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George Harrison: Living in the Material World

Scorsese racconta la storia di George Harrison e di come la spiritualità è diventata parte fondamentale della sua vita

19 aprile 2012

Noi vi consigliamo...
GEORGE HARRISON: LIVING IN THE MATERIAL WORLD
di Martin Scorsese

Attraverso materiale d'archivio unito a interviste ad amici, familiari e colleghi il documentario racconta la storia di George Harrison, la sua vita e come la spiritualità è diventata una parte importante di essa.

Anno 2011
Nazione USA
Produzione Martin Scorsese, Olivia Harrison, Nigel Sinclair per Spitfire Pictures, Sikela Productions, Grove Street Productions
Distribuzione Good Films
Durata 208'
Regia Martin Scorsese
Montaggio David Tedeschi
Con George Harrison, Paul McCartney, John Lennon, Ringo Starr, Yoko Ono, Eric Clapton, Ravi Shankar, Phil Spector, Terry Gilliam, Olivia Harrison, Dhani Harrison
Genere Documentario



Olivia Harrison: il mio George raccontato da Scorsese
di Ernesto Assante (Repubblica.it)

Il documentario Living in the Material World, diretto da Martin Scorsese è un film emozionante. E non solo per chi ama George Harrison, ma anche e soprattutto perché presenta lo straordinario percorso personale e artistico di Harrison cercando, riuscendoci, di farne una storia esemplare, dalla quale ricavare un insegnamento.
«Credo che il messaggio del film sia semplice», dice Olivia Harrison, la vedova di George, a Milano per presentare il film, «prova a dire che nella vita si può sempre cercare di diventare un essere umano migliore».
Olivia Harrison non è come Yoko Ono, non è la «vestale» del culto di George, anzi è quasi con un pizzico di imbarazzo che presenta al pubblico il film. «Ma ho sentito che tutto quello che George aveva fatto nella sua vita meritava di essere raccontato. E questo film ne è la prova».

La scelta di Scorsese è arrivata dopo che «avevo visto il bellissimo film che aveva realizzato su Bob Dylan e ho pensato che fosse la persona adatta. Ha avuto carta bianca, ha scelto di realizzare il film a modo suo. Ho messo a sua disposizione centinaia di ore di filmati, George amava filmare, con ogni tipo di cinepresa e ha girato immagini di ogni genere, fin dai tempi dei Beatles». La storia che racconta Scorsese è quella di un ragazzino di diciassette anni che entra a far parte di una band che in brevissimo tempo conquista il mondo intero. E della sua crescita, della sua evoluzione, sia musicale che personale.
I tre temi fondamentali della vita di Harrison, la musica, la spiritualità e l’amicizia, vengono raccontati con l’aiuto di molte testimonianze, filmati inediti, brani musicali in versioni diverse da quelle conosciute, e il ritratto che ne viene fuori è quello di una persona alla costante ricerca di qualcosa di più profondo e importante della fama e del denaro. «Nel film c’è veramente George, con i suoi pregi e i suoi difetti. Molti dei suoi amici sottolineano che aveva due personalità diverse, ma tutto questo trovava una sintesi bellissima nella sua musica».

Nel film le persone importanti della vita di Harrison ci sono tutte, dai tre Beatles a Eric Clapton, da Klaus Voorman ai Monty Python, da Jackie Stewart a Ray Cooper, e ognuno aggiunge un tassello al bellissimo mosaico che Scorsese costruisce in oltre tre ore. E nel finale, quando Olivia e Ringo raccontano la morte di Harrison, è impossibile trattenere le lacrime. «Certo, è curioso vedere la tua vita su uno schermo», dice ancora Olivia Harrison, «raccontare cose personali, private. Ma George era cosi, parlava con franchezza estrema. E quando io provavo a dirgli che c’erano cose che forse dovevano restare nella nostra vita privata lui mi rispondeva che non aveva mai avuto una vita privata».
Olivia ha sposato George Harrison negli anni Settanta, è arrivata «dopo» i Beatles, ma oggi fa pienamente parte di quella straordinaria famiglia allargata che sono i Beatles: «Le nostre famiglie hanno un ottimo rapporto, facciamo tutti parte di una leggenda che è ancora viva». Una famiglia, quella dei Beatles, che, secondo notizie recenti, potrebbe tornare a suonare, mettendo insieme i figli musicisti, Jim McCartney, Zak Starkey, Sean Lennon e il figlio di Harrison, Dhani: «Non ho sentito nulla del genere. Anzi, se Dhani fosse qui direbbe che non c’è niente di vero».

Here comes George
di
Francesca Fiorentino (Movieplayer.it)

Un altro documentario su una leggenda del rock? Non proprio. Se dietro alla macchina da presa c'è un regista legatissimo al mondo della musica come Martin Scorsese, ben si spiega la grande attesa per Living in the Material World: George Harrison, proiettato al Torino Film Festival nella sezione Paesaggio con Figure; un'opera che nonostante la sua canonicità riesce a restituire la complessità del chitarrista dei Beatles, scomparso il 29 novembre del 2001 a causa di una grave malattia.
Prodotto dall'encomiabile HBO, che l'ha trasmesso in due serate il 5 e 6 ottobre scorsi, il documentario non è rivoluzionario tanto nella forma, quanto nella capacità di sottolineare l'unicità di questo personaggio fondamentale per la storia dei Fab Four. Martin Scorsese si è fatto invisibile per raccontare la storia di un chitarrista 'innovativo' (la definizione è dell'amico Eric Clapton), una persona generosa e spirituale, ma anche un essere umano pieno di contraddizioni, rabbia e frustrazione.

E' un ritratto che si compone pezzo per pezzo sotto i nostri occhi quello di George Harrison, chitarrista dei Beatles, vale a dire membro del più leggendario gruppo della storia della rock, musicista a tutto tondo, produttore cinematografico per un'altra banda di inglesi scapestrati, i Monty Python. Il cineasta newyorchese è riuscito a raccogliere una vasta quantità di materiale, tra interviste, fotografie e filmati (molti dei quali inediti). Circa tre ore di storia per raccogliere una sfida affatto facile; raccontare l'identità umana e musicale di un artista 'costretto' a condividere la sua fama con altri tre compagni di viaggio, John Lennon, Paul McCartney e Ringo Starr, senza per questo perdere mai di vista la sua particolarità

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19 aprile 2012
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