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Dopo 5 anni di guerra per Bush ''in Iraq il successo è incontestabile'', mentre i bimbi iracheni vivono a stento

22 marzo 2008

A cinque anni dall'inizio della guerra, secondo il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush la nuova strategia adottata in Iraq è ''Un successo incontestabile''.
In un discorso al Pentagono, nei giorni scorsi, il presidente Usa ha cantato vittoria ma ha anche ammesso che “la battaglia in Iraq è stata più lunga, più dura e più costosa del previsto”. In occasione di un anniversario che ha visto tornare nelle piazze americane i dimostranti pacifisti e che vede il bilancio dei morti Usa nel conflitto vicino a quota quattromila, Bush ha ribadito che “rimuovere Saddam Hussein dal potere era la cosa giusta da fare” e che gli Stati Uniti “possono e debbono vincere la guerra in Iraq”.
L'Iraq, ha osservato ancora Bush, si è trasformato da rifugio dei terroristi a Paese a loro ostile: “Per i terroristi - ha aggiunto - l'Iraq era considerato il posto in cui al Qaeda chiamava a raccolta le masse arabe per cacciare l'America. Invece l'Iraq è diventato il posto in cui gli arabi si sono uniti agli americani per cacciare al Qaeda”. Il discorso è stato anche un'occasione per attaccare i candidati alla nomination democratica, critici nei confronti della guerra, ma che “non potendo più sostenere in manirea credibile che stiamo perdendo in Iraq, adesso sostengono che la guerra costa troppo”. Per Bush “stiamo aiutando il popolo iracheno ad instaurare una democrazia nel cuore del Medio Oriente. Un Iraq libero combatterà i terroristi invece di dar loro rifugio”.

Ma mentre Bush ribadiva le ragioni del conflitto, in varie zone della capitale americana e in molte città degli Stati Uniti decine di manifestazioni di protesta hanno mosso i loro cortei per esprimere il loro totale dissenso da quelle ragioni, e per chiedere l'immediato rientro dei soldati. A Washington si sono svolte le manifestazioni più “calde”, che hanno visto fin dalla mattinata decine di persone arrestate.
Il malumore degli americani è stato rilevato anche da un sondaggio recentissimo da cui è emerso che la grande maggioranza (il 64%) dei cittadini Usa è convinta che la guerra in Iraq non valesse le perdite in termini di vite umane e di costi che il paese sta sostenendo. Solo il 29 per cento degli interrogati ritiene che il prezzo della guerra sia adeguato ai risultati ottenuti.

L'allarme dell'Unicef: a 5 anni dall'inizio della guerra sempre più grave la condizione dei bambini in Iraq - A 5 anni dall'inizio della guerra in Iraq a pagare il prezzo più alto della gravissima crisi umanitaria in atto sono donne e bambini e le condizioni di vita della popolazione civile si presentano sempre più drammatiche. A lanciare in questi giorni l'allarme è stato l'Unicef.
Nel 2007, oltre 19.500 civili sono stati uccisi a causa del conflitto, migliaia di bambini hanno perso i genitori in attentati, sparatorie e rapimenti, intere comunità sono state sradicate dalle loro terre da violenze settarie senza precedenti, migliaia di nuclei familiari sono caduti in miseria per la perdita del capofamiglia, spesso l'unica fonte di reddito e sostentamento.

"La crisi è molto peggiore di quello che pensiamo, non solo in termini di privazioni quotidiane che i bambini sono costretti a sopportare, ma anche per i danni provocati alla loro psiche e sviluppo", ha dichiarato Claire Hajaj, Responsabile per la comunicazione dell'Unicef Iraq, in visita a Roma nel 5° anniversario dall'inizio della guerra per lanciare un appello sulla condizione delle donne e dei bambini iracheni. "Il recente miglioramento delle condizioni di sicurezza", ha aggiunto, "non può cancellare i danni di 5 anni di violenze seguite a decenni di difficoltà economiche. Siamo arrivati ad un punto in cui la mancanza di istruzione e la violenza diffusa sta mettendo a rischio un'intera generazione".
Dal 2006, ossia dal primo attacco alla moschea di Samarra, che ha scatenato l'ondata di violenze settarie tra sciiti e sunniti, più di 1,3 milioni di persone sono rimaste sfollate: 650.000 sono bambini. Se si considerano le persone costrette ad abbandonate le proprie case dal 2003, queste risultano più di 4 milioni, oltre il 15% della popolazione irachena, di cui, ancora una volta, la metà bambini.
I principali indicatori sull'infanzia registrano il costante peggioramento delle condizioni di vita in Iraq: la copertura vaccinale è diminuita dell'80% in 2/3 del paese e il 21% dei bambini risulta malnutrito; appena il 40% dei bambini iracheni ha accesso all'acqua potabile e il 20% della popolazione fuori della capitale a servizi igienici di base, un bambino su 5 non ha accesso alla scuola mentre il 30% soffre di crisi d'ansia e altri sintomi traumatici, sempre più bambini sono costretti a lavorare o mendicare in strada.

L'Unicef è stata presente in Iraq prima, durante e dopo il conflitto, non abbandonando mai i bambini iracheni al loro destino. Nonostante l'insicurezza diffusa e i gravi ostacoli agli interventi umanitari, nel 2007 l'Unicef ha dimostrato che donne, bambini e civili in difficoltà possono ancora essere raggiunti dagli aiuti. L'Unicef insieme all'OMS, fino ad oggi, ha vaccinato, spesso con campagne porta a porta, più di 4 milioni di bambini contro la polio e 3,4 contro il morbillo, ha realizzato programmi contro la malnutrizione in 36 distretti dove è più alta l'insicurezza alimentare, ha formato oltre 4.000 operatori sanitari, distribuito 660 tonnellate di medicinali e avviato la ricostruzione di 9 centri sanitari che servono 260.000 iracheni. Inoltre l'Unicef ha riattivato la fornitura d'acqua con autobotti con la distribuzione di oltre 470 milioni di litri d'acqua potabile, ed ha ripristinato 5 impianti idrici che servono oltre 550.000 persone e distribuito prodotti per l'acqua e l'igiene a più di 500.000 sfollati.
Per il 2008 l'Unicef ha predisposto un nuovo pacchetto integrato di interventi, denominato IMPACT Iraq, diretto a garantire cure mediche, istruzione, acqua potabile e protezione a oltre 120.000 famiglie irachene in difficoltà, per un totale di 360.000 bambini ad alto rischio: il piano di interventi viene attuato da una rete coordinata di team specializzati dell'Unicef e delle Ong partner, posizionati in ogni angolo dell'Iraq con l'incarico di fornire immediati servizi e aiuti salvavita in qualsiasi luogo vi siano bambini a rischio.

"La cosa più importante che possiamo fare per il futuro", ha concluso Claire Hajaj, "è portare ai bambini dell'Iraq i servizi e gli aiuti di cui hanno bisogno e cui hanno diritto. La ricostruzione dell'Iraq dipende dall'assistenza che ora riusciremo ad offrire loro, perché i bambini di oggi sono l'Iraq di domani".

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22 marzo 2008
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