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In Siria la repressione continua

Contro il regime di Bashar al Assad i rivoltosi scenderanno in piazza ogni giorno

11 aprile 2011

Non si placa in Siria la repressione nei confronti dei contestatori. È salito ad almeno cinque morti, infatti, il bilancio delle violenze oggi a Banias, in Siria. Nel corso della nuova giornata di manifestazione antiregime sono quattro gli oppositori uccisi e 17 quelli feriti dal fuoco delle forze di sicurezza. A perdere la vita anche un ufficiale che viaggiava su un convoglio caduto in un'imboscata. In giornata il presidente siriano Bashar al Assad, oggetto di contestazioni da metà marzo, ha dichiarato che la Siria proseguirà il suo percorso sulla strada delle riforme. Intanto, però, resta la ferma volontà di non concedere alcun margine alla protesta. Domenica mattina, infatti, proprio per stroncare sul nascere ogni possibile dimostrazione carri armati e soldati hanno circondato la città portuale di Banias, per impedire alla gente di entrare.

Sabato scorso 26 manifestanti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza nella città meridionale siriana di Daraa. I dimostranti, radunati presso la moschea Omari, stavano prendendo parte ai funerali di altri 27 manifestanti uccisi negli scontri con le forze di sicurezza giovedì scorso. A riferirne è stata l'emittente tv Al Jazeera.
Il ministero dell'Interno di Damasco, da parte sua, commentando gli scontri è tornato ad accusare "gruppi armati" di aver agito come provocatori e aver sparato contro i manifestanti. "Non permetteremo azioni di sabotaggio che minaccino l'unità nazionale - si legge in un comunicato - e destabilizzino le fondamenta della politica siriana". Il comunicato, diffuso dall'agenzia Sana, parla di "cospiratori spinti da forze straniere che rifiutano le riforme" avviate dal presidente Bashar al Assad. "Questa gente si è infiltrata tra i manifestanti per seminare discordia tra cittadini e forze di sicurezza - si legge ancora - Ha dato fuoco alle istituzioni pubbliche, ha attaccato i soldati e gli agenti di sicurezza che invece hanno evitato di aprire il fuoco. Questo ha causato un gran numero di morti e feriti tra i militari".
L'emittente iraniana Press Tv ha denunciato che dietro l'intensificarsi delle proteste antigovernative e della tensione politica in Siria si nascondono Arabia Saudita e Giordania. Press Tv ricordando che la rivolta è scoppiata a Daraa, 120 chilometri a sud della capitale Damasco e vicino al confine con la Giordania, è risalita indietro nel tempo per denunciare complotti tra l'ex re Hussein di Giordania, l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein e l'allora re saudita Khalid che incitarono i fratelli musulmani giordani contro la Siria di Hafez al-Assad che sosteneva l'Iran nella guerra contro l'Iraq. Complotti in funzione anti-siriana proseguiti dopo la morte del presidente siriano e il passaggio dei poteri al figlio di quest'ultimo, ha affermato la tv iraniana.
L'Unione europea ha condannato "fortemente la violenza" in Siria. "Gli annunci fatti dalle autorità siriane dell'avvio di riforme devono essere sostenuti da azioni credibili sul terreno - ha detto l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, in una nota - Al popolo siriano deve essere permesso di esprimere le proprie rivendicazioni senza timore di intimidazioni, repressioni ed arresti. Riforme politiche significative che garantiscano la libertà di espressioni, i diritti fondamentali e lo stato di diritto devono iniziare adesso".

Nonostante la dura repressione, gli attivisti  non mollano. Nei giorni scorsi su Twitter e nei gruppi creati su Facebook sono apparsi loro appelli a scendere in piazza ogni giorno fino alla caduta del regime.
Le proteste sono scoppiate in Siria più di tre settimane fa e fino ad ora, secondo le stime degli analisti e delle organizzazioni prodiritti, sono state uccise più di 170 persone.

[Informazioni tratte da News2U.it, Adnkronos/Aki]

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11 aprile 2011
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