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Django Unchained

L’omaggio di Quentin Tarantino agli "Spaghetti Western" e alla tolleranza

17 gennaio 2013

Noi vi segnaliamo...
DJANGO UNCHAINED
di Quentin Tarantino

Stati Uniti del Sud, due anni prima della Guerra Civile. Il dottor King Schultz, sulle tracce dei fratelli Brittle, prende con sé lo schiavo Django e lo addestra come cacciatore di taglie. Durante le varie missioni a fianco di Schulz, Django giungerà nella piantagione dello spietato proprietario terriero Calvin Candie, in cui dovrebbe essere prigioniera sua moglie Broomhilda...

Anno 2012
Nazione Usa
Produzione Columbia Pictures, The Weinstein Company
Distribuzione Warner Bros. Pictures Italia
Durata 165’
Regia, Soggetto e Sceneggiatura Quentin Tarantino
Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo Di Caprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson, Don Johnson, Franco Nero
Genere Western


In collaborazione con Filmtrailer.com

La critica
"Non fosse un western sarebbe un romanzo di formazione. Con lo schiavo nero liberato dal cacciatore di taglie bianco che scopre una realtà sconcertante. Visto dalla parte dei dominatori, il mondo dello schiavismo fa ancora più schifo. Provare per credere: il «liberato» Django impara a sparare, a recitare, a soffocare i suoi sentimenti, a mandare a morte i fratelli senza battere ciglio. Una cosa sola non impara. A usare le parole come armi. A quello pensa il tedesco, modi soavi e pistole letali. Perché nel mondo «civilizzato» ci si uccide per un pezzo di carta o per una stretta di mano sbagliata. Tarantino retrodata di un secolo il «buddy movie» bianco/nero. II vero pulp arriva solo nell'epilogo, lungo e esplosivo. Ma il meglio è nelle due ore precedenti."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

"'Django Unchained', cioè scatenato, è esemplare della sensibilità, dello stile, delle doti di Quentin Tarantino. Dopo aver pescato qui e là nella sua conoscenza cinematografica enciclopedica e nella sua passione per il cinema italiano di genere, si sofferma sul western. Cioè il massimo di americano attraverso la lente deformante dell'incursione italiana operata quasi messo secolo fa da Leone e compagni. C'è un modello, il film 'Django' del '66 di Sergio Corbucci con Franco Nero nel ruolo di un reduce nordista vendicatore che fa strage di due intere bande grazie all'arma micidiale che trascina con sé nascosta dentro una bara. Pur partendo da lì e riusando molto materiale (a cominciare dalla ballata di Bacalov) Quentin non solo racconta una storia tutta virata sulla questione dello schiavismo, ma soprattutto (ri)dimostra una capacità di reinvenzione unica. Resta forse un po' banalmente da chiedersi, vista la posizione di primissimo piano del regista nel panorama mondiale di oggi, quanto la dotazione inventiva e spettacolare sia anche una chiave di interpretazione che superi le due ore e mezzo di botti e godimento."
Paolo D'Agostini, 'La Repubblica'

"La grande marcia verso l'Ovest, le guerre indiane, la lotta al banditismo, la costruzione della ferrovia transcontinentale: erano questi i motivi al centro dell'epopea Western, un genere che il cinema italiano riportò a nuova vita sotto forma di «Spaghetti», riducendolo a un ironico teatrino di violenza e privandolo di agganci alla Storia. Al western nostrano si ispira Quentin Tarantino, il quale con 'Django Unchained' riprende il personaggio creato da Sergio Corbucci nel 1965, facendone uno schiavo nero, socio in affari di un bizzarro cacciatore di taglie tedesco che lo ha liberato dalle catene. (...)

Nell'intero film il tema della schiavitù è trattato con la stessa disinvoltura a stravolgere la storia già mostrata in 'Bastardi senza gloria'. Ma si sa che il regista di 'Pulp Fiction' si preoccupa della filologia solo quando paga pegno alla cinefilia, inanellando dotte citazioni (fra cui l'apparizione in una breve scena del Django originario, Franco Nero) e strizzando l'occhio ai film di samurai come al cinema di Hong Kong. Tuttavia il suo giocare al B Movie è in qualche modo truccato: nella migliore tradizione di Hollywood, Quentin ha impiegato divi di prima fila e sviluppato una sceneggiatura che, se pur si compiace di scivolare nella goliardata e nel sadismo con tanto di vistosi spruzzi di sangue, è un tipico distillato del suo talento di scrittore succoso e divertente. In 'Bastardi senza gloria', film più riuscito, la formula funzionava meglio: però anche qui le quasi tre ore di proiezione scorrono piacevoli; e il cattivo possidente del Sud Leonardo di Caprio e, soprattutto, il tedesco compito di modi e rapido a uccidere cesellato da Christoph Waltz sono memorabili."
Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa'

"(...) siamo nel cuore dell'universo tarantiniano, tra dissertazioni filosofico-linguistiche e spaghetti western, in salsa blaxploitation. Ora, dopo 'Django Unchained' anche i più strenui detrattori di Tarantino dovrebbero dirsi almeno «persuasi» che la sua arte o mestiere sia arrivata a dei livelli ragguardevoli, soprattutto da quando il regista ha deciso di virare il suo solito pastiche nei luoghi di un'irriverente, quanto efficace, riscrittura storica. Pochi registi contemporanei come Tarantino hanno saputo dividere la critica, creando fazioni così opposte da scatenare una specie di guerra santa storico-cinefila.

È una diatriba che prosegue dai tempi delle 'lene', tra chi accusa Quentin di solo plagio e chi vede nel suo citazionismo estremo una chiave di assoluta originalità. Nel mezzo non si poteva stare, anzi il mezzo non c'era. Ora i «neo-persuasi» tarantiniani dovranno portare la contesa su un altro campo e dimostrare che il Tarantino neo-storico sta riuscendo a far risaltare gli sfondi su cui poggiano i suoi raffinati origami. Prima 'Bastardi senza gloria' su una pagina immaginata ma mai realizzata della Seconda Guerra Mondiale, ora 'Django Unchained' sul riscatto degli schiavi neri pochi anni prima della Guerra Civile... Tarantino, nella sua maturità cinefila, prendendo spunto dai generi per poi spesso tradirli, sta riscrivendo una sua personale contro-storia impartendo una qualche lezione. Sempre divertendosi."
Dario Zonta, 'L'Unità'

"È impossibile non amare un film che apre con i titoli di testa, ovviamente rossi, sulle note della celebre 'Django' composta da Luis Bacalov e cantata da Rocky Roberts per il film di Sergio Corbucci e si conclude con 'Lo chiamavano Trinità' di Franco Micalizzi mentre il suo eroe, il nuovo Django di Jamie Foxx, è diventato da schiavo barbuto un sofisticato eroe da blaxploitation anni '70 con occhialetto nero che lascia Candyland tra le fiamme. All'interno di questi due brani fondamentali per la storia degli spaghetti western, ci sarà di tutto, dagli omaggi a 'Mandingo' a 'The Legend of Nigger Charley', da 'Minnesota Clay' a 'Charley One-Eye', da 'The Bounty Killer' a 'Lo chiamavano King' da James Brown a Ennio Morricone, ma meno sostanza da spaghetti western di quel che i fan si aspettavano.

'Django Unchained' di Quentin Tarantino, esattamente come 'Inglorious Basterds' usava il maccaroni war movies, si serve di un genere molto amato, lo spaghetti western, e di tutti i suoi miti (...). Coi suoi americani stupidi, razzisti e analfabeti, i neri intelligenti e i tedeschi spiritosi e coltissimi, 'Django Unchained' è molto più profondo di quanto vi diranno. È molto più fuorviante e pieno di sorprese. (...) Inutile dire che gli attori sono tutti meravigliosi. Christoph Waltz domina il film, soprattutto nella prima parte, quella del viaggio, con una intelligenza impressionante. Jamie Foxx cresce piano piano e il suo ruolo diventa sempre più erculeo e poi shaftiano a Candyland. Leonardo Di Caprio e Samuel L. Jackson ci riportano in scena il mondo di Melville e di Poe, da 'Benito Cereno' a 'Gordon Pym', e si permettono grandi entrate e uscite teatrali rubando la scena a Waltz e Foxx. Franco Nero, il Django originale, viene giustamente omaggiato, ma ci sono grandi cammei di attori western e non di grande fascino, da Bruce Dern a Don Stroud, da Robert Carradine a Michael Parks. Tutti vecchi e bellissimi."
Marco Giusti, 'Il Manifesto'

Un omaggio agli italiani "Spaghetti Western" e in particolare al personaggio di "Django", ideato nel 1965 da Sergio Corbucci, interpretato da Franco Nero nel film omonimo, e che ha dato vita a una saga cinematografica diretta da autori e artisti varo. I rumors davano inizialmente Will Smith candidato al ruolo di Django. In seguito è stato affidato a James Foxx.

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17 gennaio 2013
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