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La Siria dà ascolto alla Russia

Assad consegnerà le armi chimiche, ma gli Usa avvertono: "Le parole non bastano"

13 settembre 2013

Bashar al-Assad consegnerà le armi chimiche in proprio possesso. Il presidente siriano lo ha confermato durante un'intervista a una televisione russa dando così il via libera alla proposta di mediazione avanzata nei giorni scorsi da Vladimir Putin e appoggiata anche dagli Stati Uniti.
Assad ha però sottolineato che il processo di smantellamento dell'arsenale non deve essere unilaterale e che gli Usa devono smettere di minacciare Damasco e di armare l'opposizione.

La Siria, dunque, darà piena attuazione all'impegno di mettere il suo arsenale chimico sotto il controllo internazionale solo quando gli Stati Uniti "smetteranno di minacciare" un intervento militare sul paese, ha detto il presidente Assad in un'intervista alla tv russa Rossiya-24, rilanciata dall'agenzia Ria Novosti. "Quando vedremo che gli Stati Uniti vogliono veramente la stabilità nella nostra regione, smettono di minacciare e di cercare di attaccare e smettono di fornire armi ai terroristi - ha detto Assad - allora riterremo che il processo può essere portato a termine".
Nell'intervista che non è ancora stata messa in onda, il presidente ha infine precisato che comincerà a fornire alla comunità internazionale le informazioni sui suoi depositi di armi chimiche solo un mese dopo aver firmato la convenzione internazionale sulle armi di distruzione di massa.

Ma gli Stati Uniti non si fidano. Per l'eliminazione delle armi chimiche siriane "serve un impegno serio, verificabile e credibile da adottare in tempi rapidi", ha detto il segretario di stato americano John Kerry giunto ieri a Ginevra per incontrare l'omologo russo Sergei Lavrov e mettere a punto un piano per la consegna e la distruzione delle armi chimiche siriane. "Noi facciamo sul serio, vogliamo impegnarci in negoziati significativi e costruttivi", ha detto Kerry. Con i russi, ha spiegato, "siamo d'accordo che il 21 agosto sono morti dei siriani a causa di armi chimiche, siamo d'accordo che nessuno debba morire per queste armi e siamo d'accordo per eliminare gli arsenali chimici in Siria". Kerry ha poi precisato: "Le parole non bastano, servono passi concreti. Sia chiaro che non permetteremo - ha aggiunto - un altro attacco chimico". E ancora: "Se l'accordo sulla Siria fallisce, l'uso della forza potrebbe essere necessario".
Da parte sua, Lavrov ribadisce invece che la Russia è determinata a cercare un compromesso. Gli Stati Uniti e la Russia continuano ad avere posizioni diverse su chi ha usato le armi chimiche, commenta Kerry, al termine dell'incontro con il ministro degli Esteri russo. E avverte: "Ci sono aspettative molto elevate per un accordo che potrebbe salvare vite umane. Ma la Russia e la Siria devono mantenere le promesse".

Da New York, si apprende anche che il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha ricevuto una lettera dal governo della Siria che dichiara formalmente l'intenzione di aderire alla Convenzione sulle armi chimiche, accordo internazionale che ne vieta la produzione e l'uso. Lo ha fatto sapere il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. Quest'ultimo ha anche spiegato che l'invio della lettera al segretario generale del'Onu da parte del governo di Assad è il primo passo della procedura per un'eventuale adesione della Siria alla Convenzione. E che i dettagli del documento ricevuto da Damasco verranno resi noti nelle prossime ore.

Le speranze di trovare una soluzione negoziata al conflitto sono appese anche al rapporto degli ispettori Onu sull'attacco con armi chimiche dello scorso 21 agosto contro un quartiere alla periferia di Damasco, rapporto che potrebbe essere reso pubblico lunedì.
Il dossier - che secondo alcuni arriverà sul tavolo del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon lunedì - non farà riferimento in maniera esplicita a chi è ricorso ai gas. Ma secondo le anticipazioni raccolte da Foreign Policy da fonti diplomatiche interne al Palazzo di Vetro, sarebbe in grado di offrire un "gran numero" di informazioni che consentirebbero di risalire chiaramente al regime di Damasco. "Hanno ottenuto una ricca campionatura biomedica ed ambientale e hanno intervistato vittime, medici e infermiere - ha detto una fonte della rivista - Sembrano abbastanza soddisfatti di quanto raccolto".

Sul campo, invece, si continua a combattere. A Maalula, il minuscolo centro simbolo della cristianità in Siria, le truppe lealiste danno ancora la caccia ai gruppi di ribelli che domenica avevano conquistato il villaggio. L'opposizione intanto denuncia un nuovo attacco "con gas velenoso", di cui non è chiara la natura: anche stavolta nel mirino sarebbe finita la periferia di Damasco.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Repubblica.it]

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13 settembre 2013
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