Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

''Domani mattina'' era gergo di Auschwitz per dire ''mai''. Memorie dai campi di concentramento

Considerate se questo è un uomo: Che lotta per mezzo pane. Che muore per un sì o per un no...

27 gennaio 2004
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi



Miei cari genitori,
se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me.
Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe… Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra (ci hanno portato via anche i nostri mantelli).
Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno e il mio corpo è pieno di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia.
L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato… Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui. Dico addio a tutti, cara mamma, caro papà, mie sorelle e miei fratelli, e piango…
Lettera scritta in yiddish da un ragazzo di 14 anni nel campo di  concentramento di Pustkow


''In questo luogo, lavarsi tutti i giorni nell’acqua torbida del lavandino immondo è praticamente inutile ai fini della pulizia e della salute; è invece importantissimo ai fini come sintomo di residua vitalità, e necessario come strumento di sopravvivenza morale.
Devo confessarlo: dopo una sola settimana di prigionia, in me l’istinto di pulizia è sparito. Mi aggiro ciondolando per il lavatoio, ed ecco Steinlauf, il mio amico quasi cinquantenne, a torso nudo, che si strofina collo e spalle con scarso esito (non ha sapone) ma con estrema energia. Steinlauf mi vede e mi saluta, e senza ambagi mi domanda severamente perché non mi lavo. Perché dovrei lavarmi? Starei forse meglio di quanto sto? Piacerei di più a qualcuno? Vivrei un giorno, un’ora di più? Vivrei anzi di meno, perché lavarsi è un lavoro, uno spreco di energia e di calore. Non sa Steinlauf che dopo mezz’ora ai sacchi di carbone ogni differenza tra me e lui sarà scomparsa? ... Ma questo (ne) era il senso, non dimenticato allora né poi: che appunto perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso. Dobbiamo quindi, certamente, lavarci la faccia senza sapone, nell’acqua sporca, e asciugarci nella giacca.
Primo Levi, Se questo è un uomo

Fammi vedere il tuo braccio... Hmm... il tuo numero parte con diciassette. In ebraico è "K’Minyan Tov". Diciassette è un presagio molto buono...
(Era un prete. Non era ebreo... ma molto intelligente!)
Finisce con tredici, l’età in cui un ragazzo ebreo diventa uomo... E guarda! Sommati fanno diciotto. È "Chai", il numero ebreo della vita. Non so se io sopravviverò in quest’inferno, ma sono certo che tu uscirai di qui vivo!
(Cominciai a credere. Vedi, lui mise un’altra vita in me. E quando tutto era molto brutto, guardavo e dicevo: "Sì, il prete aveva ragione! Totale fa diciotto.")
Art Spiegelman, Maus II

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

27 gennaio 2004
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia