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Monsieur Lazhar

La storia, sobria ed efficace, di un maestro bugiardo per necessità e col cuore grande

29 agosto 2012

Noi vi segnaliamo...
MONSIEUR LAZHAR
di Philippe Falardeau

Bachir Lazhar è un algerino di 50 anni rifugiato in Canada. Dopo aver letto su un giornale che un'insegnante delle scuole elementari è venuta a mancare, Bachir si propone come sostituto ed entra così in contatto con una classe di bambini fragili e scossi, ma pieni di risorse. Il nuovo insegnante riuscirà pian piano a conquistare la fiducia di alunni e corpo docenti, ma nessuno sa che da un momento all'altro potrebbe essere espulso dal Paese...

Anno 2011
Nazione Canada
Produzione Micro_Scope
Distribuzione Officine Ubu
Durata 94'
Tratto dalla pièce teatrale di Évelyne de la Chenelière
Regia Philippe Falardeau
Sceneggiatura Philippe Falardeau, Évelyne de la Chenelière
Con Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Émilien Néron, Brigitte Poupart, Danielle Proulx, Francine Ruel, Louis Champagne
Genere Drammatico


In collaborazione con Filmtrailer.com

La critica
"... Dal Canada è in Piazza Grande (Festival di Locarno, ndr) un titolo atteso 'Bachir Lazhar', regia di Philippe Falardeau. Atteso perché in patria la pièce teatrale di Evelyne de la Chenelière ha ottenuto un successo travolgente. Inevitabile, in qualche modo, l'approdo cinematografico per la regia a Philippe Falardeau. (...) Una storia perfettamente congegnata e rodata che arriva dritta al cuore degli spettatori grazie anche a una messa in scena sobria ma molto efficace. I ragazzini sono davvero fantastici nel ricostruire le emozioni che devono comunicare poi c'è Fellag, il maestro bugiardo col cuore grande e devastato come il suo volto segnato e sofferente. Una delle regole del cinema commerciale dice che bisogna stare alla larga da barche, animali e bimbi. Stupidaggini, per informazioni rivolgersi a James Cameron e al suo 'Titanic'. Qui poi non c'è intenzione di far vibrare il botteghino, ma solo quella di raccontare sentimenti, sensazioni e regole di un mondo sempre più disumano nel suo porre steccati e mura talvolta neppure metaforiche. E da questo punto di vista 'Bachir Lazhar' è un gioiellino che con intelligenza porta il suo piccolo contributo per scalfire quel muro di ottusità e egoismo che i paesi ricchi hanno eretto nei confronti dell'umanità. Mettendo a nudo tutte le contraddizioni della cosiddetta civiltà occidentale."
Antonello Catacchio, 'Il Manifesto'

Il segreto di "Monsieur Lazhar"
di Maria Pia Fusco (TrovaCinema - Repubblica)

In una scuola elementare a Montreal, in Canada, un’insegnante si suicida in classe traumatizzando i piccoli allievi che la scoprono; un algerino, Bachir Lazhar, in attesa dello status di rifugiato politico, si offre come supplente e viene assunto. Il rapporto, difficile e delicato, che si stabilisce tra lui e i bambini è al centro di “Monsieur Lazhar”, il film del regista canadese Philippe Falardeau, che, premiato in vari festival internazionali e candidato all’Oscar, sarà nelle sale dal 31 agosto distribuito dalle Officine Ubu. “Monsieur Lazhar” è un film semplice e complesso, commovente, sprizza tanta umanità come è raro oggi trovare sullo schermo. Il testo nasce come monologo teatrale di Evelyne de la Chenelière, che «mi ha colpito per l’umanità del personaggio, il suo senso del dolore, e per la varietà dei temi, il mistero della tragedia vissuta da Bachir, il trauma dei bambini, l’insegnamento e la relazione tra bambini e adulti, l’integrazione. Sono temi sfiorati con pochi tratti essenziali. Nella sceneggiatura ho avuto la libertà di creare i personaggi, dare loro l’anima», dice il regista al telefono da Montreal.

Era essenziale la nazionalità algerina del protagonista?
«Avrebbe potuto essere di qualunque altro paese di emigrazione, ma il problema era la padronanza della lingua francese che Bachir insegna. C’è anche una lieve ironia nel fatto che un uomo proveniente da un’ex colonia vada ad insegnare nel Quebec, un’altra ex colonia francese».

Ha avuto esperienze di insegnante?
«No, ma prima del film ho girato documentari in tante scuole di Montreal. In fondo una classe è un concentrato di diverse umanità, sono bambini con le stesse particolarità e diversità di un gruppo di adulti, ma senza sovrastrutture».

Nel film ci sono molti momenti di leggerezza…
«Come nella vita. Anche nelle situazioni drammatiche può accadere qualcosa che ci fa sorridere. Nella scuola canadese, ma forse anche altrove, ci sono regole che, sia pure giuste, generano momenti grotteschi. Per esempio, come dice nel film l’insegnante di ginnastica, è proibito toccare gli alunni, anche solo per spalmare una crema solare sulla schiena. La conseguenza è la difficoltà di esprimere vicinanza o affetto anche in momenti in cui ci sarebbe bisogno. È una questione delicata che mi interessa molto, uno dei momenti cruciali del film».

Ha scelto come protagonista l’attore Fellag, lo stesso della pièce teatrale?
«Dopo una serie di ricerche, ho capito che era l’unica scelta possibile. Fellag dirigeva un teatro in Algeria e mentre era in tournée in Tunisia, è scoppiata la guerra civile nel suo paese e non è potuto rientrare. Ha vissuto in parte il dolore dell’esilio di Bachir, ha la stessa forza e la stessa dignità nel nascondere il suo dramma».

Quali sono i suoi riferimenti cinematografici?
«I miei autori preferiti sono Ken Loach e Mike Leigh. In realtà non ho mai studiato cinema, ho studiato scienze politiche. Quasi per gioco, ho partecipato ad un reality televisivo in cui i concorrenti dovevano fare piccoli film in giro per il mondo. Io ho fatto venti filmini in Siria, Libia, Egitto, Tunisia e altri paesi del Mediterraneo. Ho vinto il primo premio, ho cominciato così. Ma la politica mi interessa ancora molto, sto preparando una commedia sulle distorsioni della democrazia in Canada, un modello è Nanni Moretti, lo ammiro molto».

La situazione dell’emigrazione in Canada?
«Qui è un fenomeno che tocca Montreal e le grandi città e finché l’economia andava bene non c’erano problemi. Purtroppo dopo l’11 settembre e ora con la crisi si avvertono tensioni, piccole esplosioni razziali. La politica è importante per l’integrazione, ma è più importante la conoscenza, mangiare, bere, discutere, ridere insieme. Il personaggio di Bachir è un esempio».

In programmazione al 64mo Festival di Locarno (2011) in 'Piazza Grande' - Candidato all'Oscar 2012 come migliore film straniero.

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29 agosto 2012
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