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L'Iraq agli iracheni

Con due giorni d'anticipo l'Iraq passa al nuovo governo iracheno guidato dal premier moderato Iyad Allawi

28 giugno 2004

Con due giorni d'anticipo l'Iraq è stata riconsegnata dalle forze d'occupazione, guidate dagli Stati Uniti, agli iracheni. Il passaggio di consegna tra le forze della coalizione e il nuovo governo iracheno guidato dal premier Iyad Allawi è infatti avvenuto stamane, 28 giugno 2004, invece del 30 giugno, data che era diventata simbolica prima ancora che ogni certezza diplomatica si potesse solo immaginare.
La bandiera irachena sventola da questa mattina per la prima volta sul palazzo che ha ospitato la sede della coalizione provvisoria d'occupazione.

E' stato questo un gesto di fiducia nei confronti del nuovo governo iracheno, che da giovedì scorso gestiva tutti i 26 ministeri, e una mossa per complicare gli eventuali piani di guerriglia e terroristi. Si può leggere in questi termini la decisione Usa di anticipare a sorpresa di due giorni il cambio della guardia in Iraq.
Stando alle fonti d'informazione "il passaggio di poteri rafforzerà il governo iracheno ad interim e gli darà più possibilità di affrontare la violenza crescente nel Paese e la minaccia del terrorismo".

Oggi stesso  il capo dell'autorità provvisoria della coalizione di occupazione in Iraq (Cpa, creata il 16 maggio del 2003), Paul Bremer lascerà l'Iraq, mentre a Istanbul la Nato sta definendo i termini della sua missione in Iraq con l'invidio di istruttori per addestrare le forze di sicurezza e i militari di Baghdad.
Un contributo della Nato era stato espressamente richiesto dal premier iracheno ad interim Iyad Allawi.
Visibilmente soddisfatto il nuovo leader iracheno ha detto nel suo discorso: "Questa è una data storica. Ci sentiamo in grado di controllare la situazione". Bremer ha risposto in modo altrettanto solenne: "avete detto di essere pronti per la sovranità e noi siamo d'accordo. Lascio l'Iraq fiducioso nel suo futuro".

Resta comunque forte l'apprensione per la situazione della sicurezza nel paese mentre si segue con trepidazione la vicenda dei tre ostaggi turchi e del marine Usa rapiti. Da Istanbul, il ministro degli esteri iracheno Zebari ha ammesso: "Ci aspettiamo che ci siano più attacchi suicidi, più atti terroristici per distruggere questo processo e per far sembrare questo nuovo governo debole e senza controllo". "Dopo il passaggio della sovranità - ha risposto Zebari a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la situazione della sicurezza - l'Iraq dovrebbe avere il controllo, e se pianificano più attacchi noi potremmo tornare a chiedere alla coalizione di essere più coinvolta e impegnata: così (i terroristi) crederebbero di aver raggiunto il loro obiettivo, di dimostrare che non siamo indipendenti. Questa è la strategia". "E questo - ha concluso il ministro di iracheno - è il motivo per cui ci serve molto sostegno".

La cosciente preoccupazione da parte dei membri del nuovo governo iracheno, viene nuovamente vissuta in queste ore dai militari del contingente italiano, che sono stati attaccati stamane nel corso di un operazione di controllo del territorio, a nord della provincia di Dhi Qar a circa 180 km da Nassiriya, e per via delle minacce altissime da parte dei terroristi di Al Qaeda, che in Iraq oltre al giordano Al Zarqawi (che sembra sia stato arrestato da quanto si apprende dalla tv araba Al Jazira) può contare su almeno otto leader a capo di cellule e gruppi che hanno dichiarato guerra all'occidente e agli iracheni moderati, e che tenteranno "azioni eclatanti" proprio in concomitanza con il passaggio dei poteri al governo del premier Ayad Allawi

E la minaccia riguarda nello specifico l'Italia, "per il suo contingente militare presente in Iraq" e anche "all'interno dei confini nazionali". L'uccisione sabato scorso dell'emiro Nabil Sarahaoui, il leader algerino del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento potrebbe infatti "provocare una reazione in Italia e in Europa dove la filiera salafita conta numerose cellule e gruppi".
Alla minaccia irachena e alla mappa delle cellule che guidano la guerriglia in Iraq è dedicato l'ultimo dossier dell'intelligence frutto di scambio di informazioni tra Sismi e servizi collegati tra cui Cia e Mossad.

E mentre l'Iraq ritorna iracheno, e l'Italia viene minacciata dal terrorismo sempre più da vicino, l'impopolarità del presidente americano George W. Bush aumenta in maniera esponenziale. Come in Italia e in Francia, anche in Turchia Bush è stato salutato negativamente da migliaia di manifestanti che hanno provocato, purtroppo diversi scontri con la polizia di Istambul. 
Anche a casa propria W. Bush non gode più di ottima reputazione, infatti da un sondaggio di Cnn/Usa Today appena pubblicato, per la prima volta dall'inizio della guerra in Iraq, il 20 marzo 2003, una maggioranza di americani ritiene che sia stato un errore inviare truppe in quel Paese, e che ciò non abbia contribuito a proteggere gli Stati Uniti dal terrorismo. Gli americani che giudicano la guerra un errore sono saliti dal 41% di inizio mese al 54% tra il 21 e il 23 giugno, quando è stato realizzato il sondaggio. Il 55% degli americani sono del parere che il loro Paese non sia più al riparo dal terrorismo rispetto a prima della guerra.
Il sondaggio è stato realizzato su un campione di 1.005 persone e denuncia un margine d'errore tra 3 e 4,5 punti. Se si votasse oggi - rileva l'inchiesta - Bush otterrebbe il 49% dei suffragi, mentre il democratico J.F.Kerry il 48 %.

- La risoluzione ONU 1546

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28 giugno 2004
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