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L'Italia? Un paese che sta rischiando, sul serio, di rimanere senza... cervelli

La Ricerca era fra i punti fondamentale nella campagna elettorale della maggioranza, ma adesso...

10 novembre 2003
Cervelli in fuga: La rivolta dei 1.700
di Claudia Di Giorgio

Ormai, sono pronti ad andarsene. Venerdì scorso, a Roma, 200 degli oltre 1.700 giovani ricercatori italiano che aspettano inutilmente da uno, o magari due anni, di avere il posto vinto con regolare concorso, hanno convocato la stampa e mostrato i passaporti, i biglietti d'aereo, i contratti firmati con università ed enti di ricerca di altre nazioni. Ed hanno ripetuto che di emigrare, loro, non avrebbero voglia. Che non pensavano di diventare dei cervelli in fuga, che anzi hanno creduto, e credono ancora, nella ricerca italiana: come dimostrano i loro lunghi anni di precariato pagati a volte meno di una colf, all'interno delle nostre istituzioni, e la scelta di concorrere a posizioni professionali che all'estero sarebbero pagate il triplo.

A non credere nella ricerca, hanno detto, è la politica di questo governo, che nella finanziaria 2004 ha riproposto per il terzo anno di fila il blocco delle assunzioni: negando così non solo e non tanto i diritti di 1.700 ricercatori che hanno vinto un concorso, ma l'"emergenza giovani" che affligge l'università e la ricerca pubblica in Italia, che dopo essere rimaste senza fondi oggi rischiano di restare anche senza ricercatori.
Le contraddizioni, e i paradossi, messi in evidenza sono molti. La scelta di rinnovare il blocco all'ingresso dei giovani - si è detto - contraddice sia le ripetute dichiarazioni della maggioranza di voler arginare la fuga dei cervelli, sia le recenti misure di defiscalizzazione, peraltro assai ambigue, per il rientro dei ricercatori dall'estero. Inoltre, è ben noto che il numero dei ricercatori italiani è molto al di sotto della media europea, e molto distante dalla cifra necessaria per mantenere la capacità di competere con le nazioni a cui ci riteniamo equivalenti per reddito e cultura. Come si concilia con questo il rinnovo del blocco delle assunzioni?
Paradossale, poi, è il fatto che i fondi per l'assunzione dei 1700 sono già stati stanziati nei budget degli atenei, che sono pronti ad assumerli, ma non possono farlo a causa delle strategie finanziare elaborate del ministero Tremonti. Il quale, d'altro canto, è però disposto a stanziare un miliardo di euro per creare un "Istituto Italiano di Tecnologia", facendo arrabbiare persino scienziati vicini al governo.

"Le assunzioni vanno sbloccate, e subito", chiedono ora i 1700. Assieme a loro, lo chiedono i democratici di sinistra, che vorrebbero anche un piano straordinario per il reclutamento di altri giovani ricercatori, ed una lunga lista di eminenti scienziati, tra cui Giorgio Parisi e Margherita Hack. E lo chiede perfino il ministro Moratti, che spiega di aver presentato un emendamento per rimuovere il blocco delle assunzioni per i ricercatori. "Mi auguro", scrive la Moratti, "che il governo, che lo dovrà valutare nella sua collegialità, lo accolga".


Sull’Università  italiana che rischia scandalosamente di perdere competitività
I dati di Confindustria presentati al convegno "Orientagiovani" tenutosi a Napoli
Secondo Confindustria, il 10% della popolazione italiana tra i 25 ed i 64 possiede una laurea, e il dato sale al 12% nella classe di età tra 25 e 34. Nell'Unione Europa, però il valore medio è pari al 29%. Inoltre, sempre secondo i dati diffusi da Confindustria, solo il 4% degli studenti italiani si laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, mentre ben il 63% esce dagli atenei con tre o più anni di ritardo. Tra tutti i laureati, poi, soltanto il 67,4% risulta occupato in un'attività per la quale è richiesta una laurea stessa.
I dati, definiti dall'associazione degli imprenditori "più gravi", riguardano però la spesa per l'istruzione: in Italia si investe in formazione ed istruzione il 6% del Pil, una cifra analoga a quella degli altri Paesi europei, ma da noi la spesa italiana per l'Università resta tra le più basse dell'Ue: 7.500 dollari per studente a fronte di una media europea di 9.700 dollari.

Nonostante ciò - proprio in virtù dei ritardi nel conseguire la laurea - la spesa per laureato è nel nostro Paese di gran lunga più elevata rispetto ad altri Paesi. E in "rosso"' è anche il rapporto docenti-studenti (1 a 24), mentre in Francia è di 1 a 17, in Finlandia 1 a 16, negli Usa di 1 a 15 e in Germania di 1 a 12.
Soltanto 12 studenti su 100, infine, ricevono in Italia aiuti per i loro studi. Una percentuale risibile di fronte al 90% dell'Olanda, all'83% della Finlandia, al 45% della Francia e al 40% dell'Irlanda.

Fonte: La repubblica

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10 novembre 2003
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