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Italia, tra povertà e disoccupazione

Più di un italiano su quattro è a rischio povertà, mentre la disoccupazione è arrivata ad un nuovo massimo storico

31 ottobre 2014

Nel 2013 è calato il numero degli italiani a rischio di povertà o esclusione sociale ma la percentuale resta sempre elevata, al 28,4% dei residenti nel nostro paese. Lo comunica l'Istat ricordando come l'indicatore di povertà o esclusione sociale segue la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020 e deriva dalla presenza di almeno un elemento fra rischio di povertà (calcolato sui redditi 2012), grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro.
Rispetto al 2012, l’indicatore diminuisce di 1,5 punti percentuali, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (dal 14,5% al 12,4%). Resta stabile invece la quota di persone in famiglie a rischio di povertà (19,1%) mentre è e in leggero aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 10,3% all’11,0%).
Rispetto al 2012 - segnala l'Istat - la diminuzione della grave deprivazione è determinata dalla riduzione della quota di individui in famiglie che non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 16,8% al 14,2%), di coloro che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 42,5% al 40,3%) o non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 21,2% al 19,1%).

Il rischio di povertà o esclusione sociale mostra la diminuzione più accentuata al Centro e al Nord (-7,7% e -5,9% rispettivamente), mentre nel Mezzogiorno, dove si registra una diminuzione del 3,7%, il valore si attesta al 46,2% (più che doppio rispetto al resto del Paese).
Oltre che nel Sud e nelle Isole, l'Istat registra valori elevati dell’indicatore tra le famiglie numerose (39,8%), con un solo percettore (46,1%), con fonte di reddito principale proveniente da pensione o altri trasferimenti (34,9%) e tra quelle con altri redditi non provenienti da attività lavorativa (56,5%); è inoltre più elevato tra le famiglie con reddito principale da lavoro autonomo (30,3%) rispetto a quelle con reddito da lavoro dipendente (22,3%).
Rispetto al 2012, l'istituto segnala come il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisca tra gli anziani soli (dal 38,0% al 32,2%), i monogenitori (dal 41,7% al 38,3%), le coppie con un figlio (dal 24,3% al 21,7%), tra le famiglie con un minore (dal 29,1% al 26,8%) o con un anziano (dal 32.3% al 28,9%). Tra le famiglie con tre o più figli si osserva, invece, un peggioramento: dal 39,8% si sale al 43,7%, a seguito dell’aumento del rischio di povertà (dal 32,2% al 35,1%).

Nel 2012 la metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito netto non superiore a 24.215 euro l’anno (circa 2.017 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie ha in realtà percepito meno di 19.955 euro (circa 1.663 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 74% di quello delle famiglie residenti al Nord (per il Centro il valore sale al 96%).
Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia - aggiunge l'istituto - percepisce il 37,7% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta il 7,9%.
Anche per il 2012, la disuguaglianza misurata dall’indice di Gini (pari allo 0,32 a livello nazionale) mostra un valore più elevato nel Mezzogiorno (0,34), inferiore nel Centro (0,31) e nel Nord (0,29).
Rispetto al 2011, l'Istat sottolinea come rimangano sostanzialmente stabili sia l’indice di Gini sia l’indicatore relativo alla quota di reddito posseduta dal 20% più ricco e più povero della popolazione.

Se a questa non bella fotografia si aggiunge quella che ritrae l’indice di disoccupazione odierno, la descrizione della situazione italiana risulta esssere una sorta di album della disperazione.
Con l'estate sono finite anche le illusioni di una timida ripresa sul fronte del lavoro. A settembre, infatti, la disoccupazione è tornata a salire dal 12,3% di agosto al 12,6% con un aumento su base mensile dello 0,1% come su base annua.
Tra i pochi indicatori positivi si registra il calo della disoccupazione giovanile che pur rimanendo tra le più alte d'Europa scende al 42,9% (698mila i senza lavoro), mentre nel complesso migliora il tasso di occupazione arrivando al 55,9%.

A preoccupare, però, sono i numeri assoluti con i senza lavoro che arrivano a 3,236 milioni in aumento di quasi 60mila unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e, soprattutto, al nuovo massimo storico. In questo senso l'Istat spiega che l'aumento rilevato nello stesso periodo sia degli occupati che dei disoccupati è stato possibile grazie all'aumento della partecipazione al mercato del lavoro e al calo delle persone inattive.
A settembre 2014 gli occupati erano 22 milioni e 457 mila. Si tratta del livello più alto da maggio 2013. Il tasso di occupazione - come detto - è pari al 55,9% in crescita di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,5 punti percentuali rispetto a settembre 2013. Il numero degli individui inattivi (né al lavoro, né in cerca di occupazione) tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,9% rispetto al mese precedente e del 2,1% rispetto a settembre del 2013. Il tasso di inattività, pari a 35,9% cala di 0,3 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,7 punti su base annua: in termini assoluti si tratta di 14,1 milioni che né lavorano, né lo cercano.

La partecipazione dei giovani al mercato del lavoro - A settembre 2014 sono occupati 930 mila giovani tra i 15 e i 24 anni, in aumento del 2,4% rispetto al mese precedente (+22 mila) ma in calo del 3,6% su base annua (-35 mila). Il tasso di occupazione giovanile, pari al 15,6%, cresce di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente mentre cala di 0,5 punti nei dodici mesi. Il numero di giovani disoccupati, pari a 698 mila, diminuisce dello 0,8% nell'ultimo mese (-6 mila) mentre aumenta del 4,4% rispetto a dodici mesi prima (+30 mila).
L'incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari all'11,7% (cioè più di un giovane su 10 è disoccupato). Tale incidenza è in calo nell'ultimo mese (-0,1 punti percentuali) mentre aumenta di 0,6 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati o disoccupati), è pari al 42,9%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in crescita di 1,9 punti nei dodici mesi. Dal calcolo del tasso di disoccupazione sono pertanto esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, ad esempio perché impegnati negli studi.
Il numero di giovani inattivi è pari a 4 milioni 346 mila, in calo dello 0,4% nel confronto congiunturale (-18 mila) e dello 0,9% su base annua (-39 mila). Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni, pari al 72,7%, diminuisce di 0,3 punti percentuali nell'ultimo mese e di 0,1 punti nei dodici mesi.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA]

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31 ottobre 2014
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