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"E come è finito poi con il petrolchimico di Gela?"

Dopo due mesi ancora tutto fermo. La denuncia di Cgil, Cisl e Uil siciliane dopo la firma con Eni

08 gennaio 2015

All’inizio di dicembre, avevamo lasciato gli operai del petrolchimico di Gela in condizioni pessime. Proprio il primo di dicembre un folto gruppo di lavoratori dell’indotto erano tornati (dopo un periodo di calma apparente) a presidiare l'ingresso principale della fabbrica. Circa 200 di loro, appartenenti alla "Smim Impianti" e all'"Elettroclima", a fine novembre hanno perso l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Accanto a loro, a presidiare i cancelli, anche le tute blu delle altre imprese che orbitano nel petrolchimico (LEGGI).
"E come è finito poi con il petrolchimico di Gela?" Ecco, se qualcuno si fosse posto recentemente questa domanda, la risposta la danno i sindacati ed è questa: "A due mesi dalla firma al Ministero dello sviluppo economico dell’accordo con l’Eni sugli impianti di Gela, questo risulta in larga misura inattuato".

Più che una risposta una denuncia fatta da Cgil, Cisl e Uil siciliane e di Caltanissetta e inviata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Presidente della Regione, alle istituzioni locali, all’Eni, a Confindustria e ai deputati della provincia di Caltanissetta.
In una nota i sindacati parlano di "ingiustificato immobilismo del governo regionale e di quello nazionale, di irresponsabile equilibrismo politico delle istituzioni locali e chiedono maggiore consapevolezza istituzionale. Abbiamo sottoscritto il protocollo - sottolineano - per vederlo attuato". "Per la cassa integrazione, su cui si scontano - si legge ancora nella nota - ingiustificati ritardi sia a livello regionale che nazionale sulle procedure per garantire tutti i lavoratori dell’indotto", Cgil, Cisl e Uil fanno sapere di avere inoltrato la richiesta al ministero del lavoro, "di fatto sostituendoci alla Regione".
"Si registra invece ancora un nulla di fatto - rilevano - sulla dichiarazione dello Stato di crisi complessa, il cui iter deve essere avviato dalla Regione ed è funzionale all’attivazione di tutte le misure in favore dei lavoratori dell’indotto, delle imprese e per gli investimenti".

"Doveva essere un adempimento rapido per accelerare l’iter del protocollo di intesa - sottolineano i segretari regionali delle tre sigle Michele Pagliaro, Domenico Milazzo, Claudio Barone e i segretari provinciali, Ignazio Giudice, Emanuele Gallo, Vincenzo Mudaro -, seguito da una decisa iniziativa nazionale, ma tutto è fermo. Questo, quando basta una riunione della giunta di pochi minuti - osservano i sindacati - per approvare la richiesta di stato di crisi da inoltrare al Mise. La si convochi subito, non si perda tempo, perdendo la grande opportunità che si offre per il territorio. Con lo Stato di crisi complessa, ad esempio, si agevolerebbe il percorso delle aziende che hanno chiesto di usare a prezzo di costo le aree produttive dismesse, come nel caso di Mossi e Ghisolfi. E’ interesse di tutte le parti - sostengono i firmatari della nota - l’avvio rapido dell’iter e auspichiamo dunque che tutti i soggetti interessati facciano sentire la propria voce".
Da Cgil, Cisl e Uil viene anche un appello alle istituzioni locali a fare sentire la propria voce "pretendendo interlocutori tecnici e istituzionali che attuino il protocollo". I sindacati rilevano anche che "nei complessi rapporti tra Regione ed Eni non possono esserci uomini per tutte le stagioni, che ricoprono più incarichi".

[Informazioni tratte da Italpress - Corriere del Mezzogiorno]

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08 gennaio 2015
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