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Per ora niente nuovo governo libico

Divergenze nel Cnt per la formazione del nuovo governo. Intanto le aziende intaliane si preoccupano del loro futuro in Libia

19 settembre 2011

Nulla di fatto per la formazione del governo provvisorio che dovrà guidare la Libia in attesa delle elezioni e della stesura di una nuova Costituzione. All'interno del Consiglio nazionale di transizione ci sono ancora "divergenze" sulla composizione dell'esecutivo e l'annuncio è stato rinviato "sine die".
A Bengasi proseguono le "difficili" trattative tra i vertici del Cnt: ieri mattina si sono incontrati il presidente Mustafa Abldel Jalil, il premier Mahmud Jibril e altri membri dell'esecutivo. Jibril, secondo quanto riferito all'agenzia France Presse da un responsabile dello stesso Cnt, dovrebbe mantenere l'incarico e il nuovo governo sarà formato da 34 ministri, tra i quali due donne. Ma resterebbero ancora "divergenze" sulla composizione dell'esecutivo e alcuni membri dell'esecutivo accusano Jibril di non aver consultato molti partiti politici, tra cui i Fratelli musulmani. Secondo la stessa fonte, Ali Tarhouni, attualmente titolare delle Finanze e del Petrolio, sarà nominato vice presidente con delega per le Finanze e l'Economia, mentre Oussama Al-joulili guiderà la Difesa e Abdel Rahmane Ben Yezza andrà al Petrolio.

Dal fronte della battaglia, sabato le forze leali a Muammar Gheddafi sono passate al contrattacco a Sirte, lanciando missili e colpi di mortaio contro gli uomini del Cnt libico che assediano la città. A Bani Walid fonti delle forze del Cnt, citate da al-Arabiya, hanno riferito di aver ricevuto l'ordine di una ritirata che, secondo informazioni non confermate, serve a permettere attacchi aerei della Nato.
"La battaglia non è conclusa", ha affermato il portavoce di Gheddafi, Moussa Ibrahim, commentando alla tv siriana al-Rai gli sviluppi nelle due città libiche ancora sotto il controllo delle forze leali al colonnello. "Assicuriamo tutti che Sirte e Bani Walid sono forti, malgrado il pesante, incredibile bombardamento senza pietà della Nato contro ospedali, famiglie e scuole", ha affermato. A quanto riporta la rete televisiva al Arabiya, le forze di Gheddafi sono riuscite a fermare l'avanzata del Cnt a Sirte, che controlla l'aeroporto della città. Le forze del Cnt sono avanzate verso il centro, ma gli uomini leali al colonnnelo tengono la città con soldati fra le case e cecchini appostati sui tetti. E il portavoce di Gheddafi avverte: le milizie del colonnello hanno la capacità di "resistere per mesi".
Secondo quanto riferito da un comandante militare dei ribelli, Salem Jeha, citato dall'emittente al-Jazeera, almeno seimila combattenti del Cnt sono impiegati sul fronte a Sirte, una delle ultime roccaforti ancora nelle mani delle milizie rimaste fedeli a Gheddafi.
Intanto la Nato comincia a parlare di 'fase finale' della missione. "Ritengo di trovarci in una fase finale dell'operazione" ha detto il segretario generale dell'Alleanza atlantica Anders Fogh Rasmussen ricordando tuttavia che, fino a quando le forze leali a Gheddafi saranno "militarmente attive", l'Alleanza "continuerà le sue operazioni". "Il mandato attuale scade il 27 settembre... ma se sarà necessario siamo disposti a prolungarlo per un altro periodo, per terminare la nostra operazione appena la situazione lo permetterà", ha spiegato il leader della Nato. Rasmussen si è detto poi certo che l'operazione condotta in Libia "potrà servire da modello".

Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha annunciato che l'Onu ha approvato una risoluzione che "riconosce di fatto" il Cnt e dà il via a una missione in Libia cui "non è escluso possano partecipare anche le forze dell'ordine italiane". "La risoluzione ha riconosciuto il Cnt, ha indicato la strada per la ricostruzione e il rilancio del Paese", ha spiegato. La missione avrà un carattere di "supporto della polizia locale e opererà per favorire la sicurezza, la legalità e l'ordine pubblico", sarà sotto il controllo libico e avrà funzione di sostegno e addestramento.
La Russa ha minimizzato il valore della visita a Tripoli e Bengasi di Nicolas Sarkozy e David Cameron, primi leader europei ad andare nella 'nuova' Libia (LEGGI). "Hanno bisogno di fare presenza visiva", mentre il rapporto dell'Italia con il Paese nordafricano "non la rende indispensabile - ha sostenuto il ministro della Difesa italiano conversando con i giornalisti - Prima o poi ci andrò. Io sarei andato anche prima...".

Nonostante la tranquillità del ministro La Russa, secondo Alfredo Cestari, presidente della Camera di commercio ItalAfrica Centrale, le aziende italiane rischiano di non rivedersi più assegnate le commesse che avevano prima del conflitto e, inoltre, di essere marginalizzate nella spartizione della 'torta' per la ricostruzione.
"La nostra previsione -ha spiega Cestari in un'intervista a Labitalia - purtroppo si sta verificando. Con la visita dei due capi di Stato di Francia e Inghilterra, preceduta da un'intensa attività diplomatica verificatasi anche durante le ostilità, senza il coinvolgimento del nostro Paese, si conferma che la guerra nascondeva non solo l'obiettivo ufficiale di garantire stabilità alla Libia, ma anche il raggiungimento di ingenti interessi commerciali ed economici. Interessi economici degli altri Paesi che oggi hanno stravolto le posizioni che l'Italia aveva faticosamente raggiunto in Libia e che difficilmente avremo nei prossimi mesi". Per Cestari, dunque, la visita di Cameron e di Sarkozy in Libia, insieme alla "disattenzione" del nostro governo, rischia quindi di tagliare fuori l'Italia dalla ricostruzione post-conflitto, e anche dalla vita economica del paese africano in futuro. "Ci saranno conseguenze per tutte le aziende italiane presenti in Libia, grandi e piccole - sottolinea Cestari - per le quali partecipare alla ricostruzione del Paese non sarà facile come sarebbe potuto essere in passato. Tutto questo è il frutto della disattenzione delle istitruzioni in tutti questi mesi, che noi avevamo denunciato fin dall'inizio e che adesso non ci deve essere più, se non si vogliono perdere ancora posizioni rispetto agli altri Paesi". Serve subito, secondo Cestari, una presa d'atto del governo italiano. "Il governo deve innanzittuto prendere atto - spiega - che la presenza in Libia di Francia, Inghilterra e Turchia non sarà un ostacolo semplice da superare. Le commesse per centinaia di milioni di euro, 'congelate' alle imprese italiane, non è detto che siano facilmente riassegnate con il nuovo ordine esistente". Aziende che comunque stanno cercando di tornare alla normalità delle attività nel Paese africano. "Alcune imprese, di quelle impegnate nell'energia, nell'agro-alimentare e nei servizi - spiega Cestari - che lavorano nelle zone in cui si sta tornando alle normali attività quotidiane, hanno inviato i loro capostruttura per avviare le prime azioni". Di certo, conclude Cestari, nelle prossime settimane, per non perdere ulteriori posizioni nella 'classifica' economica della Libia, "ci deve essere attenzione delle istituzioni del nostro Paese nella difesa degli interessi delle aziende".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Repubblica.it, Adnkronos/Labitalia]

 

 

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19 settembre 2011
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