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La Sicilia aspetta il suo ''Big One''

Non prima di 10 anni è possibile che in Sicilia si scateni un terremoto di magnitudo superiore ai 7 della scala Richter

27 febbraio 2006

Trema la terra siciliana. Trema da secoli. La fa tremare l'Etna con i suoi borbottii, trema per le lunghe spaccature che corrono sotto il mare e che uniscono/dividono grandi porzioni del pianeta. La Sicilia è un'isola dove con i terremoti si deve imparare a convivere.
La terra siciliana ha tremato sabato scorso, all'1,22 di notte. Una scossa sismica di magnitudo 4.0 della scala Richter è stata rilevata nella provincia di Palermo dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L'epicentro dell'evento sismico, avvertito dalla popolazione, è stato localizzato in mare, a nord-est di Ustica. Non ci sono stati danni a persone o cose.
Ed è tornata a tremare anche stamattina. Infatti, una scossa di terremoto di magnitudo 4.5 è stata registrata dall'Ingv alle 5:34 nella provincia di Messina. L'epicentro, secondo quanto informa un comunicato del Dipartimento della protezione civile, è stato localizzato tra i comuni di Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore e Rodi Milici. Dalle verifiche effettuate dalla Sala situazione Italia della Protezione Civile non risultano danni a persone o cose.
La scossa è stata avvertita anche in provincia di Reggio Calabria. In particolare, gli effetti maggiori sono stati registrati nei territori di alcuni comuni della fascia tirrenica reggina, come Palmi, Gioia Tauro e Bagnara Calabra. Numerosi abitanti della zona hanno telefonato ai Vigili del Fuoco, per chiedere informazioni sulla scossa. Anche in Calabria non vengono segnalati danni a persone e cose.
Tanta paura ma nessun danno, anche questa volta. Ma la terra ritornerà a tremare ed è bene che la popolazioni impari ad ''accogliere'' nella giusta maniera i terremoti che verranno.

''Ore 5.20 terremoto ha distrutto buona parte Messina - Giudico morti molte centinaia - case crollate sgombro macerie insufficienti mezzi locali - urgono soccorsi per sgombro vettovagliamento assistenza feriti - ogni aiuto sarà insufficiente''.
E' questo il testo del telegramma con cui il governo italiano apprese del terremoto di Messina del 1908: inviato dal comandante di una nave militare da una stazione telegrafica calabrese alle 14.50 del 28 dicembre 1908, giunse al Ministero degli Interni alle 17.35 dello stesso giorno, cioè dodici ore dopo il disastro. In questo telegramma la valutazione dei danni è naturalmente molto sottostimata: il terremoto, dell'undicesimo grado della scala Mercalli, distrusse quasi completamente le città di Messina e Reggio Calabria e causò, secondo le statistiche ufficiali, 77.283 morti (in altre valutazioni la cifra oscilla fra le 80.000 e le 140.000 vittime).
Certo era il 1908, l'immane catastrofe ebbe un tale disastroso esito anche perché a quei tempi non c'era l'organizzazione che abbiamo oggi, penserà qualcuno. Sicuramente, oggi l'organizzazione, la prontezza e la preparazione è maggiore, ma contro eventi sismici come quello che nel 1908 rase al suolo Messina ci sarebbe comunque poco da fare. La Messina ricostruita non è una città antisismica, e gli abusi edilizi in tutto il territorio regionale hanno anzi fatto proliferare ambienti urbani che dall'enorme lezione del terremoto di Messina, come da successivi tragici eventi, nulla hanno imparato.

I costruttori, quindi, hanno colpevolmente voltato la faccia dall'altra parte e hanno negato quei pericoli naturali che non potendosi prevenire si ha il bisogno di tutto il buon senso possibile per poterli affrontare.
Lo sanno bene gli uomini della Protezione Civile e i Vigili del Fuoco, coscienti di vivere in un territorio, quello nazionale,  nel quale con i terremoti bisogna conviverci e studiarli, per creare tutte le possibili azioni preventive che certo non fermeranno la terra che trema ma limiteranno i danni alle città e le perdite umane.
Concetti emersi ad un convegno promosso a Napoli, dall'ordine dei geologi campani, che ha proposto alcuni dati dell'Istituto nazionale di geofisica: secondo i quali Friuli e Campania sono le regioni italiane in cui è più probabile che si verifichi un ''terremoto distruttivo'', al di sopra dei 5.5 gradi della scala Richter, entro i prossimi dieci anni.
Ma il terremoto più pesante, il nostro ''Big One'', secondo le previsioni dell'Istituto, si potrebbe registrare in Sicilia: ''Dove non prima di 10 anni dobbiamo attenderci un terremoto di magnitudo superiore ai 7 della scala Richter. Questo in quanto in Sicilia i terremoti sono violenti perché rari''.

Ad affrontare il tema, alla Mostra d'Oltremare, il direttore del Dipartimento di Analisi e Progettazione Strutturale Gaetano Manfredi, dell'Università Federico II di Napoli, nell'ambito di Geotekna 2006. Secondo il presidente nazionale dell'Ordine dei geologi della Campania Francesco Russo, ''va messo in cantiere su aspetti squisitamente tecnici, un tavolo permanente tra Regioni e Stato in modo tale che ci sia un coordinamento. Non è possibile che a livello nazionale la sicurezza venga considerata a macchia di leopardo''.
''Entro i prossimi 10 anni - ha affermato Manfredi - in Campania e in Friuli potrebbero verificarsi terremoti di magnitudo superiore a 5.5 della scala Richter. Questi sono dati emersi grazie a un lavoro di analisi fatto con l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, i cui risultati sono stati riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale''.
Secondo Manfredi, ''non c'è motivo di allarmismi'', occorre però accrescere la consapevolezza che ''conviviamo con i terremoti e agire in modo tale da limitare i rischi''.

Un invito a evitare di cadere in un inutile allarmismo è arrivato anche dal presidente Russo: ''Dobbiamo intensificare l'attività di prevenzione degli eventi. In questa direzione si sta muovendo l'ordine nella difesa degli interessi della collettività. Anche per questo motivo abbiamo voluto fortemente organizzare una conferenza di alto livello, alla quale hanno preso parte esperti e docenti importanti''.

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27 febbraio 2006
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