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La Cina accende la fiamma olimpica...

Parte il viaggio della fiamma, simbolo di pace, mentre continua la repressione nei confronti del Tibet

31 marzo 2008

La fiaccola olimpica è arrivata stamane dalla Grecia a Piazza Tiananmen, a Pechino. Ad accenderla, davanti ad un folto pubblico, acrobati, dragoni colorati e sotto lo sguardo ''paterno'' di Mao Zedong, il presidente cinese Hu Jintao, che ha dato così il via alla corsa che porterà il simbolo delle Olimpiadi in cinque continenti.
Al termine del cerimoniale Hu Jintao ha consegnato la fiaccola a Liu Xiang, il campione del mondo dei 110 ostacoli, che l'ha portata sulla porta dell'antica residenza imperiale, la Città Proibita. Da qui la fiaccola viaggerà per tutte le province della Cina, incluso il tormentato Tibet, e tornerà nella capitale tra 130 giorni, l'8 agosto, giorno di apertura dei Giochi Olimpici...

La solenne cerimonia olimpica, simbolo di pacificazione, è stata sorvegliata da un massiccio servizio di sicurezza, composto da migliaia di poliziotti in divisa e in borghese, che ha assicurato che non si ripetessero nell'immensa piazza di Pechino, luogo simbolo della rivolta repressa nel sangue nel 1989, le proteste inscenate in Grecia domenica scorsa da un gruppo di attivisti per i diritti umani all'accensione della fiaccola (leggi). Proteste che ci sono state però ad Atene, mentre la fiamma olimpica  veniva consegnata dalle autorità elleniche a quelle cinesi. Davanti allo stadio Panathinaikos, numerosi dimostranti hanno cercato di distendere uno striscione di protesta. Sfidando uno spiegamento di forze di sicurezza senza precedenti, circa ventimila agenti in assetto anti-sommossa. Lo stadio Panathinaikos, sede della celebrazione, è lo stesso che ha visto nascere la prima Olimpiade dell'era moderna nel 1896. Fuori dall'impianto sportivo i manifestanti per i diritti umani hanno intonato slogan anti-cinesi e cercato di stendere uno striscione di denuncia della repressione in corso nella regione himalayana.
Dodici persone sono state fermate ed arrestate dopo che hanno sventolato striscioni, lanciato volantini e gridato slogan mentre la fiaccola faceva il suo ingresso nello stadio.

E nuove proteste e ancora repressione da parte delle autorità cinesi, si sono avute ieri a Lhasa. Ieri sera la polizia ha circondato il monastero buddista di Jokhang, nella capitale del Tibet, formando tutto intorno all'edificio cordoni di sicurezza per impedire ai manifestanti di avvicinarsi. Fonti della comunità tibetana in esilio a Dharamsala, in India, hanno riferito che il monastero è stato circondato poco dopo l'inizio di nuove proteste di piazza, alle quali avrebbero partecipato "migliaia" di persone.
Contestazioni e violenze mentre il Dalai Lama da New Delhi chiedeva aiuto alla comunità internazionale, ribadendo la propria volontà di dialogo con Pechino, e mentre Pechino ha autorizzato la visita, proprio a Lhasa, di una delegazione di diplomatici stranieri, e ha offerto risarcimenti alle famiglie dei civili morti negli scontri delle settimane scorse (200 mila yuan, poco più di 18 mila euro) e cure mediche gratuite per i feriti. Vittime che per il governo di Pechino continuano a essere 18, mentre il governo tibetano in esilio parla di almeno 140 morti.
Intanto, sono continuate le manifestazioni pro-Tibet anche in Nepal. A Kathmandu la polizia ha arrestato 84 tibetani, in gran parte monaci buddisti, che manifestavano davanti alla sezione consolare dell'ambasciata cinese. Da giorni nella regione vengono arrestate decine di persone nel corso di proteste organizzate in segno di solidarietà per la rivolta in Tibet. Secondo la polizia, gli arrestati vengono rimessi in libertà nel giro di alcune ore.

Quindi, nonostante la totale disponibilità dimostrata dal Dalai Lama e la presunta apertura nei confronti di tutti da parte del governo cinese, la situazione non ha avuto alcun miglioramento. Tra l'altro, sempre nella giornata di ieri, la Cina ha chiaramente manifestato la sua intolleranza nei confronti di chi vuole intervenire nelle problematiche che intercorrono con il Tibet. La Cina ha infatti criticato duramente la presa di posizione sulla repressione in Tibet da parte dell'Unione Europea (i ministri degli Esteri dei cui Stati membri riuniti in Slovenia hanno lanciato un appello al regime della Repubblica Popolare per un "dialogo costruttivo" con i manifestanti tibetani, escludendo però qualsiasi ipotesi di sanzioni economiche e lo stesso boicottaggio della cerimonia d'apertura ai Giochi Olimpici Estivi di Pechino 2008, in programma ad agosto). Un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, ha espresso il "forte malcontento" del suo governo rispetto all'atteggiamento assunto dai Ventisette. "Il Tibet è un affare completamente interno della Cina", ha tagliato corto Jiang, citato dall'agenzia di stampa ufficiale Xinhua. "Nessun Paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto d'interferire al riguardo".

- "Per favore, aiutate i tibetani" di Daniele Mastrogiacomo (Repubblica, 29/03/08)

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31 marzo 2008
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