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Partorirai senza dolore... soprattutto in Sud Italia. L'Italia prima in Europa per i parti cesarei

07 giugno 2006

Sempre più donne italiane decidono di partorire per mezzo del taglio cesareo, intervento che, dicono le donne italiane, impogono i medici.
L'annosa diatriba tra medici e pazienti trova nuovi motivi di preoccupazione dai dati resi noti recentemente dall'Istat, che indicano il nostro come il Paese con il più alto numero di parti con taglio cesareo dell'Unione europea: la percentuale è infatti pari al 36,9% nel 2003, oltre il doppio della quota massima del 15% raccomandata dall'Oms. Il ricorso al cesareo è però sceso al 35,2% nel 2004-2005, comunque in forte crescita rispetto al 29,9% nel 1999-2000.
Un lieve calo dunque negli ultimi due anni, che però non si sente nelle regioni del Sud Italia: Campania regina con oltre il 60% di operazioni.
Qualche confronto: Stati Uniti e Canada hanno percentuali di cesarei nettamente più basse (rispettivamente 27,5% e 21,2%), mentre i paesi dove si registra il minore ricorso a tale intervento sono Olanda e Danimarca (13,5%), Belgio (15,9%) e Finlandia (16,2%). Meno cesarei rispetto all'Italia, poi, anche in Germania (24,8%), Spagna (23,5%), Gran Bretagna (21,7%) e Francia (18,8%).
Il record italiano è trainato dal vero boom che ha investito le ragioni del Sud. Ecco le percentuali per ripartizione geografica nel 2004-2005 rispetto al 1999-2000: Italia nord-occidentale (dal 24,5% al 27,4%) Italia nord-orientale (dal 25,3% al 27,4%); Italia centrale (dal 29,8% al 34,2%); Italia meridionale (dal 34,8% al 45,4%); Italia insulare (dal 35,8% al 40,8%).

L'Italia, dunque, anche per quel che riguarda le modalità di parto si trova nettamente spaccata tra Nord e Sud, anche nell'atteggiamento dei padri nei confronti della nascita: fra le donne che hanno avuto un parto naturale, infatti, la presenza del padre del bambino al momento della nascita si mantiene stabile (66,1%) nel 2004-2005 rispetto al 1999-2000. Ma se il neopapà è presente nella quasi totalità dei casi in sala parto nelle regioni del Nord-Ovest (87,8%), e molto spesso (83,9%) nel Nord-Est, solo nel 68,9% dei casi al Centro assiste alla nascita del suo bebè. E appena il 31,1% delle donne del Sud lo ha avuto vicino nel momento del parto (47,1% nelle Isole).

Secondo i ginecologi i dati dell'Istat si spiegano con il fatto che per le italiane il parto dev'essere il più possibile indolore, con il minimo di complicazioni e il massimo delle garanzie. ''Il cesareo garantisce di più l'assenza di complicanze - spiega Luigi Manzione, ginecologo e responsabile del reparto oncologia medica al San Carlo di Potenza -. Inoltre in Italia il primo figlio arriva in età sempre più tardiva, e in questi casi è inutile rischiare con un parto naturale''. ''È un problema anche medico-legale - aggiunge Massimo Moscarini, presidente dell'Associazione Ginecologi Universitari Italiani -: i medici spesso preferiscono il cesareo per evitare accuse nel caso qualcosa vada storto. E per tutelarsi, arrivano a praticare un eccesso di tagli''. E poi ''l'ostetricia è una medicina ad alto rischio, sempre più esposta a denunce delle pazienti - continua Rosaria Bottini, ginecologa all'Ospedale Pertini di Roma -, gravata da numerose complicanze, e le donne non vogliono correre pericoli. Quindi se l'ospedale non tutela il medico in caso di complicanze, il medico è costretto a tutelarsi da solo''.

Una voce contraria a quella dei ginecologi si leva però proprio dalla parte delle donne che dicono: ''I tanti, troppi, parti cesarei in Italia non hanno nulla a che vedere con le donne. Né tanto meno con quell'evento particolare, ma naturale, che è la nascita di un figlio''. E' questa la convinzione di alcune organizzazioni femminili e familiari che commentando i dati dell'Istat imputano il record nazionale per lo più ad un malcostume sanitario. ''È una cosa mostruosa - afferma Pina Nuzzo, presidente dell'Udi (Unione donne in Italia) - forzare i tempi del corpo e del parto. È ormai noto che le donne vengono fatte partorire secondo le necessità dei medici e del sistema ospedaliero, senza invece tenere conto delle necessità fisiologiche della donna e del bambino. Basta guardare quanti parti ci sono nel fine settimana''. È ovvio che ''il parto va guidato ed assistito ma senza forzare i suoi tempi. Il parto è un evento naturale da rispettare nei tempi e nei modi. Il parto e la gravidanza sono così medicalizzate che è stata tolta loro anche la sacralità di fare figli''. ''Dubito che il cesareo sia una scelta della donna'' sostiene Valeria Ajovalasit, presidente di Arcidonna, per la quale ''spesso ci sono ginecologi che ricorrono al taglio cesareo perché si sentono più sicuri, per evitare rischi e difficoltà''. Dello stesso avviso Maria Rita Munizzi, presidente del Moige (Movimento italiano genitori) che imputa l'alto numero di cesarei ad un ''eccesso di prudenza dei medici. Si fanno pochi bambini e i medici non vogliono rischiare in alcun modo. Si preferisce far nascere in modo assolutamente sicuro''.
Per l'associazione Telefono Rosa, il record dei parti cesarei ha la sua origine nel contrasto al dolore. ''Non sono medico - dice Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa - ma non posso pensare che le nostre donne sono così diverse dalle donne di altri paesi. Credo che il cesareo sia un'alternativa ai dolori del parto. Il ricorso all'epidurale, come ha fra l'altro proposto giustamente il ministro della salute, potrà modificare questo atteggiamento. In questo modo, sarà ridotta la sofferenza ed anche le spese a carico del sistema sanitario''.

 

 

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07 giugno 2006
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