Cinquantasei specie di pesci tropicali nuotano nelle calde acque del Mediterraneo
Vengono trasportate nelle acque di zavorra delle navi cisterna o nelle incrostazioni degli scafi delle navi
Sino ad oggi nel "mare nostrum" sono state ritrovate 110 specie di pesci, 190 di molluschi, 50 di cnidiari, 20 di briozoi, 10 di ascidiace, 70 di policheti, 60 di crostacei e 75 di vegetali marini. Tra questi , 52 appartengono a specie esotiche che sono riuscite ad ambientarsi in un mare molto diverso da quello nel quale erano abituate a vivere. Oltre all'innalzamento della temperaura delle acque che ha facilitato la penetrazione e l'affermazione di specie aliene attraverso il Canale di Suez ed il successo delle specie aliene subtropicali e tropicali, sembra che giochino un ruolo di primo piano il sovra-sfruttamento delle specie autoctone ed il degrado ambientale che coinvolge molti ecosistemi mediterranei.
Sia lo sfruttamento delle specie locali che l'inquinamento delle acque, infatti, ridurrebbero sensibilmente la risposta del Mediterraneo alle specie invasive che provengono da ambienti fortemente competitivi. Sino a pochi decenni fa una specie animale o vegetale per raggiungere o colonizzare un nuovo mare doveva compiere un lungo viaggio
ed un complesso percorso ecologico per venire poi, molto spesso, respinta dalle specie autoctone. E' quindi quasi inevitabile che nuove specie aliene oggi raggiungano il Mediterraneo anzi si ipotizza che nel futuro questo fenomeno sarà destinato ad crescere a meno che i paesi del bacino non si decidano ad adottate strategie di contenimento. A tal fine il prof. Andaloro, con l'Icram conducendo, per conto del ministero dell'Ambiente, un progetto di ricerca denominato "Identificazione e distribuzione nei mari italiani di specie non indigene". Lo studio è volto non solo ad identificare e conoscere meglio le varie specie, ma soprattutto a capire come le specie esotiche arrivino al Mediterraneo.
Si tratta, infatti, di una infinità di specie animali e vegetali o delle loro uova, larve, cisti e spore che vengono comunemente trasportate nelle acque di zavorra delle navi cisterna (ballast water) e nelle incrostazioni (fouling) degli scafi di imbarcazioni turistiche e navi commerciali. "La principale responsabilità di questa profonda modificazioni della biodiversità – afferma il ricercatore - è sicuramente dell'uomo e nessun rimedio potrà essere valido in assenza di una opportuna politica ambientale che vada dall'adozione del protocollo di Kyoto, all'uso sostenibile delle risorse del mare, dall'eliminazione delle fonti inquinanti alla bonifica dei siti compromessi".
La biodiversità, infatti, rappresenta un enorme patrimonio economico e non solo ambientale e culturale. Difatti una massiccia invasione di specie alloctone andrebbe a gravare sensibilmente sull'economia dell'attività di pesca e del turismo naturalistico.