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I 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II

Il Papa che ha cambiato il volto della Chiesa

16 ottobre 2003
Il primo Papa del III millennio. Il primo Papa non italiano dopo 455 anni, e il primo polacco nella storia dei pontefici romani. Il primo successore di Pietro il cui operato sia stato seguito e conosciuto da miliardi di fedeli negli angoli più sperduti della terra. Le cui parole hanno saputo toccare anche i laici. Il Pontefice che ha voluto incontrare personalmente il maggior numero in assoluto di credenti, politici, religiosi e intellettuali nel mondo e nella storia, nonostante il tormento della malattia. Il primo che si è costantemente impegnato contro la guerra e prodigato a favore del dialogo tra le religioni. Colui che ha portato a termine un numero senza precedenti di viaggi apostolici, beatificazioni e santificazioni. Colui che ha reinterpretato il papato dandogli quella proiezione planetaria che non aveva mai avuto. Che è diventato portavoce dei diritti umani, difensore dei deboli nelle società opulente e capitaliste. Il Papa che ha avuto il coraggio di dire: 'Non c'è più la Chiesa del silenzio, ora parla con la mia voce'. Il Papa che ha pronunciato un 'Mea culpa' in San Pietro sui torti e gli errori dei cristiani. Tanto autenticamente mistico, quanto intuitivamente mediatico, Giovanni Paolo II, il Papa 'venuto da un paese lontano' eppure così immerso nella contemporaneità, in 25 anni di pontificato ha segnato la storia della Chiesa e del mondo.

Karol Józef Wojtyla , eletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, il 18 maggio 1920. Era il secondo dei due figli di Karol Wojtyla e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941. A 9 anni ricevette la Prima Comunione e a 18 anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia.

Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania. A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino.
Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale a Cracovia il 1 novembre 1946.Successivamente, fu inviato dal Cardinale Sapieha a Roma, dove conseguì il dottorato in teologia (1948), con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.

Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowic, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino una tesi sulla possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler. Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.
Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.
Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Paolo VI che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967.
Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-65) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyla prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato.

Alcuni momenti fondamentali nei 25 anni di Pontificato

L'attentato del 13 maggio 1981

Erano le 17.19 del 13 maggio 1981, un assolato pomeriggio romano, quando dei colpi di pistola risuonarono tra la folla accorsa in piazza San Pietro per l'udienza generale: Giovanni Paolo II, colpito, si accasciò sulla papamobile scoperta, sorretto dai suoi collaboratori più stretti, in una corsa disperata verso l'ospedale.
Il papa, ferito gravemente all'addome, rischiò di morire dissanguato nel trasporto all'ospedale Gemelli, dove subì un lungo e delicato intervento, grazie al quale riuscì a sopravvivere nonostante il colpo ricevuto. Giovanni Paolo II ha sempre attribuito il fatto di non essere morto sotto i colpi di Agca all'intercessione della madonna di Fatima, la cui festa cade proprio il 13 maggio, in ricordo della prima apparizione, nel 1917 ai tre pastorelli portoghesi.
Un destino che ha strettamente legato l'attentato a Fatima: nel 2000, in occasione del giubileo, Giovanni Paolo II ha reso pubblico il contenuto del ''terzo segreto di Fatima'' interpretandolo proprio come la profezia di un attentato contro il Pontefice e identificandosi con quel Pontefice. Per la pubblicazione del terzo segreto, il 13 maggio di tre anni fa, papa Wojtyla si recò a Fatima, dove già era stato dopo l'attentato in segno di ringraziamento alla Madonna. A suggello della sua devozione Giovanni Paolo II, infatti, aveva donato al santuario di Fatima la pallottola estrattagli dall'intestino, proiettile che come una gemma dall'84 è incastonato nell' aureola della corona della statua della Madonna.
Giovanni Paolo II  perdonò Alì Acga pochi giorni dopo l'attentato, durante il primo Angelus che Karol Wojtyla pronunciò quattro giorni dopo essere stato ferito dalla sua stanza dell'ospedale Gemelli. Giovanni Paolo II rinnovò il suo perdono ad Agca il 27 dicembre 1983, quando incontrò Agca nel carcere di Rebibbia.
Alì Agca ebbe poi, nel giugno 2000, durante il Giubileo, la grazia dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e - dopo aver trascorso oltre 19 anni nelle carceri italiane - fu estradato in Turchia, dove sta ora scontando le pene per reati commessi in quel Paese.

I "no" al Comunismo e i contatti con i suoi leader
A Danzica nel 1987 ha gridato 'Solidarnosc' inteso come solidarietà e rispetto dei diritti umani davanti a 3 milioni di fedeli. In Vaticano nel 1989 ha ricevuto il premier russo Gorbaciov accogliendo anche la moglie Raissa, vestita persino di rosso. In Germania nel 1996 attraversa la porta di Brandeburgo accompagnato dal cancelliere Kohl. A Cuba nel 1998 ha stretto la mano a Fidel Castro. E nel frattempo è stato testimone del crollo del Muro di Berlino e dell'impero sovietico. Sono alcune istantanee del percorso di un Papa che l'agenzia sovietica Tass arrivò a definire 'sovversivo'. Di un Papa che in una sua enciclica scrisse: ''I regimi dell'Est europeo sono la vergogna del nostro secolo''. E di questa convinzione fece uno dei suoi cavalli di battaglia fin dalla sua elezione a cardinale nel '69, quando a fianco del primate Wyszynski, fu identificato come leader spirituale dell'opposizione al regime comunista polacco.

Contro la "tragica utopia" del marxismo

''L'elezione del cardinale di Cracovia e la sua prima visita in Polonia nel 1979 sono state uno dei principali segnali per le forze controrivoluzionarie. L'agosto polacco (del 1980, dal quale nacque Solidarnosc) non sarebbe stato possibile se a Roma non ci fosse stato un papa polacco''. Fonte e data sono significative: lo scrivono, l'11 luglio 1982, la 'Tass', le 'Izviestia' e vari altri giornali sovietici, in un duro attacco a Papa e Chiesa polacchi, con l'autorevolezza che quindi deriva dalla necessaria approvazione del Cremlino.
Quella contro la 'tragica utopia' del marxismo è stata la grande battaglia di Giovanni Paolo II. Luogo centrale dello scontro la Polonia, naturalmente. Ma fu guerra a tutto campo. Lo si vide subito: Puebla, in Messico, il 28 gennaio 1979, è Papa da tre mesi, al suo primo viaggio all'estero: parla alla III Assemblea dei vescovi di un'America Latina nella quale sono vive le analisi marxiste della teologia della liberazione. E la sua è la sconfessione frontale delle cosiddette Chiese popolari e dei movimenti cattolici filocomunisti. Cose che ripeterà nel 1983 in Nicaragua, quando lo si vedrà redarguire Ernesto Cardenal, uno dei preti che fanno parte del governo sandinista. Quello stesso anno, in occasione del suo secondo viaggio in patria, un periodico clandestino  scrive che i lavoratori polacchi si attendono dalla visita del Papa un'amnistia generale, una rinascita morale della nazione, senso dell'unità e spinta per uscire dalla situazione di crisi e chiedono, tra l'altro accesso della Chiesa ai mass media che seguono il viaggio, per evitare distorsioni della verità.
Wojtyla non era un anticomunista 'viscerale'. Ha combattuto il comunismo in quanto convinto che fosse un'ideologia nemica della fede e quindi della verità e dell'uomo, un peccato insomma. Al marxismo riconosceva che ''le esigenze dal quale aveva preso storicamente le mosse, erano reali e gravi'', come disse a Riga il 9 settembre del '93. ''La situazione di sfruttamento - spiegò - a cui un inumano capitalismo aveva sottoposto il proletariato fin dai primordi della società industriale rappresentava infatti un'iniquità che anche la dottrina sociale della Chiesa apertamente condannava. Questa, in fondo - commentò - era l'anima di verità del marxismo''.

L'apertura verso le altre religioni 
''Io Papa della Chiesa di Roma, chiedo perdono, a nome di tutti i cattolici, dei torti inflitti ai non cattolici nel corso della storia''. Sono le parole del Pontefice nel 'Mea culpa' pronunciato in San Pietro nel 2000. Dopo la pace e l'unità tra i cristiani, la terza grande sfida di Wojtyla è il dialogo e l'apertura con le altre grandi religioni del mondo.
In quest'ottica il Papa organizza incontri ecumenici, coinvolge i leader delle religioni del mondo, crea occasioni di incontro, anche se da sempre chiarisce i limiti dello scambio: ''Nessuna forzatura e nessuna volontà di conversione''.
I due eventi più importanti, entrambi all'insegna della preghiera a favore della pace, si svolgono ad Assisi: sono i due incontri dell'ottobre 1986 e del gennaio 2002 tra tutti i rappresentanti delle religioni del mondo. Il Pontefice prega con ebrei, buddisti, scintoisti, ortodossi, islamici protestanti a molti altri anora. Ognuno prega a modo suo e la basilica del poverello di Assisi si trasforma in un simbolo indimenticabile di pace e amore universale.

L'abbraccio ai "Fratelli Ebrei"

''Ha aperto una nuova pagina tra ebrei e cristiani, ha definitivamente chiuso duemila anni di incomprensioni, incomunicabilità e sofferenze''. Cosi' l'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff descrive il percorso compiuto da Papa Wojtyla nei confronti degli esponenti del popolo ebraico (da lui definiti i ''fratelli maggiori'' dei cristiani). Momenti centrali di questo cammino la visita alla Sinagoga di Roma (13 aprile 1986) e al Muro del pianto di Gerusalemme (26 marzo 2000). Nella prima occasione rimangono storiche le parole d'affetto pronunciate dal Pontefice: ''La religione ebraica non ci e' estrinseca ma in qualche modo intrinseca. Abbiamo quindi verso di essa rapporti che non abbiamo con nessun altra religione. Siete i notri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori''. A Gerusalemme Wojtyla mette in una fessura del Muro del pianto un biglietto in cui chiede scusa di tutte le offese recate dai cristiani agli ebrei.

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16 ottobre 2003
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