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Quando la scienza medica riesce a curare chi è ''ammalato'' di droga con... la droga stessa

12 giugno 2006

La scorsa settimana al ''Cocaina Verona Congress''  è stato presentato un progetto che, partito dagli Stati Uniti, potrebbe coinvolgere anche l'Italia. Si tratta dell'ultima fase di sperimentazione di un ''vaccino per contrastare l'uso della cocaina''. In Italia i primi test - se ci sarà il placet del ministero - dovrebbero partire proprio dal Veneto entro la fine dell'anno.

Ma come funziona il vaccino? ''Il vaccino - ha spiegato Giovanni Serpelloni, direttore dell'Osservatorio regionale Veneto sulle dipendenze - è costituito da parti di cocaina inerti sintetizzate in laboratorio, che si aggregano alle molecole della cocaina impedendo che questa arrivi all'area del cervello deputata alla gratificazione. Naturalmente - ha sottolineato Serpelloni - alla terapia farmacologica è necessario affiancarne una psicologica''.
Il vaccino, del quale sono state già testate nelle prime fasi efficacia, sicurezza e tollerabilità, elimina al 100% gli effetti chimici della cocaina e garantisce una copertura di circa sei mesi. Una scoperta di non poco conto se si prendono in esame le dimensioni del fenomeno: in Italia i consumatori della ''polvere bianca'' sono circa 300.000 e 17.000 sono in trattamento nelle cliniche pubbliche e private.
Ma chi sono, oggi, i consumatori di cocaina in Italia, e quindi i destinatari di questo vaccino? La tipologia del consumatore di cocaina è molto cambiata negli scorsi anni: non si tratta più di una droga d'élite, ma - visto l'abbassamento di prezzo dello stupefacente - il suo consumo si è diffuso in tutte le fasce sociali. Quindi i possibili utenti, sempre secondo Serpelloni, sono di tre tipi: chi ha smesso di farne uso ma teme ricadute; chi è in overdose, e in questo caso il vaccino servirebbe da antidoto; infine i giovani che, pur non avendone ancora fatto uso, sono considerati "a rischio".

Dalla Svizzera arriva poi una conferma sul funzionamento della metodologia ''curare chi si droga con la droga'', tanto che secondo la rinomata rivista medica britannica The Lancet utilizzare la ''droga di Stato'' potrebbe essere una soluzione efficace, da adottare al più presto anche in Gran Bretagna.
Nelle scorse settimane la rivista britannica ha infatti pubblicato, i risultati di uno studio condotto da due ricercatori della Clinica psichiatrica dell'Università di Zurigo, il sociologo Carlos Nordt e lo psichiatra Rudolf Stohler, che hanno seguito la sperimentazione da dieci anni condotta a Zurigo.
La politica liberare della Svizzera è detta ''dei quattro pilastri'': prevenzione, terapia, riduzione dei rischi e repressione.
Le cifre sono sorprendenti: la somministrazione controllata dell'eroina riduce drasticamente il numero di nuovi tossicodipendenti e facilita la disintossicazione.

Per i loro studi i due ricercatori si sono avvalsi dei dati sui percorsi di settemila pazienti che seguono la terapia con il metadone. Dopo il 1975 nel canton Zurigo risultavano circa 80 nuovi tossicodipendenti all'anno, il picco - 890 - è stato raggiunto nel 1990. Poi l'inversione di rotta: da quando nel 1991 sono state introdotte le nuove forme di terapia, come la somministrazione di eroina sotto controllo medico, il fenomeno si è notevolmente ridotto. E nel 2002 il numero di nuovi consumatori è sceso a 150.
Il professor John Strang, direttore dell'Istituto Nazionale per le Tossicodipendenze, ha sottolineato come l'approccio scientifico - il fatto che tutte le droghe debbano essere consumate sul posto e che i pazienti siano costretti a recarsi tre volte al giorno nel centro - neutralizzi il fascino della droga stessa. Dall'avvio della sperimentazione nella città svizzera ci sono stati l'82% in meno di nuovi consumatori di stupefacenti e sono diminuiti i crimini e le morti legati all'uso di droga.

Questi dati hanno scatenato il dibattito in Inghilterra, dove i consumatori abituali sono 280mila e si registrano 2.500 morti all'anno.
Nell'editoriale dedicato al tema The Lancet ha preso posizioni decise: ''Dopo quattro anni e migliaia di morti di cui non sentivamo il bisogno, il governo non può rifiutare l'avvio di un serio progetto che preveda la somministrazione controllata''. E anche gli operatori sociali si dicono favorevoli all'inversione di marcia. Tuttavia il governo ha ribadito il suo no a questo approccio perché teme un aumento del traffico di stupefacenti e il diffondersi di comportamenti anti-sociali.

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12 giugno 2006
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