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Obiettivi e priorità. La ''Legge Obiettivo'' secondo il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro

17 luglio 2006

Quello che l'attuale governo ha subito lamentato appena iniziato il proprio mandato è stato la condizione in cui sono stati lasciati i ''conti'' dal precedente governo. ''I conti non tornano'' ci hanno subito informato, e quelli che non tornano nella maniera più complicata e delicata sono quelli sulla ''Legge Obiettivo''. Infatti, rispetto al programma originario approvato dal Cipe del 2001 il quadro finanziario ha subito un incremento del 38% passando da 125,8 a 173,4 miliardi di euro, legato all'ampliamento dei programmi originari, ai maggiori costi delle materie prime, a un più avanzato sviluppo progettuale degli interventi.
Insomma, per dirla con il ministro Di Pietro: ''La legge Obiettivo si è rilevata una legge bidone. Gli unici che ci hanno guadagnato nei cinque anni trascorsi sono stati i progettisti, chiamati dal governo a scrivere un libro dei sogni''.
Per completare il programma mancano all'appello ben 114,9 miliardi di euro. ''Tra le opere sottoposte al Cipe - ha spiegato il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro al termine del Consiglio dei ministri della scorsa settimana - il 29,3% risultano finanziate integralmente, il 51,1% sono dotate di finanziamento parziale, mentre il 19,6% sono approvate soltanto in linea tecnica''. ''In generale - ha spiegato Di Pietro - le opere già appaltate, pala in mano, devono essere completate, salvo controindicazioni tecniche. Per quelle contrattualizzate bisognerà valutare, in base alla disponibilità di risorse, se è più conveniente completarle o invece affrontare gli oneri legati alla rescissione del contratto''.

Sarà dunque la Finanziaria a stabilire quali saranno le opere pubbliche da definire ''priorità''. Una serie di nuove decisioni per le quali occorrerà tener conto del fatto che sull'insieme delle opere avviate la gran parte degli impegni sia concentrata al Nord, con il 77% dell'investimento complessivo e il 68% dell'intervento necessario al completamento degli interventi. Nel Centro sono indirizzati solo il 13% degli investimenti e il 24% del fabbisogno finanziario, mentre al Sud sono destinati il 10% degli investimenti e l'8% del fabbisogno finanziario.
Nelle regioni del Mezzogiorno invece è localizzato il maggior numero degli interventi che risulta non finanziato e non approvato dal Cipe, anche se solo in linea tecnica. ''La situazione impone alla valutazione politica riflessioni nuove e diverse da quelle fin qui considerate - ha detto Di Pietro - per interpretare le ragioni profonde e le modalità necessarie per superare lo squilibrio fra Nord e Sud''. Comunque, secondo il ministro Di Pietro, a una questione meridionale va affiancata quella settentrionale. ''Solo una complessiva strategia nazionale - ha riferito Di Pietro - capace di evidenziare gli effetti di sistema attesi da investimenti selettivi e localizzati nelle aree territoriali in cui si concentrano le potenzialità di sviluppo, potrà contribuire a risolvere le due questioni''.

Di conseguenza il ministro delle Infrastrutture, stando così le cose, ha dovuto ribadire il suo ''NO... per adesso'' al Ponte sullo Stretto di Messina. Sul Ponte così come sulle opere pubbliche che hanno contratto delle obbligazioni per lo Stato, bisognerà fare attente valutazioni in base al rapporto costo-benefici. ''Il Ponte sullo Stretto è una delle opere contrattualizzate. La gara è stata già fatta, fatto un contratto e tutto ciò produce delle responsabilità'', ha ricordato il ministro.

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17 luglio 2006
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