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L'avvocato di Sakineh torturato in carcere

L'uomo è riuscito a far avere una sua lettera ad alcuni media internazionali: "Sono stato torturato selvaggiamente e hanno arrestato mia madre"

02 marzo 2011

"Sono stato torturato selvaggiamente, ma non mi arrendo e non chiuderò gli occhi di fronte a tanta ingiustizia". E' quanto scrive Javid Houtan Kian, avvocato dell'iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani, in una lettera scritta dal carcere e indirizzata ad alcuni media internazionali, tra cui cita Aki-Adnkronos International.
L'uomo, che secondo il Comitato internazionale contro la lapidazione è stato condannato a morte e rischia una impiccagione immediata, chiede in particolare che il suo messaggio arrivi al Vaticano, affinché si mobiliti sul suo caso.
All'inizio della lettera, consegnata clandestinamente a un suo contatto, Houtan Kian fa riferimento ad alcune testate internazionali che hanno seguito il caso Sakineh, tra cui Aki, Bbc, Le Monde e Voice of America, chiedendo che il suo messaggio sia portato anche all'amministrazione Usa, al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, a ong come Avvocati senza frontiere e a Mina Ahadi, presidente del Comitato contro la lapidazione. "Ho trascorso molti giorni in una cella in isolamento nel carcere di Evin a Teheran e da 15 giorni mi hanno portato di nuovo nel carcere di Tabriz, nella sezione per i tossicodipendenti e i malati di Aids", scrive Houtan Kian, arrestato il 10 ottobre 2010.
L'uomo è finito in manette insieme a Sajjad Ghaderzadeh, figlio di Sakineh, e a due giornalisti tedeschi (questi ultimi liberati due settimane fa) che li intervistavano a Tabriz sul caso della donna condannata alla lapidazione per adulterio e complicità nell'omicidio del marito. L'avvocato scrive di avere "12 denti rotti" e "bruciature di sigarette sui testicoli". "A causa degli evidenti segni delle torture che ho subito, non mi è stato concesso di farmi visitare da un medico", scrive ancora l'avvocato, che in una serie di interviste ad Aki a settembre 2010 aveva chiesto una mobilitazione internazionale per salvare Sakineh. "Mia madre risiede da tempo negli Usa e, quando ha saputo del mio arresto è tornata subito in Iran - scrive ancora l'uomo - Ora è stata rinchiusa in un carcere del ministero dell'Intelligence, per evitare che rilasci interviste sul mio caso". [Adnkronos/Aki]

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02 marzo 2011
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