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Turismo "insostenibile" ?

Se il "Mafia tour", guidato dal figlio di Bernardo Provenzano, diventa volano per il turismo siciliano

30 marzo 2015

Ogni settimana, e qusto avviene oramai da mesi, gruppi di turisti americani in visita in Sicilia, e nella fattispecie a Corleone, incontrano il figlio del capomafia Bernardo Provenzano, Angelo.
I meeting avvengono durante la tappa palermitana di un viaggio organizzato dal tour operator di Boston Oat - Overseas adventure travel. Nel corso degli incontri Provenzano, 39 anni, racconta ai turisti la sua vita e il rapporto col padre. Gli interventi sono preceduti da una breve introduzione sulla storia della mafia fatta da uno degli organizzatori.
Dopo una prima fase "sperimentale" gli incontri sono diventati tappa fissa del tour: enorme l'interesse suscitato nei turisti dai racconti del primogenito del boss.
Al termine dei meeting gli "spettatori" - generalmente professionisti e intellettuali che arrivano da ogni parte degli Stati Uniti - rivolgono a Provenzano una serie di domande sulla figura del padre, ma anche sulle difficoltà che nascono dal portare un cognome tanto "ingombrante".

Gli incontri sono partiti lo scorso settembre e nel periodo estivo, quello di maggiore flusso turistico, arriveranno a due a settimana. "Per me si tratta di una opportunità lavorativa importante in un settore, quello turistico, nelle cui potenzialità ho sempre creduto. E poi confrontarmi con una cultura diversa dalla nostra e scevra da pregiudizi mi pare un'avventura molto stimolante", dice Angelo Provenzano. "Resta il fatto che vorrei una vita più normale possibile. Ma mi rendo conto che non c'è speranza".

Su questi incontri è scoppiata una polemica pesante. Le parole più severe sono state quelle di Maria Falcone, la sorella del giudice morto a Capaci: "È vero, le colpe dei padri non devono ricadere sui figli - dice - ma non si può speculare sulla mafia, una storia che ancora gronda sangue". Il fratello di Peppino Impastato, Giovanni, lancia un appello al giovane Provenzano: "Rompi con tuo padre. Apprezzo gli sforzi che stai facendo, per un lavoro onesto. Ma è di cattivo gusto incontrare i turisti". Sul caso è intervenuto anche il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che indaga sul clan di Corleone: "C'è il rischio che in questi incontri Provenzano finisca per esaltare il ruolo del padre".

L'iniziativa non piace proprio all'assessore regionale al Turismo Cleo Li Calzi, che nel suo profilo facebook scrive: "Trovo assurda e offensiva per la nostra terra la notizia dell'organizzazione turistica che prevede viaggi a Corleone con una guida di eccellenza: il figlio di Bernardo Provenzano. Chiedo a tutti i siciliani che hanno a cuore il bene collettivo e lo sviluppo della Sicilia di boicottare questa iniziativa e a indignarsi con chi la rende possibile". E aggiunge: "Proponiamo al Provenzano junior che se proprio vuole fare la guida turistica "guidi" la Magistatura a conoscere dove nel territorio si annidano ancora esponenti della criminalità organizzata e dove le ricchezze criminalmente accumulate".
Il segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Dino Paternostro, invita il tour operator a cambiare programma: "La vera storia della mafia fatela raccontare ai familiari delle vittime".
Il rappresentante della "Oat" per il Sud Italia però difende l'iniziativa: "I nostri ospiti, che hanno più di 60 anni, vogliono conoscere per davvero la terra che visitano - dice Salvo Cascino - li facciamo incontrare anche con i pescatori di Portopalo e con gli immigrati che arrivano in Sicilia. Altro che mafia-tour. Noi raccontiamo il Sud con tutti i problemi".

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30 marzo 2015
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