La Cucina Mediterranea che abbatte muri e barriere
Sulla cucina siculo-araba, diventata internazionale, che delizia e invita alla convivialità

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È uso comune imbardire le nostre tavole con cibi e pietanze straniere che ormai, a dir la verità, tanto straniere non sono. Infatti, una delle grandi fonti culinarie del Mediterraneo è certamente la gastronomia araba, introdotta nel nostro Paese quando, nei primi secoli del nostro medioevo, la cultura araba dominava il Mare Nostrum e portava con se ricette di una cucina povera, ma saporita e salutare, che mescolata a quella europea - e soprattutto con quella siciliana - ha creato nel tempo la Dieta Mediterranea, diventata Patrimonio Unesco dell'Umanità.
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Fatta questa brevissima premessa storica, esempio tipico di "piatto straniero non più straniero" è sicuramente il Couscous, celebrità culinaria entrata nell'uso comune della cucina italiana grazie all'immigrazione e al continuo scambio culturale con i Paesi del Mediterraneo.
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Alimento originario del Maghreb costituito da granelli di semola di frumento cotti a vapore, il Couscous, quello vero, ormai lo si mangia nella nostra Sicilia, diventato piatto tipico del Trapanese dove, a San Vito Lo Capo, ogni anno lo si celebra con il Cous Cous Fest.
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Lo stesso si può dire per lo Zimino, in arabo Zamir, che tradotto significa "denso e oleoso", diventato piatto tipico della Sardegna. Cibo adatto a chi ha uno stomaco forte (giacché si tratta di frattaglie d'agnello o di bovino a cui si aggiunge intestino, cuore, rognone, milza e il retto dell'animale), in Sicilia si possono trovare epigoni di questa pietanza nel panino con la milza, nelle stigghiola (budella di agnello condite) o nella quarume (pietanza composta da varie parti della trippa, dal cuore, fegato, reni e polmoni del vitello).
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Parlando infine di dolci, quelli arabi sono alla base della tipica pasticceria siciliana. Cassate, cannoli e cubbaite, solo per nominarne tre, ci parlano della Sicilia parlando in arabo.
I cannoli, ad esempio, secondo alcuni storici sono stati inventati a Caltanissetta, chiamata dagli arabi Qalat-an-Nisa, cioè "Il castello delle donne", intorno all'IX o al XII secolo. Sembra siano state proprio le donne musulmane che vivevano nei tanti harem della città a preparare, per ingannare il tempo, dolci e ghiottonerie varie.
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Altri affermano che a dare al cannolo il sapore e la forma così come è giunta fino a noi, furono le monache nissene di clausura, intorno al 1600, modificando e rielaborando un'antica ricetta di origine araba.
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Impossibile non accennare alla storia della Cubbaita, dall'arabo qubbiat ossia mandorlato, un dolce antichissimo di mandorle e miele, parente siculo-arabo dell'odierno torrone.
La tesi sull'origine araba della Cubbaita nasce dalla scoperta di antichi manoscritti musulmani risalenti, anche questa volta come per i cannoli, al IX e al XII secolo, che riportano delle ricette di torroni. Ma ciò che rende curiosa la scoperta è che queste ricette sono state estratte da testi di medicina provenienti da Baghdad del periodo abbaside. Come dire, la Cubbaita come dolce curativo usato dai califfi.
Insomma, la cucina e la cultura gastronomica sono la prova di quanto la costruzione di barriere e muri sia frutto di una miope e insensata politica che ha deformato la percezione del naturale scambio con l'altro.
Il cibo è da sempre il miglior veicolo per la convivialità e il pacifico e costruttivo confronto, ed è per questo che come augurio per il nuovo anno a tutti voi rivolgiamo un BUON APPETITO!