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Italia Radioattiva

Sul decreto/bis approvato dalla Camera, e sulle paure che il fantasma radioattivo sta seminando in tutte le regioni d'Italia

10 dicembre 2003
Tra il caso dell’acqua avvelenata da presunti ecoterroristi, l’arrivo dell’inverno e il conseguente periodo natalizio fatto di compre e letizia, si rischia di perdere di vista il caso scorie radioattive in Italia.
Scanzano Ionico è salva, e il Governo ha tolto definitivamente la Basilicata dalla terribile lista dei candidati a diventare pattumiera radioattiva.
Ciò ha risolto i problemi della regione lucana, ma non del resto delle regioni, che già prima della rivolta di Scanzano erano presenti nella suddetta lista.
Fra i candidati, nell'originaria lista di 45 siti considerati geologicamente idonei (quasi tutti nel meridione), esistono ben 36 comuni siciliani distribuiti tra le province di Palermo, Caltanissetta, Enna e Agrigento, dove nella settimana scorsa è stata presentata un’interpellanza dal senatore Ds-Ulivo, Costantino Garraffa per scongiurarne la scelta .
In ultima analisi, per il governo tra i cinque siti maggiormente accreditati ben tre sono siciliani.
Calogero Miccichè, dei verdi, ha presentato un disegno di legge al Parlamento regionale, marcando che ''La paventata utilizzazione della Sicilia come sito alternativo per il deposito di scorie nucleari non è né possibile e né pensabile''. Per Miccichè, ''una Regione che punta le sue speranze di crescita, sociale ed economica, sul turismo non può essere trasformata in un enorme contenitore di sostanze radioattive''.

E fino a qui il discorso fila e le paure sembrano largamente giustificate. Intanto mentre il fuoco arde sotto la cenere e in molti si dicono pronti a riproporre le manifestazioni lucane, il governo la sua scelta l’ha fatta. Ha sì cambiato idea su Scanzano, ma l’intento della creazione di un sito raccogli scorie tutto italiano resta.
L'Aula della Camera, infatti, ha dato il via libera, giorno 4 dicembre, ad un decreto legge ben diverso da quello "nato" in Consiglio dei Ministri il 13 novembre scorso, e non solo perché "scompare" il comune di Scanzano Ionico come sito individuato per la realizzazione del deposito unico nazionale sotterraneo, ma anche perché con l'emendamento della Commissione il provvedimento approvato prevede da un lato la realizzazione di un deposito solo per le scorie di III categoria (le più pericolose); dall'altro «la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi di I e II categoria avvalendosi del supporto della Sogin e attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri».
C'è inoltre un'altra novità significativa (e di grande responsabilità) introdotta con la proposta di modifica di Alleanza Nazionale: la scelta del sito deve essere fatta d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni entro un anno. E in caso di fallimento dell'intesa sarà il Presidente del Consiglio a fare la scelta definitiva.
 
Per le scorie di bassa e media pericolosità, quindi, viene previsto lo stoccaggio definitivo in uno o più siti utilizzando le procedure ordinarie. Mentre per la messa in sicurezza dei rifiuti ad alto rischio si prevede l'individuazione di un sito unico affidandone la gestione complessiva ad un commissario straordinario che si avvarrà di una commissione tecnico-scientifica istituita con compiti di valutazione e di alta vigilanza. Commissione che, in seguito alle modifiche apportate dall'Aula, non sarà più composta da 16 membri ma da 19.
Rispetto al testo originario nel decreto Bis esiste un ulteriore cambiamento: non viene più prorogata l'ordinanza del marzo 2003 che aveva nominato il generale Carlo Jean a commissario straordinario. La copertura del decreto in ogni suo aspetto è ora a carico della Sogin (Società Gestione impianti Nucleari).
Hanno votato contro il decreto Ds, Sdi, Rifondazione comunista, Margherita, Verdi.

Il ministro Carlo Giovanardi si è detto soddisfatto che la Camera dei Deputati abbia approvato in prima lettura il decreto sulle scorie nucleari accogliendo l'idea, da lui avanzata, di localizzare più siti regionali sul territorio nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi provenienti dalle aziende e dalle strutture ospedaliere.

E proprio sulle scorie prodotte dalle strutture ospedaliere hanno creato un caso a se stante
Affermano infatti i Radiologi, che le polemiche sulle scorie hanno creato un’ondata di paure verso la medicina nucleare. Paure ingiustificate e contro produttive, nei pazienti bisognosi di terapie mediche.
In poco parole, l'affermazione che gli stock delle scorie nucleari contengono anche rifiuti ed avanzi di attività mediche, sta creando la allarmante e falsa impressione che entrambi i tipi di rifiuti siano ugualmente destinati ad essere eliminati in decenni, se non in centinaia di anni. E fa nascere l'errata convinzione che siano ugualmente pericolosi per la Salute. Tutto questo alimenta, in quei pazienti bisognosi di prestazioni diagnostiche e terapie mediche con l'ausilio degli isotopi radioattivi una ulteriore preoccupazione che in qualche caso fa ritardare l'accesso alle cure.
“C'è da dire che gli isotopi radioattivi contenuti nelle scorie delle centrali nucleari - afferma Lucio Mango del Direttivo dell'Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare - rimangono radioattive per decenni e anche più e giustamente vanno protette in luoghi dove non possano più nuocere. I residui dei radioisotopi utilizzati in medicina ed eliminati dal paziente, hanno una vita brevissima, addirittura dopo ore o qualche giorno la radioattività contenuta scompare. Non bisogna dimenticare che nelle prestazioni medico-nucleari si ricorre a questo tipo di radioisotopi e a dosi veramente minime”.
Mango aggiunge che il complesso problema dello smaltimento dei rifiuti nucleari va risolto al più presto. Una delle difficoltà per la soluzione risiede, a quanto si afferma anche in ambienti autorevoli, alla quantità di tali scorie. Sarebbe opportuno allora separare le scorie, quelle bisognose di decenni per “morire” che devono trovare un sito altamente sicuro, da quelle che quotidianamente vengono prodotte nelle strutture mediche. Certamente il carico dello stock calerebbe di molto.

Bisogna comunque ricordarsi che esistono già dei siti dove le scorie prodotte dai diversi settori vengono depositate. Sono circa novanta i capannoni e i bunker che da un capo all'altro dell'Italia già ospitano depositi di rifiuti radioattivi e di combustibile irraggiato. Di questi 90 capannoni, 20 si trovano nel Lazio, 16 in Piemonte, 12 in provincia di Matera e 10 in Lombardia. Nel Lazio il materiale nucleare è stoccato soprattutto nel centro di Casaccia, alle porte di Roma, e a Borgo Sabotino in provincia di Latina. In quest'ultimo centro esistono ben 10 aree di deposito.
Nel Piemonte le zone interessate dalla presenza di materiale radioattivo sono soprattutto quelle di Vercelli e Alessandria. Si contano 10 depositi, per complessive 20 aree di stoccaggio, disseminate fra Trino Vercellese (Vc), Saluggia (Vc), Tortona (Al), Avogadro (Vc), Boscomarengo (Al), Campoverde (Al). In Lombardia i depositi si trovano a Milano, Ispra (Va) e Pavia; quelli emiliano-romagnoli sono a Caorso (Pc) e Forlì. Tutti gli altri sono sparpagliati per la Penisola: a Palermo, a Termoli, nei pressi di Caserta, a due passi da Taranto, a Pisa. Nel deposito di Rotonella in provincia di Matera si trovano 12 aree di stoccaggio.

Questi depositi sono per la maggior parte gestiti dalla Sogin, la stessa società che per conto del governo ha individuato a Scanzano Jonico il sito unico nazionale per le scorie radioattive. Altri depositi, ad esempio a Palermo e Milano, sono gestiti dalle università; quello di Varese lo gestisce l'Euratom; a Casaccia di Roma se ne occupano l'Enea, la stessa Sogin e la Nucleco; anche la Fiat Avio si occupa di rifiuti nucleari, a Saluggia (Vc); altri depositi sono affidati alla cura di consorzi o di società. Ognuno di questi soggetti è sottoposto alla vigilanza dall'Apat, l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente.

Le regioni nelle quali non esistono depositi per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi provenienti da centrali dismesse e di combustibile irraggiato sono Calabria, Liguria, Umbria, Friuli, Trentino, Val d'Aosta, Marche, Sardegna, Abruzzo, Veneto. Ciò, tuttavia, non vuol dire che esse siano immuni dalla presenza di sostanze radioattive sul loro territorio, magari stoccate anche in grandi quantità e in condizioni di sicurezza tutte da verificare. Infatti, a parte le scorie radioattive dovute ai materiali di scarto delle vecchie centrali nucleari, e dai residui lavorati provenienti dalle industria chimiche e siderurgiche, e dagli organismi scientifici, in tutte le regioni d'Italia cresce la produzione di altre sostanze radioattive, alcune delle quali di grado alto, dovuta alle attività ospedaliere.

F.M.

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10 dicembre 2003
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