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Una soluzione per la pace senza scorciatoie

Barack Obama parla all'Onu: "Sì allo Stato palestinese ma solo attraverso i negoziati con Israele"

22 settembre 2011

Toni ispirati ma anche concretezza e parole chiare sono quelli scelti ieri da Barack Obama nell'appuntamento clou dell'intervento alla 66esima assemblea generale dell'Onu. Il Presidente Usa cita Roosevelt che esortava a cercare "non solo la pace ma una pace che duri e da questo trae il filo conduttore per un bilancio di quanto gli Stati Uniti hanno operato nella comunità internazionale, di concerto con l'Onu per fronteggiare le crisi globali archiviando l'unilateralismo dei suoi predecessori repubblicani".
L'assemblea generale diventa così per il numero uno degli Stati Uniti anche la vetrina ideale per dimostrare, anche in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno, di aver fatto del suo meglio sul piano internazionale come vincitore del premio Nobel per la pace, a suo tempo da molti giudicato intempestivo. Obama ha ricordato che quando assunse la funzione l'America era impegnata in due guerre e Osama Bin Laden era latitante. Oggi gli Stati Uniti, con i ritiri in atto o programmati, da Iraq e Afghanistan stanno gradualmente lasciando il posto ai leader locali, mentre il capo di Al Qaeda, organizzazione che tuttavia resta ancora una minaccia, allora era latitante e ora "è andato", ossia eliminato. "Siamo in un anno straordinario", ha ricordato, citando in particolare la primavera araba e la fine del regime di Gheddafi in Libia, "il dittatore più longevo della storia".

Quanto al Medio Oriente, i palestinesi hanno diritto ad un loro Stato, Israele alla sicurezza, ma "l'unica via è il negoziato tra loro senza scorciatoie". Il Presidente statunitense ha sottolineato che "la pace, come sapevano i nostri predecessori e coloro che hanno fondato le Nazioni Unite, è qualcosa di più dell'assenza di guerra ma dipende da valori come giustizia, libertà, spirito di compromesso e senso di umanità" e oggi sappiamo, ha proseguito, "che con le tensioni e le convulsioni in altre parti del mondo anche noi non siamo al riparo dalla guerra. La pace è difficile ma è possibile e la gente la vuole".  Obama ha tracciato quindi il quadro sorprendente di un Nordafrica che è irriconoscibile rispetto a poco tempo fa: "in Egitto per 30 anni c'è stato il presidente Mubarak e improvvisamente in 18 giorni la gente di ogni condizione sociale ha chiesto il cambiamento" e anche in Libia le istanze di libertà hanno spazzato via "il peggiore e più longevo tiranno della storia" e di fronte a ciò è innegabile "che l'Onu è stata all'altezza dei suoi principi: è così che ci si aspetta che la comunità internazionale si comporti". L'insegnamento che se ne trae, dalla Libia alla Tunisia e all'Egitto è che "vengono sconfessati coloro che ritenevano che la democrazia non fosse adatta o non fosse richiesta da certe culture e certe religioni".
Restano punti di crisi importanti, ha avvertito Barack Obama, "l'Iran non ha dimostrato la natura pacifica della sua ricerca nucleare" mentre la Siria "tortura e uccide i suoi cittadini e penso che se continua su questa strada il Consiglio di sicurezza dell'0nu dovrebbe decidere delle sanzioni nei confronti del regime siriano". Quello del Medio Oriente, però, resta "il test più difficile per la politica estera americana". Obama ha ribadito il diritto dei palestinesi ad un loro Stato, così come il diritto di Israele alla sicurezza: "gli Stati Uniti sono impegnati in modo inflessibile nel difendere la sicurezza di Israele", ha sottolineato il Presidente che però ha esortato le due parti a riprendere i negoziati di pace: "sta a loro, in quanto destinati a vivere vicini, parlarsi, mettersi gli uni nei panni degli altri e capire le reciproche ragioni". Obama, tuttavia, senza citare il convitato di pietra di questa assemblea, ossia l'ipotetica risoluzione sul riconoscimento dello Stato palestinese da votare in assemblea, ha detto esplicitamente che: "la soluzione si trova solo tramite il negoziato, non con le scorciatoie".

L'Autorità nazionale palestinese presenterà la sua richiesta venerdì in Consiglio di sicurezza. Per l'approvazione servono 9 voti a favore (su 15) e occorre che nessun Paese ponga il veto. Gli Stati Uniti, tuttavia, lo porranno se necessario. L'alternativa per la Palestina è la richiesta ai 193 Paesi dell'Assemblea generale (dove le posizioni sono diverse) di ottenere lo status di Paese osservatore, come il Vaticano. Per l'approvazione servono i due terzi dell'Assemblea, cioè almeno 129 voti. Divisa, in particolare, l'Unione europea: ai "pro Palestina" Belgio, Cipro, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia si affiancano i Paesi che non condividono a pieno l'idea del riconoscimento e che insistono per la ripresa di negoziati diretti tra le parti (Germania, Italia, Olanda, Polonia e Repubblica Ceca); Sarkozy ha annunciato mercoledì di essere favorevole allo status di Stato osservatore non membro per l'Anp. Anche Spagna e Gran Bretagna potrebbero essere favorevoli.
"Voglio ringraziarla per stare dalla parte di Israele e nel sostenere la pace", ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha incontrato Obama subito dopo l'intervento di quest'ultimo all'Onu. "L'unica via verso la pace è la fine dell'occupazione israeliana e uno Stato palestinese: torneremo al negoziato nel momento in cui Israele metterà fine agli insediamenti e si sarà detto d'accordo sul tema dei confini del '67", ha replicato Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell'Anp, Abu Mazen.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Corriere.it]

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22 settembre 2011
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