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Vita di Pi

Ang Lee incanta con un film d'avventura, favola spiritualista e riflessione filosofica

02 gennaio 2013

Noi vi segnaliamo...
VITA DI PI
di Ang Lee

La magica avventura di Pi Patel, figlio del guardiano dello zoo di Pondicherry, in India, che insieme alla famiglia si sta trasferendo in Canada, a bordo di una grande nave da carico. Superstite di un tragico naufragio, Pi si ritrova alla deriva nell'Oceano Pacifico, su una scialuppa di salvataggio, in compagnia di una enorme tigre del Bengala di nome Richard Parker. Insieme affronteranno una dura lotta per la sopravvivenza...

Anno 2012
Tit. Orig. Life of Pi
Nazione Usa
Produzione Ang Lee, Gil Netter, David Womark per Fox 2000 Pictures, Rhythm and Hues
Distribuzione 20th Century Fox Italia
Durata 127’
Regia Ang Lee
Tratto dal romanzo "Vita di Pi-Life of Pi" di Yann Martel (ed. Piemme)
Sceneggiatura David  Magee
Con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu, Adil Hussain, Ayush Tandon, Gautam Belur
Genere Avventura, Drammatico


In collaborazione con Filmtrailer.com

La critica
"II giovane e il mare, per parafrasare Hemingway. Cineasta taiwanese hollywoodiano, apolide e migrante, Ang Lee trova finalmente il «non luogo» ideale nell'oceano Pacifico dove ambienta, claustrofobia al contrario, i 227 giorni alla deriva di un ragazzo indiano che perde in un naufragio i genitori mentre trasferiscono uno zoo in Canada e finisce per restare solo in una scialuppa con Sorella Tigre, senza avere le stimmate francescane. (...) Ricco di pustole, ferite, ematomi, cicatrici, segni d'arsura, l'ignudo debuttante Suraj Sharma è perfetto, accompagna l'evolversi interiore della storia, soffrendo in astratto e concreto. Certo Lee, che continua a credere più nel sentimento che nella ragione, ha vinto una difficile scommessa con un libro «impossibile», dal quale rinomati colleghi si erano velocemente allontanati perché si trattava di mescolare un elemento primordiale, l'acqua, per di più tridimensionale, con un'esperienza interiore che mette tutto in forse e tra parentesi. La fotografia di Claudio Miranda, giocando a rimpiattino tra cielo e mare, con innesti di azzurri dalla Florida, è splendida ma la forza del film è che non è mai retorico, dolciastro, buonista, resta un gradino sopra già in zona mitica o mitologica. Non dubitiamo che all'autore peccatore di 'Brokeback Mountain' sia spuntata l'aureola."
Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera'

"A volte i film si danno la mano, come se il cinema costringesse a tornare su certi soggetti per elaborarli e approfondirli. È il bello di quest'arte collettiva in cui i progressi tecnici, estetici, narrativi sono indissolubilmente fusi gli uni negli altri (e a disposizione di chiunque li porti avanti, come in una staffetta). (...) Ang Lee dettaglia con immagini spesso indimenticabili i modi incredibili con cui questo incrocio fra Robinson e Noè affronta la sua odissea (sì, c'è anche un pizzico di Ulisse). Ma l'avventura si colora di esperienza mistica, il dolore diventa stupore, la meraviglia trapassa in orrore (e viceversa); e alla fine un dubbio radicale plana su tutto ciò che abbiamo visto. Non solo perché quella tigre di incredibile verismo è fatta al computer, ma perché un'esperienza così estrema non si racconta senza correre rischi altrettanto estremi. Se ne esce scossi e soprattutto dubbiosi. Quello che lancia Ang Lee è un messaggio di fede malgrado tutto, o di profonda, inesorabile disperazione? I bei film non danno risposte. Per fortuna."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

"Il protagonista si chiama Pi perché diminutivo di Piscine (va letto alla francese), stravagante nome di battesimo. Pi era un nomignolo necessario, visto che Piscine, storpiato dai compagni di scuola, facilmente diventava un insulto.(...) Proprio quando Pi trova l'amore la famiglia è costretta a trasferirsi in Canada, dove il padre è riuscito svendere gli animali dello zoo. La regia fin qui sembra piatta, in attesa dell'evento. E quello arriva improvviso come un pugno allo stomaco. Sulla nave, in una notte di tempesta, mentre Pi grida di gioia bagnato dal mare e dalla pioggia, la nave comincia a imbarcare acqua. Dopo qualche drammatico minuto, mentre la nave affonda, sull'unica scialuppa di salvataggio calata in mare troviamo Pi in una minuscola arca di Noè in compagnia di una iena, una zebra e un orango. (...) Siamo fin troppo abituati a un cinema che vuole far agire più i nostri nervi che il nostro pensiero, ma Ang Lee ci riesce in maniera sorprendente. Perché qui non ci sono scene di massa, non ci sono grandi scenografie o strabilianti invenzioni. (...) Su tutto c'è la rappresentazione della forza di un ragazzo nel tenersi in vita, sveglio con la mente, sempre allerta per poter affrontare le continue emergenze alle quali il regista alterna momenti di pausa, di spettacolo (la pioggia di pesci, altre tempeste, le notti di luna) e anche di riflessioni sulla vita. In queste scene l'istinto di sopravvivenza prorompe con una forza disperata. Ci sono poi altre sorprese prima dell'arrivo alla terza parte dove il protagonista mette in dubbio la propria versione dei fatti, come se gli autori si volessero affrancare dal semplice film d'avventura. Ma il film zoppica proprio quando cerca di essere profondo uscendo dall'emozione. Inoltre, durante tutti i 127 minuti, raccontando la propria storia, Pi ci invita a credere fermamente nell'esistenza di Dio solo perché (unico tra tutti i passeggeri della nave) lui è riuscito a salvarsi, in una visione un po' troppo facile ed egocentrica della fede universale."
Luca Raffaelli, 'La Repubblica'

"Ang Lee, il taiwanese-americano più premiato del cineglobo, può permettersi tutto. Così, mentre in carriera è passato trionfalmente dal genere eccentrico intimista al letterario very english, dal cappa e spada orientale ai kolossal fumettistici, dall'erotico gay a quello etero, con 'Vita di Pi' ha deciso di fornirci un saggio concentrato della sua onnipotenza. (...) Ang Lee, in effetti, è di un'abilità straordinaria per come gestisce i suoi stregoni digitali - a volte sembra che gli eventi siano osservati dall'alto del cielo, altre dalla profondità dell'acqua e altre ancora dalle pupille socchiuse di Richard Parker - e, insieme, per come gioca senza esibirle le sue (e dello sceneggiatore David Magee) citazioni d'alta classe, spazianti tra 'Il libro della giungla' e 'Robinson Crusoe', tra la pittura onirica e bidimensionale di Rousseau il Doganiere (con il conforto della fotografia di Claudio Miranda) e i dilemmi di Dostoevskij (direttamente menzionato nelle discussioni iniziali tra Pi e il padre). Riprendendo la premessa, si può prediligere o meno la preponderante ambizione di regia o anche misurarne l'effettiva consistenza: ma le numerose sequenze memorabili, come l'apparizione dell'isola dei suricati o il notturno marino illuminato dalla fosforescenza medusea, rendono il film uno di quegli spettacoli totali destinati a nutrire a lungo l'immaginario collettivo."
Valerio Caprara, 'Il Mattino'

"Romanzo di formazione, favola spiritualista, racconto d'avventura, riflessione filosofico/trascendente? Vincitore del «Man Booker Prize» 2002, il best seller 'La vita di Pi' (Piemme) dello scrittore ispano-canadese Yann Martel è un po' tutte queste cose, intrecciate con un garbo che ha reso credibile e appassionante per sette milioni di lettori la più incredibile delle storie. (...) La cronaca di giornate senza tempo, di albe e tramonti che si susseguono; l'autodisciplina di Pi che, consapevole di non doversi mai lasciare andare all'inedia e alla rassegnazione, si impegna a tenere un diario e a provvedere a Richard: queste cose sulla pagina sono ben raccontate, ma sullo schermo diventano straordinarie. Lavorando con gli effetti speciali come mai nessuno prima, il taiwanese Ang Lee continua a stupirci per il suo eclettico talento formale: qui in immagini di magica bellezza conferisce all'avventura un incanto rarefatto, come di una vita che proprio in quanto appesa a un filo può sublimarsi in una dimensione soprannaturale."
Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa'

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02 gennaio 2013
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