremento della velocità massima dei venti dell'8-16%. Il tutto avrà anche costi elevatissimi: nel solo decennio 1987-98 le tempeste invernali sono costate al paese tra i 200 milioni e i 2 miliardi di euro ciascuna. In Olanda la velocità massima dei venti potrebbe aumentare fino al 15% e gli esperti hanno dimostrato che un incremento del 6% costerebbe al paese 100 milioni di euro, con danni complessivi 5 volte maggiori rispetto ad oggi. In Francia entro la fine del secolo le tempeste aumenterebbero fino al 10-20%, con una concentrazione del fenomeno soprattutto nelle zone settentrionali dove la velocità dei venti aumenterebbe del 16% e dove i giorni di vento fortissimo aumenterebbero del 25-50%.
''Sull'Europa soffiano venti minacciosi'' ha detto Jennifer Morgan, direttore del Programma Globale cambiamenti climatici del Wwf, ''e la minaccia va presa sul serio. Va fermato l'inquinamento climatico per proteggere gli esseri umani ed i beni da tempeste sempre più devastanti. Se non prendiamo misure immediate ed efficaci rischieremo di essere spazzati via''.

''Europa in tempesta fa seguito ad un altro rapporto sui cambiamenti climatici che abbiamo diffuso l'estate scorsa - ha detto Gianfranco Bologna, Direttore Scientifico Wwf Italia - In Paradiso bollente abbiamo illustrato gli scenari probabili derivanti dell'aumento della temperatura globale di 2°C rispetto all'epoca preindustriale, con uno scenario di estati torride nel bacino del Mediterraneo, aumento dell'intensità delle precipitazioni e della loro concentrazione nel tempo, e conseguenti frane e alluvioni. Sembrano rapporti antitetici, contraddittori, in realtà sono le due facce della stessa medaglia: l'inquinamento globale da gas serra tende ad 'estremizzare' gli eventi atmosferici''.
Il rapporto analizza, tra l'altro, per ciascun paese preso in esame, la casistica degli eventi meteorologici, i costi in termini economici e ambientali, le iniziative concrete intraprese dai singoli governi per la riduzione dei gas serra. Il settore energetico e quello dei trasporti sono i maggiori imputati: basti pensare che dal settore energetico mondiale dipende il 37% delle emissioni di CO2 prodotte dall'uomo, dovute principalmente ai combustibili fossili, a cominciare dal carbone.
''Proprio ora i governi dell'UE hanno l'opportunità di ridurre drasticamente le emissioni di CO2, attraverso le fondi rinnovabili e l'efficienza energetica - aggiunge Bologna -. E' di questa settimana la notizia dell'istituzione di una task force UE che lavorerà congiuntamente sui temi di energia, industria e ambiente. Della task force fa parte anche James Leape, direttore generale Wwf internazionale''.

Lo studio del Wwf si basa sui seguenti modelli climatici: European Centre Hamburg, Max Planck Institute Ocean Model, Hadley Centre Atmospheric Model e Hadley Centre Couplet Model. Si basa inoltre sui risultati del Progetto europeo MICE (Modelling the Impact of Cliamte Extremes) dell'Unione Europea.
 
[Informazioni tratte dal sito del Wwf Italia]

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04 marzo 2006
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