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Un'opera di Franco Scaldati di scena a Roma come esempio di teatro contemporaneo

''Pupa Regina, Opere di fango'', la storia di due puttane sante di Palermo

10 marzo 2004
L'incantesimo e la visionarietà della  parola si fanno carne viva nel corpo/segno dell'attore che si fa ricettacolo egli stesso della partitura poetica. E' il teatro di Franco Scaldati, grande poeta palermitano della drammaturgia italiana contemporanea, che sarà in scena a Roma al Teatro Vascello dal 16 al 21 marzo prossimi, all'interno di quel "progetto vascello" che sta portando avanti, con un ampio cartellone, un viaggio coraggioso attraverso la drammaturgia italiana contemporanea, la scrittura di scena che incrocia il lavoro dell'attore e la poetica del sud che sta accompagnando negli ultimi anni l'immaginario teatrale di gran parte delle proposte di sperimentazione di spettacolo.

Franco Scaldati, conosciuto dai più per la grande interpretazione nell’ultimo film di Ciprì e Maresco, "Il ritorno di Cagliostro", è uno degli esponenti europei del Teatro di Poesia. Si afferma alla fine degli anni settanta con il testo "Il pozzo dei pazzi". Scaldati, drammaturgo e regista, non si è mai fermato su se stesso, sviluppando nell’ultimo decennio della sua lunga attività una fase nuova della sua ricerca teatrale in cui la drammaturgia coincide con gli spazi nuovi, da lui esplorati e vissuti con la sua ensemble di giovani attori. Il giardino dell’Albergheria di Palermo è sede naturale del suo ultimo Teatro, quello che lui stesso definisce d’Incantamenti. Pupa Regina Opere di Fango, scritta nel febbraio del 2003, è un’opera che evoca le atmosfere sommerse del giardino dell’Albergheria.
A Roma l’opera sarà allestita per due voci dalle due attrici: Lucia Ragni e Marion D'amburgo, storica fondatrice, accanto a Federico Tizzi e Sandro Lombardi quei "criminali" Magazzini, poi divenuti gli storici Magazzini, noti anch'essi per il "teatro di poesia", risponde esattamente alle proposte di ricerca del programma Vascello.

Ci troviamo, infatti, di fronte ad uno splendido esempio di drammaturgia contemporanea e precisamente di drammaturgia in versi, nello specifico in quartine ed ottave, stile che Scaldati frequenta assiduamente; la 'poetica del sud' è inoltre assolutamente presente, non solo nel testo - che è scritto nella sua versione originale in dialetto siciliano poi riadattato in lingua italiana da due attori della compagnia di Scaldati, Fabio Palma e Marcello Adelfo - ma anche nelle atmosfere e nella vicenda stessa che ruota intorno a due donne sante/puttane, immagine simbolo violentemente presente nell'iconografia della cultura popolare meridionale.

Un testo mistico, dalla grande forza visionaria, un canto-ritratto, scritto in un linguaggio struggente, profondo, intenso, nel quale fluttuano le anime delle due protagoniste Pupa e Regina appunto, forse vive grazie al solo suono delle parole che dalle loro stesse voci risuonano.
Pupa e Regina si raccontano in un giardino (l’Albergheria). Sono due anime in movimento, due entità fuori dal tempo e per questo innalzate ad icone-verià. Forse sono state due prostitute palermitane uccise dal proprio protettore geloso della passione che le univa e condannate, per questo, a scontare, fissate esse stesse in immaginette sacre, la passione erotica che le aveva unite in vita. Ingannano così, animandosi in modo fittizio l'attesa di un'imminente processione, che le vedrà sfilare, in un grottesco finale, come due statue portate in trionfo nel giorno della festa dei morti.
La lingua di Scaldati è struggente, profonda, finita, intensa, tersa, chiara, luccicante, emozionante, popolata di menti colme di sensi seppure fermate, armate e amate. I due personaggi nel ritmo linguistico di Scaldati appaiono anime in movimento, verità, entità senza tempo, oltre il tempo e scena per eccellenza.

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10 marzo 2004
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