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"Ergasterion". Il culto delle Nifee e le analogie tra Grecia e Sicilia

28 marzo 2012

In un antro sul monte Citerone era collocata anticamente la sede oracolare ed il luogo di possessione dei nympholeptai, abitanti del luogo incaricati di rendere i responsi. Partendo da questo riferimento riportato da alcune fonti letterarie sarà presentata l'analisi di alcuni aspetti legati al culto delle ninfe, in particolare connessi con la mantica e gli oracoli. E' uno degli aspetti più affascinanti che saranno trattati venerdì 30 marzo, a Ibla, nell'auditorium di Santa Teresa, a partire dalle 17,30, in occasione dell’ultimo appuntamento di "Ergasterion-Fucina di archeologia", il ciclo di incontri promosso dalla sezione di Ragusa dell’associazione "SiciliAntica".
Ad analizzare queste forme di culto, attestate in Grecia già in età omerica, proponendo alcuni riscontri in Sicilia, sarà Giancarlo Germanà, docente di Storia dell'Arte romana e greca presso l'Accademia di belle arti di Siracusa e ricercatore presso l'American institute for the Roman culture di Roma. Germanà partirà proprio dai siti nei quali è stata ipotizzata la presenza di un culto della ninfa, in alcuni casi associato a quello di Pan, individuando un legame importante che unisce alcune grotte della Sicilia e le accomuna con siti analoghi presenti in Grecia.
Ambra Pace, specializzata in Archeologia classica presso l'Università di Catania, dottoranda in Scienze archeologiche e storiche presso l'Università degli studi di Messina, affronterà, invece, il tema dei viaggi che uomini, cose e idee intrapresero nel corso del VI secolo a.C. dalle coste dell'Asia minore verso le poleis greche della Sicilia. Così, le statuette e le ceramiche di produzione greco-orientale, rinvenute copiose nelle colonie greche, sono oggi per noi testimoni silenziosi delle strette relazioni e degli intensi contatti intercorsi tra la Sicilia e la Grecia dell'Est in età arcaica. Insieme ad essi, viaggiavano codici stilistici, linguaggi figurativi e sistemi decorativi, evocatori dei valori e delle tradizioni del mondo greco-orientale, che gli artigiani sicelioti seppero recepire e rielaborare nelle proprie botteghe in modi e misure differenti. È il processo di elaborazione di uno stile che prevede l’assimilazione e la scelta di aderire a determinati modelli, o, di contro, il rifiuto di essi, più o meno consapevole, e porta a linguaggi artistici e soluzioni formali differenziate.
Di greci e indigeni nella Sicilia sud-orientale parlerà Marco Camera, dottorando in Scienze archeologiche e storiche presso l'Università degli studi di Messina. Quando sul finire dell'VIII secolo a.C. i primi coloni greci sbarcarono sulle coste della Sicilia orientale fondando, una dopo l'altra, le colonie siceliote, la regione era abitata dalle popolazioni indigene che le fonti storiche ricordano col nome di Siculi. Lontani dalle coste, essi continuarono a vivere nei loro insediamenti nell’entroterra montuoso, sviluppando contatti sempre più intensi con i coloni greci, riflessi nell’evoluzione dei costumi e della cultura materiale. Durante il VI e la prima metà del V secolo a.C., la ceramica rinvenuta nei centri indigeni, soprattutto nelle necropoli, mostra un quadro molto composito, con vasellame locale misto a prodotti coloniali e importati dalla Grecia spesso riuniti negli stessi contesti, che caratterizza la facies di Licodia Eubea, espressione della civiltà indigena della Sicilia centro-orientale durante l'età arcaica. Infine, Simona Tocco, specializzata in Archeologia classica presso l'Università di Bari, si occuperà del santuario di Palikè.

- SiciliAntica Ragusa

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28 marzo 2012
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