Otto ricette tradizionali siciliane nel libro della Camera di Commercio
Un autentico percorso gastronomico attraverso i colori, sapori e la storia della nostra terra
I siciliani si sa, hanno memoria corta e con il tempo stavano smarrendo le preziose ed appetitose ricette della nonna. Per evitare ciò, la pasta con le sarde, il timballo di anelletti in crosta, il "brociolone" alla palermirana, il lacerto e il tonno "aggrassati", le sarde a beccafico, il "capone apparecchiato", la cassata e i cannoli avranno adesso una ricetta ufficiale e in più saranno tutelate da aggiornamenti e modernizzazioni condotti senza criterio. E' anche vero, comunque, che la cucina locale si è evoluta nel tempo grazie alle fusioni tra le varie culture presenti nell'isola come ad esempio quella ebraica e quella araba, con le sue rigide prescrizioni legate alle leggi Coraniche. Tutto ciò fino a quando non è stata fissata nel canone della cucina mediterranea, ovvero di tutti i popoli tenuti uniti dal "mare nostrum".
Il libro degli usi raccoglie piatti come il "brociolone" che veniva preferito in ambienti poveri in alternativa al "lacera aggrassatu", troppo costoso per il pranzo domenicale delle classi meno abbienti, o piatti la cui origine ha un che di leggendario come quella della squisita "pasta chi sardi" introdotta, parrebbe, dal generale arabo Eufemio durante la conquista della Sicilia, per sfamare i suoi soldati. Si va inoltre dagli anelletti in crosta, elaborati fra XVI e XVII secolo dalle ricerche dei Monsù e contaminati da sapori d'oltralpe, alle sarde a beccafico, arricchite dall'uva sultanina di origine araba. E poi ancora tonno e lacerto aggrassati, resi raffinati dai Monsù e portati sulle tavole della borghesia medio-alta per le feste, la cassata, "nipote" del "quas'at" preparato nei banchetti arabi intorno al 1000 e definito dal Sinodo di Mazara del 1575 come uno dei 12 piatti indispensabili di Pasqua. Per chiudere una vera chicca: per il cannolo, piatto inizialmente carnevalesco la cui origine è contesa fra arabi e greci, la ricetta depositata è datata aprile 1887. Insomma un autentico percorso gastronomico attraverso i colori, sapori ed aromi della nostra terra.
Alla presentazione del "libro degli usi" , avvenuta qualche settimana fa nei locali di via Enrico Amari, erano presenti lo storico e giornalista palermitano Gaetano Basile ed il presidente della Camera di Commercio Vincenzo Chiriaco. "Si perde più facilmente la lingua che le abitudini alimentari – ha sottolineato Gaetano Basile, - ma dal 1831 abbiamo smarrito il 30 per cento dei nostri piatti, per lo più per colpa del pomodoro. E poi, che ricchezza le "ricette dotali" che le mamme donavano alle figlie". Infatti prima dell'avvento del pomodoro, arrivato in Sicilia d'oltre oceano, le ricette tradizionali erano molto diverse. Purtroppo gran parte di queste pietanze, spesso tramandate da madre in figlia a voce o attraverso dei preziosi quaderni ricettari (che le madri consegnavano alle figlie in dote prima di sposarsi) sono rimaste integre a dispetto dei secoli e godono ancor oggi di ottima salute "quale riferimento a futura memoria". Secondo il presidente della Camera di commercio Vincenzo Chiriaco, infatti, "il rischio è che la globalizzazione da possibilità di arricchimento si trasformi in appiattimento su un gusto standardizzato". Per il delegato dell'Accademia, Lucio Messina, poi, vanno tutelate anche le liste delle vivande: "È un'usanza che si va perdendo - spiega -. Abbiamo cercato di raccogliere anche quelle".
Otto pezzi di storia dunque, ma non basta: "Questa è solo la prima parte - annuncia Messina -. Intendiamo consegnare nuove ricette ogni anno". Appuntamento fra 12 mesi con altri appetitosi manicaretti.