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Eurospiccioli: utili contro l'inflazione o inutile ingombro per le tasche?

25 gennaio 2002
In questi giorni si discute vivamente, dentro il Governo, nelle sedi delle associazioni dei consumatori, ma anche nei bar e in fila nei supermercati, dell'utilità delle euromonetine (specie quelle da 1 e 2 centesimi, pressappoco 20 e 40 vecchie lire), che sembrano un passo indietro per molti consumatori italiani che da decenni non utilizzavano più i tagli da 5, 10 e 20 lire. 

I resti sovraccarichi di monetine ritardano le file nei negozi, appesantiscono le tasche della gente, contribuiscono all'infelicità dei mendicanti (che si vedono mollare in un solo colpo decine di monetine, con potere di acquisto ovviamente minimo ma alto grado di soddisfazione del caritatevole di turno) e per lo stesso motivo fanno tuonare i preti dall'altare.

Insomma le piccole monete da un centesimo di euro, fatte d'acciaio e rame dal peso di 2,3 grammi, alte 1,67 millimetri e grandi 16,2 millimetri sono al centro di una polemica nuova di zecca (è proprio il caso di dirlo).
L'epidemia che sta uccidendo le monetine partendo dalla Finlandia sta colpendo tutta l'Europa euroconvertita.

Di sicuro in Italia non ci sarà bisogno di un decreto del Governo (in Finlandia si è dovuto addirittura cambiare la Costituzione) per eliminare i piccolissimi tagli dell'euro.
Come per la moneta da 1 lira, che ha ufficialmente ancora corso legale ma non circola più da quarant'anni per la semplice ragione che non serve, così succederà per le nuove micro-monete: sarà l'uso e l'abitudine a renderle superflue.

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25 gennaio 2002
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