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Il presidente del tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta: "I mafiosi siedono pure in Parlamento"

30 novembre 2013

"I mafiosi non sono solo i Riina o i Provenzano. I soggetti collusi con la mafia sono ovunque, sono nelle istituzioni pubbliche, siedono anche in Parlamento".
Così il presidente del tribunale di Palermo, Leonardo Guarnotta, al convegno 'La mafia non è solo un problema meridionale', organizzato dall'associazione Espressione Libre.
"In mancanza di sanzioni - ha aggiunto Guarnotta - ma soprattutto in assenza di una autoregolamentazione deontologica, la responsabilità politica rimarrà impunita, nulla più che un pio desiderio, con la conseguenza che si è arrivati a candidare e fare eleggere a Palermo, politici sotto processo per concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, come Marcello Dell'Utri e Calogero Lo Giudice".

Il riferimento a Dell'Utri e Lo Giudice arriva nella parte della relazione di Leonardo Guarnotta, quando parla di lotta alla mafia perché "è indispensabile l'impegno della società civile perché la partita, cioè la lotta alla mafia, che non possiamo assolutamente permetterci di perdere, si gioca nella quotidianità", ha detto il presidente del tribunale di Palermo. Guarnotta poi ha voluto rimarcare che questa lotta si gioca "nelle scelte, individuali e collettive, non escluse le scelte elettorali, cioè le scelte che vengono fatte dai segretari di partito nel selezionare i candidati, da inserire nelle liste e quelle che operano gli elettori nell'esercizio del diritto-dovere di designare i loro rappresentanti al Parlamento e nelle istituzioni".

In merito alla "forte contrapposizione tra potere politico e magistratura che di recente ha avuto un ulteriore rilancio a seguito di alcune decisioni della magistratura milanese su importanti personaggi politici orbitanti nella maggioranza governativa", Guarnotta si è detto "certissimo che se toghe rosse sono, lo sono del sangue innocente versato da 24 magistrati servitori dello Stato, che lo Stato non ha saputo proteggere". Guarnotta si è poi dichiarato "indignato" di fronte alle reazioni per una "sentenza definita da quello stesso rappresentante di un altro potere dello Stato, un 'atto immondo, un assassinio pubblico, un colpo di Stato da parte di una magistratura asservita e pilotata'".

Il presidente del tribunale ha infine parlato di Giorgio Napolitano: "L'Italia è una Repubblica presidenziale e non più parlamentare. Siamo una Repubblica che dopo l'esito infausto delle ultime elezioni, non riuscendo la nostra classe politica a eleggere il nuovo presidente, si è di nuovo ricorso al presidente Napolitano, il quale mi pare che di tutta evidenza, ha accettato l'incarico solamente se riusciva a fare questo governo delle larghe intese o, forse, è meglio dire delle 'larghe fraintese'. Comunque è chiaro - ha proseguito - che ora debba resistere perché dice 'voi mi avete voluto. Se questo governo va a male io mi dimetto e siete nella confusione più completa'. Il presidente della Repubblica grazie alle sue prerogative ha fatto in modo che dopo tanto tempo la nostra Repubblica, il nostro Paese, avesse riacquistato quella dignità e decoro che negli ultimi tempi aveva perso, in campo nazionale e internazionale. Ognuno può giudicare il presidente come vuole, però ritengo che il presidente Napolitano si sia comportato bene e sia stato un grande presidente della Repubblica".

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ign, Lasiciliaweb.it]

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30 novembre 2013
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