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Vincere la battaglia contro la mafia a qualunque costo

Dagli Stati Generali Antimafia organizzati da Libera messaggi di speranza e tenacia

24 ottobre 2009

La trattativa tra Stato e Cosa Nostra dopo le stragi del 1992 è "ingiustificabile" sotto tutti i punti di vista. "Dopo 17 anni dalle stragi se non ci fosse stato un mafioso pentito che si fosse accusato della strage di Borsellino e il figlio di un ex mafioso, tutto sarebbe rimasto sepolto nell'oblio per sempre. Il sipario si è alzato e tanti ricordi sono affiorati".
Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, ha lanciato il suo atto d'accusa dagli Stati Generali Antimafia organizzati a Roma dall'associazione Libera. "Abbiamo fame e sete di giustizia - ha detto il procuratore -. Come si può pensare di giustificare una qualsiasi trattativa, che peraltro ha posto in pericolo la mia stessa vita, tra le istituzioni e Cosa nostra? E come si può pensare di accusare uomini dello Stato di aver parlato troppo tardi su cose di cui tutti avrebbero dovuto essere a conoscenza se non avessero perduto la memoria?".
Il procuratore nazionale Grasso ha aggiunto che non si può "rimanere sconvolti da rivelazioni che non sono tali", ma nel suo intervento ha ricordato anche il valore dell'indipendenza dei giudici, sancito dalla Costituzione: "Oggi bisogna stare attenti perché più che riformare la giustizia si vogliono intimidire i magistrati e renderli inoffensivi".

All'apertura degli Stati generali dell'antimafia, Giorgio Napolitano ha lanciato un messaggio di speranza: "Grazie anche alla mobilitazione delle coscienze e della società civile, questa battaglia contro le mafie la vinceremo".
Il capo dello Stato ha ricordato che il suo primo incontro con 'Libera' risale a dieci anni fa: "La situazione non è rimasta la stessa da allora da nessun punto di vista. Anche la mafia ha trovato il modo di crescere e svilupparsi, mentre contemporaneamente è molto cresciuta la mobilitazione, la coscienza civile e l'azione dello Stato. Se teniamo insieme in sinergia questi elementi penso che vinceremo". Con la "crescita sinergica e la coscienza civile della cultura dello stato di diritto, accanto all'essenziale mobilitazione e partecipazione della società diventa ancor più una prospettiva reale l'obiettivo di debellare il fenomeno mafioso in Italia".
 
E dagli Stati Genetrali Antimafia (che si concluderanno domenica) don Luigi Ciotti ha parlato del nuovo Manifesto antimafia: "Lo stileremo in questi giorni per poi consegnarlo al Quirinale al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano", ha annunciato don Ciotti.
Con "Contromafie", Libera (il cartello di circa 1.500 associazioni attivo fin dal 1995) riunisce intorno allo stesso tavolo i protagonisti dell'impegno contro il crimine organizzato: dalle associazioni di volontariato alle amministrazioni regionali e locali, dalle istituzioni governative e parlamentari alla magistratura e alle forze dell'ordine, dalle scuole alle cooperative, dal mondo della cultura e dello spettacolo agli operatori dell'informazione. Con loro ci saranno centinaia di familiari delle vittime di mafia. E una folta delegazione internazionale della rete di Libera.
Don Ciotti ha ribadito alcune delle richieste rivolte al legislatore per rafforzare la lotta contro le mafie: "L'istituzione di un'agenzia nazionale della gestione dei beni confiscati ai mafiosi, un nuovo modello di protezione per i testimoni di giustizia, un'autorità indipendente contro il riciclaggio del denaro sporco, il rafforzamento delle norme contro le infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni, l'uso sociale dei beni confiscati ai corrotti accanto a politiche sociali, per il lavoro e per i giovani e per la tutela dell'ambiente contro chi lo inquina e lo saccheggia".
E la platea si è entusiasmata quando don Ciotti ha invocato "coerenza fra comportamenti pubblici e comportamenti privati" e ha sottolineato che "ci vuole più forza e più coraggio per trasformare la paura e la rabbia in speranza".
Il fondatore di Libera ha tracciato poi un bilancio positivo dell'attività svolta negli ultimi tre anni, ma al contempo ha avvertito che resta "il rischio per una società ostile alle regole della legalità e sempre più povera di valori". Don Ciotti ha comunque sottolineato con soddisfazione che "c'è un'Italia che ha compreso che il fenomeno mafioso è una questione nazionale e internazionale" anche grazie all'impegno sul fronte dell'istruzione e dell'informazione, "elementi essenziali per tagliare l'erba sotto i piedi della mafia". Anche in quest'ottica, "prima di cambiarla, la nostra Costituzione va vissuta e fatta vivere: i diritti non possono restare sulla carta ma devono diventare carne".

[Informazioni tratte da Repubblica.it, Corriere.it]

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24 ottobre 2009
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