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Alle spalle del Colonnello

Secondo il Guardian Saif al-Islam, il figlio del rais, è stato di recente a Londra per colloqui segreti per ricercare una possibile via d’uscita alla crisi in atto in Libia

01 aprile 2011

Il ministro degli Esteri Franco Frattini avrà un colloquio lunedì a Roma con il rappresentante della politica estera del Cnt, il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi. Lo ha annunciato ieri lo stesso ministro. Ricordando di aver parlato "più volte con il capo di questo gruppo, anche l'altro ieri a Londra", Frattini ha spiegato che a Bengasi "abbiamo un contatto forte" e c'è "un consolato che è aperto sempre con nostri funzionari che hanno dei contatti".
E mentre gli alleati discutono se armare i ribelli, tra gli scenari possibili usciti dalla conferenza di Londra c’è quello di un esilio per Gheddafi, soluzione su cui si è detto d’accordo anche Franco Frattini. La Gran Bretagna ha invece preso le distanze dal ministro degli esteri libico Moussa Koussa, che si è dimesso ed è fuggito a Londra (LEGGI): "Non gli abbiamo promesso alcun salvacondotto".
Koussa è stato sottoposto a un lungo confronto dagli esponenti del governo britannico per capire con quali intenzioni si sia recato nel paese e se la sua profonda conoscenza del regime libico possa essere utile per mettere fine in breve tempo alla crisi in corso. Da Tripoli, però, hanno fatto sapere che "il ministro degli Esteri, Moussa Koussa, ci ha chiesto di lasciare il Paese per motivi di salute". Il portavoce del governo libico, Ibrahim Moussa, nel corso di una conferenza stampa trasmessa dalla tv satellitare Al Arabiya ha aggiunto: "La nostra è una battaglia di popolo e non di persone, quindi la sua defezione è un fatto personale che non ci tocca. Noi speriamo che possa guarire e ritornare sui suoi passi. Crediamo che però sia stanco a causa della sua età. Ci aveva chiesto di andare a Tunisi per motivi di salute e per noi era normale, ma non so se era previsto il viaggio a Londra. Era in uno stato mentale confuso". Il portavoce di Tripoli non ha confermato la notizia delle dimissioni di altri membri del governo o degli apparati istituzionali libici. "Non ho notizie di altre dimissioni a parte quelle di Koussa - ha affermato -. Hanno detto che in molti si erano dimessi, facendo anche il mio nome, ma sono voci non vere". L'esponente del regime non è voluto entrare nei particolari dei singoli ufficiali libici di cui si è parlato in questi giorni, ma ha ammesso che "in molti in questi giorni sono partiti verso diversi paesi africani per condurre trattative per nostro conto".
Ibrahim Moussa ha poi fatto sapere che Gheddafi e i suoi figli sono determinati a rimanere in Libia "fino alla fine". "E' assicurato, siamo tutti qui - ha aggiunto - e vi rimarremo fino alla fine. Questo è il nostro paese. Noi siamo forti su ogni fronte".

Intanto però, secondo un emissario di Saif al-Islam, il figlio "riformista" di Muammar Gheddafi, è stato di recente a Londra per colloqui segreti con le autorità britanniche per ricercare una possibile via d’uscita alla crisi in atto in Libia, anche alle spalle dello stesso rais. A scriverlo nella sua edizione online il quotidiano britannico Guardian citando fonti governative che hanno chiesto di restare anonime. L’emissario, secondo il giornale, sarebbe stato Mohammed Ismail, un funzionario tanto abile quanto discreto che secondo documenti pubblicati da Wikileaks, è stato in passato coinvolto in varie trattative riguardanti l’acquisto di armamenti. Secondo il Guardian, Ismail è stato inviato a Londra da Saif, d’accordo con altri due fratelli, Saadi e Mutassim. I tre sarebbero decisi a fare il possibile per definire e attuare una 'exit strategy' alla crisi, anche a costo di farlo senza il consenso del padre, che ha più volte affermato di voler restare al suo posto. Una delle possibili soluzioni sarebbe quella di far dimettere il rais e di insediare al suo posto il figlio Mutassim, attuale consigliere per la sicurezza nazionale, quale presidente di un governo di unità nazionale ad interim.
Il Guardian ha affermato di non essere in grado di verificare l’autenticità di questa notizia ed ha osservato comunque che una simile soluzione non troverebbe consensi nè tra le fila degli insorti nè presso la comunità internazionale.

Sul fronte della rivolta, ieri, giorno in cui la Nato ha assunto il comando di tutte le operazioni militari in Libia dando il via alla missione 'Unified Protector', gli insorti libici hanno fatto sapere che a Misurata è di 20 morti il bilancio dei pesanti attacchi condotti dalle brigate del colonnello libico Muammar Gheddafi. Secondo diversi testimoni locali, da ieri mattina le brigate del regime martellano a colpi di mortaio i palazzi del centro della città.
Le milizie del colonnello hanno sferrato un "feroce" attacco nella città orientale di Ajdabiya contro gli insorti, che "stanno perdendo terreno". Lo hanno affermato alcuni testimoni citati dalla Bbc. Anche l'inviato in Libia dell'emittente britannica parla di violenti attacchi con carri armati e colpi di artiglieria che hanno costretto gli insorti a retrocedere, facendo temere una lenta ma inesorabile avanzata dei lealisti verso Bengasi.
Intorno alla città le forze del leader libico hanno disseminato di mine, creando un nuovo fronte di pericolo. Lo hanno riferito gli attivisti di Human Right Watch. Tra gli esplosivi disseminati vi sono mine prodotte in Brasile e specializzate per colpire le persone e mine egiziane in grado di esplodere al passaggio di un carro armato. Dopo la ritirata delle truppe di Gheddafi da Ajdabiyah sabato, due campi minati sono stati scoperti dai sistemi di monitoriaggio. I militari del raìs avrebbero collocate le mine nei 10 giorni di occupazione della città, che si trova a 150 chilometri a sud di Bengasi, roccaforte dei ribelli e sede del Consiglio nazionale transitorio.
E sono proseguiti i raid della coalizione. "Da questa mattina la Nato ha condotto già più di 90 voli e sortite. Disponiamo inoltre di oltre 100 aerei caccia e 12 fregate messe a disposizione da 7 nazioni tutte sotto il mio comando, in grado di agire se necessario", ha detto il generale canadese Charles Bouchard, a capo delle operazioni militari Nato nell'ambito dell'operazione Unified Protector.

Da questa mattina, invece, sono in corso scontri tra le truppe del Colonnello Muammar Gheddafi e gli insorti attorno alla città di Brega, importante sito petrolifero. Lo ha riferito l’inviato della Bbc a Bengasi. Gli insorti si trovano a combattere con un esercito, quello di Tripoli, meglio organizzato e con una potenza di fuoco superiore. Impari il tentativo di disciplinare le forze inviate dal governo libico, mentre per cause meteorologiche negli ultimi giorni sono diminuiti i raid della Coalizione internazionale.
Fra le vittime si conta anche un cittadino olandese che sarebbe stato ucciso dalle forze fedeli al colonnello Gheddafi. L'uomo lavorava come sommozzatore per una compagnia petrolifera.
"Abbiamo bisogno di armi per poter affrontare le brigate di Muammar Gheddafi" ha detto il leader del Consiglio nazionale dell'opposizione, l'ex ministro della Giustizia Mustafa Abdel Jalil, nel corso della conferenza stampa congiunta con l'inviato dell'Onu per la Libia, Abdelilah al Khatib. Il leader dei ribelli libici ha accusato le brigate fedeli a Gheddafi "di continuare ad assediare la popolazione civile, come a Misurata, e di attaccare la popolazione libica". L'ex ministro della Giustizia ha spiegato che "noi vogliamo aderire al cessate il fuoco per aiutare le popolazioni assediate, ma nel caso in cui non fosse possibile arrivare a un accordo col regime su questo punto diciamo alla popolazione della Tripolitania che i ribelli stanno arrivando".
Sulla questione delle armi ai ribelli di Bengasi però, dopo aver dovuto seguire i francesi nel precipitosi avvio dell'operazione in Libia, gli americani sono ora più cauti. E l'amministrazione Obama ha lasciato capire che è molto improbabile che Washington consegni le armi, avanzando la possibilità che solo i francesi potranno consegnare armi e garantire addestramento all'opposizione libica.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Il Fatto Quotidiano.it]

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01 aprile 2011
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