In un batter di ciglia si buttò da lassù, cominciando un viaggio fino al limite dell'eternità
E' così che vogliamo raccontare la tragica fine di Franco Lucentini, come l'incipit di uno dei suoi romanzi.
Raccontare, ricordarlo e ringraziarlo, perché grazie a lui leggeremo per sempre Borges, Beckett, Stevenson nelle sue magnifiche traduzioni, perché grazie a lui abbiamo scoperto il giovane Holden che tante gioventù ha accompagnato.
Il più bel ritratto di Lucentini l'ha scritto Carlo Fruttero (suo compagno di verbo da oltre trentanni), che al sorriso del suo amico dedicò un passo memorabile.
"Si tratta di un sorriso dove confluiscono tutti i temi della sua opera di scrittore: contiene, in superficie, confusione, impaccio, una sorta di sbigottito deglutimento di recluta, che coprono appena una tremula richiesta di perdono, un'ammissione d'inettitudine a vivere, di completa vulnerabilità e un fondo di sconfinata, disastrosa tenerezza verso le minime cose del creato, di comprensione per ogni concepibile debolezza, follia, bassezza e contraddizione umana. E un sorriso mite, soave, sincero, disarmante e il suo effetto su chi lo vede la prima volta è infallibile: ecco finalmente, si pensa, un Uomo Buono".
Un uomo buono e un genio, aggiungeva Fruttero.
Il genio di un soldato inetto che marciava sempre fuori dai ranghi, dimenticava lo zaino, si svegliava in ritardo.
Buon Viaggio Franco