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Per la Cassazione l'obesità è una malattia invalidante. Anche gli obesi avranno l'assegno di invalidità

Finora il sovrappeso era considerato una malattia non grave

16 settembre 2004

"Disgustosi ciccioni, magnoni senza freno che non rispettano il proprio essere per gola ed ingordigia".
Bandendo tutti gli inutili buonismi e le dannose ipocrisie, ecco, su per giù, cosa pensa la maggior parte delle persone delle persone obese.
"Ma bisognerebbe tenere presente che gli obesi hanno dei seri problemi", direbbe l'uomo che ha nell'analisi e nel ragionamento il segno ben evidente della propria civiltà.
"Ma chissenefrega! Magnassero de meno!", risponderebbe la massa che come un unico corpo vive dentro e fuori la comunità. Che è la comunità.

A parte gli scherzi, l'obesità che è diventata uno dei problemi sociali più evidenti, non era considerata una malattia grave, di conseguenza chi ne era affetto doveva patirne le conseguenze senza poter chiedere aiuti o sovvenzioni come per tutte le altre malattie invalidanti, in più l'atteggiamento sociale di cui sopra si è cercato di dare un esempio, faceva vivere la disagevole condizione dell'obeso come una vergognosa colpa.
Finalmente la Cassazione riconosciuto l'obesità grave a tutti gli effetti una malattia invalidante, e  con una sentenza che farà giurisprudenza, ha stabilito che non sono più vincolanti le tabelle - fissate da un decreto ministeriale del 1992 - usate per misurare il punteggio di invalidità e che attribuiscono una percentuale di handicap agli obesi che in nessun caso supera il 40% (per avere l'assegno di invalidità serve il 74%).

Ad avviso dei magistrati della Suprema Corte, specie nelle forme gravi di accumulo adiposo, occorre valutare questa disfunzione in "maniera svincolata dai limiti tabellari" e dare punti più elevati, superiori al 40%, a chi ha un rapporto molto squilibrato tra altezza e peso corporeo. A questa decisione - sentenza 16251 della Prima sezione civile - ha portato la vicenda di una donna, un metro e mezzo di altezza per 130 chili, concentrati soprattutto sulle cosce. Proprio per le sue dimensioni, la signora aveva chiesto di essere dichiarata invalida al 74%, ma il ministero aveva bocciato la sua richiesta. Così la donna si è rivolta (senza successo) alla magistratura che per due volte - prima il Tribunale e poi la Corte di Appello torinese - le rispose che, nonostante la mole, non raggiungeva il punteggio necessario.

Contro il "no" la donna si è rivolta alla Cassazione e il suo ricorso ha fatto breccia tra i giudici che lo hanno accolto, nonostante il parere contrario espresso dalla Procura che aveva, addirittura, chiesto "l'inammissibilità" del reclamo.
La Cassazione ha specificato che una "situazione come quella della ricorrente richiede una indagine diretta ad acclarare il grado di invalidità, svincolata dai limiti specificati dalle tabelle".
In pratica, adesso, alle persone gravemente obese, potrà essere riconosciuto un punteggio di handicap maggiore del 40% dato che - per effetto di questa decisione della Suprema Corte - i periti chiamati a valutare il livello di obesità dovranno tenere presente non più solo le tabelle, ormai inadeguate per misurare le nuove obesità, bensì la reale situazione "invalidante" di chi è afflitto da questa malattia.

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16 settembre 2004
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