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ROSENSTRASSE

Margarethe Von Trotta apre una pagina dimenticata del nazismo, scritta in un edificio di Rosenstrasse

30 gennaio 2004




Noi vi consigliamo di vedere...
ROSENSTRASSE
di Margarethe Von Trotta

Da sempre testimone critica della storia, Margarethe Von Trotta apre una pagina dimenticata del nazismo scritta in un edificio di Rosenstrasse - una traversa di Alexanderplatz - in cui vennero rinchiusi i mariti ebrei di donne ariane in seguito alle leggi razziali promulgate da Goebbels. Di fronte all'edificio le mogli più coraggiose, e sempre più numerose, si riunivano in segno di protesta. A ricostruire pezzo per pezzo la storia è una giovane donna di New York, che cerca di ricostruire il passato travagliato della madre. Un film dolente e meticoloso, illuminato dalla passione 'femminista' della Von Trotta nei confronti di queste donne straordinarie e dalla memorabile interpretazione di Katja Riemann, che le ha meritato la Coppa Volpi (Venezia 60), una donna 'armata' di pietà.
Per non dimenticare.

Distribuzione 01 Distribution
Durata 136'
Regia Margarethe Von Trotta
Con Katja Riemann, Maria Schrader
Genere Drammatico

La critica
"Pur non avendo la qualità espressiva di 'Schindler's List' o di 'Il pianista', questo nuovo film dello stesso filone ha il pregio dell'autenticità. I bravi interpreti, tutti tedeschi, parlano la propria lingua, le atmosfere rivivono con perfezione allucinante e il film si presenta come la microstoria di un capitolo dell'Olocausto bizzarramente a lieto fine. Peccato che Margarethe pretenda di finire in gloria, con un grosso grasso matrimonio ebraico. Perché non tagliare, in omaggio alla verità dei sentimenti che s'impone nel resto del film, gli ultimi cinque minuti?".
(Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 1 settembre 2003)

"Margarethe von Trotta, già narratrice degli anni di piombo, ha uno stile lento e solenne, un tantino ampolloso. Ma entro i limiti del dramma convenzionale, 'Rosenstrasse' ha una sua forza tragica: la sincerità dell'antico dolore prevale sul vizio della retorica".
(Claudio Carabba, Sette', 11 settembre 2003)

"Centotrentasei minuti di emozioni, lacrime e al tempo stesso radiografia dell'animo femminile nei momenti della sofferenza e del dolore: non si potrà dire che a 'Rosenstrasse' manchino né sincerità né grandiosità. Manca comunque quel soffio vitale che trasforma il pathos in forza drammatica e illumina lo schermo".
(Andrea Martini, 'La Nazione', 1 settembre 2003)

"Ne esce una Germania sfaccettata, dove come sempre nella vita, il meglio rasenta il peggio. A condurre la ricerca che riporta alla luce l'evento della Rosenstrasse è non a caso Maria Schrader, già interrpete di 'Aimée & Jaguard', di max Faerberoeck per il quale venne premiata al Festival di Berlino del 1998: anche quello era un film tedesco, anche quello raccontava una storia simile e basata su un fatto vero, solo che la coppia in questione era lesbica e il personaggio della Schrader veniva ucciso. Qui invece ci fu il lieto fine, paradossalmente in base alle leggi di Norimberga". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 1 settembre 2003)

Presentato in concorso alla 60ma Mostra del Cinema di Venezia  (2003), dove Katja Riemann ha vonto la Coppa Volpi come migliore attrice.

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30 gennaio 2004
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